COSENZA «Giova’, un zampa’ tutto u centro-sinistra!!!». Quando l’elegantissimo plenipotenziario Giovanni De Rose lascia la sede della Provincia sulla fiammante BMW cabrio bianca, serpeggia un po’ di panico tra gli astanti: siamo nel cortile dello storico Palazzo, tra palme maestose e alti papaveri della politica locale, e sembra di essere a un cocktail, capannelli da prima Repubblica e signore con messa in piega e tacco 12, mentre siamo in attesa che inizi – con l’endemico ritardo di mezz’ora – il mega dibattito (l’ennesimo) sulla città unica. Manca solo il tavolino con le tartine e lo spritz.
I partecipanti non vengono falcidiati quindi si può iniziare. Gente comune e cittadini pochi, apparato molto: i partiti di centro-sinistra e i sindacati ma anche Confindustria (il presidente Ance, Giuseppe Galiano, suggerirà di coinvolgere nel “macro Comune” anche Montalto Uffugo per la sua carica di espansione, così da elevare lo status del nuovo ente a Città Metropolitana). Il parterre è quello che alla spicciolata ha esposto – nei mesi scorsi – le proprie ragioni: no a imposizioni dall’alto, metodo antidemocratico e arrogante del centrodestra a Palazzo Campanella, sgarbo anzi vulnus istituzionale. I vertici cittadini e provinciali del Pd cosentino, Locanto e Pecoraro, espongono la linea dem illustrata pochi giorni fa alla festa dell’Unità: quello delle fusioni è un tema di centro-sinistra che ci siamo fatti soffiare, di Comuni da fondere ce ne sarebbero a decine e in tutte le province calabresi.
L’annuncio di Mimmo Bevacqua scuote la platea sonnecchiante: «Depositeremo un emendamento nei prossimi giorni sottoscritto dai capigruppo con determinazione di guidare i processi e non farci prendere per i fondelli. Quando saremo chiamati al voto vinceremo noi riformisti e innovatori, riappropriamoci di questa sfida entusiasmante perché abbiamo amministratori e dirigenti all’altezza». Il passaggio non è formale ma sostanziale: l’ordine del giorno approvato (con l’astensione del gruppo Cinque Stelle) il 26 luglio non ha alcun valore giuridico, mentre con un emendamento alla legge post-referendum si metterà nero su bianco che il «percorso utile alla pianificazione, all’adeguamento al coordinamento, al consolidamento e all’armonizzazione delle procedure del processo di integrazione debba concludersi a febbraio 2027».
Confermate le due commissioni annunciate da Bevacqua e Iacucci nelle settimane scorse.
Mentre gli interventi si succedono aleggia un certo straniamento legato al fatto che tutti lamentano lo scarso coinvolgimento dei cittadini imputandolo al centrodestra regionale mentre la stessa sala – gremita come detto quasi per intero grazie a esponenti di partiti, sindacati e amministratori – dimostra che almeno per il momento cosentini, rendesi e castroliberesi al momento hanno altre priorità cui pensare.
I segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil sono compatti sul sì, anzi ingloberebbero anche loro Montalto, e – notizia – si tengono nei tempi contingentati imposti dal tavolo della presidenza. «Ma se al referendum dovesse vincere il no – dice Massimiliano Ianni (Cgil) – il presidente Occhiuto non potrà non tenerne conto».
In chiusura gli interventi di Fabio Liparoti della Federazione Riformista Rende («non siamo i conservatori del no ideologico ma vogliamo costruirla dal basso la città unica, migliorando i servizi dopo una fase di sperimentazione e riconoscendo a Rende il suo ruolo di traino, ma il rischio è che si voti a febbraio 2025»), della consigliera comunale di centro-sinistra Bianca Rende («non stiamo parlando di annessione ma di crescita collettiva in una fase di spopolamento e di emigrazione non più solo giovanile ma anche tra i cinquantenni») e Flavio Stasi. Il sindaco di Corigliano-Rossano pensa che «a un referendum come questo non si può che votare sì. Io otto anni fa non ero contrario alla fusione ma dicevo che non avrebbe risolto tutti i problemi né portato il tribunale, l’ospedale o i collegamenti. Il percorso di pianificazione e programmazione deve essere largo, senza dire fesserie alla gente».
Franz Caruso, come prima di lui Bianca Rende, si accoda all’ipotesi Montalto: «i cosentini vanno più lì che a Castrolibero» e anzi aggiunge pure Mendicino: il sindaco di Cosenza rivendica il primato dei Consigli comunali e spinge per il referendum consultivo cui arrivare «democraticamente» dopo 4 delibere dei municipi coinvolti. «Il problema non è sull’annessione, il nome o l’Unione dei Comuni ma la volontà politica di cancellare una amministrazione di centro-sinistra. Ma sbaglia chi dice che diciamo questo per mantenere le nostre poltrone a Palazzo dei Bruzi, io vivo del mio lavoro e non di politica, noi difendiamo la democrazia e l’autonomia dei Comuni». Per Caruso un passo propedeutico è sanare il debito di Cosenza (256 milioni di euro ad oggi) e chiarire il passaggio del voto a Rende, Comune in predissesto e sciolto per mafia: «Intanto parliamo di contenuti e pensiamo a uno Statuto. Occhiuto – di cui non mi fido dopo gli impegni presi con me sull’ospedale – deve sapere che anche il ministro Piantedosi e il sottosegretario Wanda Ferro parlano di fusione sì ma solo dal basso».
Il presidente del consiglio comunale di Cosenza, Giuseppe Mazzuca, ricorda che «il vero intento del centrodestra era sciogliere il nostro Comune non nel 2025 ma nel 2024, infatti noi già nel 2023 in una delibera parlavamo di fusione a freddo. Io penso che il sì vincerà in tutti e tre i comuni, ma il caso Pescara ci dimostra che per concludere il processo possono volerci anni e anni. Ricordo che ancora non esiste la legge regionale e aggiungo che un commissariamento in vista di una eventuale città unica potrebbe durare a lungo… Non credo ci siano i tempi tecnici per un esito a breve».
«Il referendum è vincolante se vince il no – specifica Iacucci – come abbiamo scritto nell’emendamento». Poi per corroborare la primogenitura del centrosinistra sul tema comune unico ricorda di quel giorno di quasi vent’anni fa in cui l’allora vicepresidente della giunta regionale Nicola Adamo (erano i tempi dei Ds) presentò in un hotel rendese il progetto di Grande Cosenza: fu contestato dall’allora sindaco Sandro Principe. Che stasera purtroppo non è venuto: magari la sua prosa avrebbe catturato lo spirito socialista di Luigi Incarnato, che per il momento preferisce ingannare il tempo giocando a Candy Crush. (redazione@corrierecal.it)
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