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Restrizioni allo sviluppo della canapa industriale: «Un settore in pericolo»

Le organizzazioni agricole e di filiera si uniscono contro il provvedimento

Pubblicato il: 25/09/2024 – 18:33
Restrizioni allo sviluppo della canapa industriale: «Un settore in pericolo»

ROMA Le principali organizzazioni agricole, artigianali e commerciali italiane si schierano compatte contro il provvedimento che rischia di distruggere il settore della canapa industriale nel nostro Paese. Una coalizione trasversale che oltre a CNA Agroalimentare, Confagricoltura, CIA, COPAGRI, UNCI, Liberi Agricoltori, Altragricoltura, Associazione Florovivaisti italiani, include le associazioni di filiera Canapa Sativa Italia, Federcanapa, Sardinia Cannabis, Assocanapa, Resilienza Italia Onlus, Canapa delle Marche e UPCBD che hanno anche presentato una petizione al Parlamento Europeo per denunciare le gravi violazioni delle normative comunitarie e chiedere un intervento urgente.

«Un settore in pericolo»

«L’Articolo 18 del DDL Sicurezza e il Decreto Ministeriale sul CBD del 27 giugno 2024 minacciano di bloccare la produzione, la trasformazione e la commercializzazione della canapa industriale, un settore legale e regolamentato che offre lavoro a circa 15.000 persone e genera un fatturato annuo di 500 milioni di euro. Questi provvedimenti, se attuati senza modifiche, bloccherebbero lo sviluppo di un intero comparto economico, mettendo a rischio migliaia di aziende agricole e commerciali.

«Violazione delle normative europee e rischi economici»

La petizione sottolinea come tali misure violino i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, in particolare la libera circolazione delle merci sancita dagli Articoli 34 e 36 del TFUE, e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, che ha già stabilito che il CBD non è una sostanza stupefacente. Le associazioni sono pronte a portare il caso davanti alla Corte di Giustizia Europea, contestando al governo italiano i danni economici che deriverebbero da queste normative. Un eventuale risarcimento alle imprese colpite graverebbe sulle casse dello Stato, e quindi sui cittadini italiani.

«Chi paga per gli investimenti già effettuati?»

Molti imprenditori hanno investito legittimamente in questo settore, acquistando macchinari specifici, sviluppando infrastrutture e stipulando contratti a lungo termine basati sulle leggi vigenti. La repentina modifica delle normative metterebbe a repentaglio questi investimenti, senza alcuna garanzia o indennizzo. Questo crea incertezza e sfiducia non solo tra gli operatori nazionali, ma anche tra gli investitori esteri, compromettendo la credibilità dell’Italia come Paese affidabile per gli investimenti.

Un appello al Governo

Le organizzazioni firmatarie chiedono al governo di aprire un tavolo di confronto con le associazioni di categoria per trovare soluzioni condivise che rispettino le normative europee e tutelino un settore strategico per l’economia italiana. È fondamentale che il governo segua le procedure stabilite a livello comunitario, assicurando un quadro normativo chiaro e stabile. Solo attraverso il dialogo e la collaborazione sarà possibile affrontare le problematiche in modo serio e costruttivo, evitando danni economici e sociali irreparabili.
Mentre altri Paesi europei come Francia e Germania incentivano la crescita della canapa industriale, riconoscendone i benefici economici e ambientali, l’Italia rischia di perdere una grande opportunità. La canapa industriale contribuisce non solo all’economia, ma anche alla sostenibilità ambientale, grazie alla sua capacità di assorbire CO2 e alla riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari.
Il futuro della canapa in Italia è in gioco. Le organizzazioni agricole e di filiera si uniscono in un appello al governo affinché riveda le sue posizioni e intraprenda un percorso condiviso con le parti interessate. È tempo che le istituzioni ascoltino le voci di migliaia di cittadini, imprenditori e lavoratori che chiedono solo di poter operare nel rispetto delle leggi europee e di contribuire allo sviluppo economico e sostenibile del Paese».

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