ROMA La Capitale è considerata «la più grande piazza di spaccio d’Europa», con la mala calabrese e quella campana «grossiste dell’urbe». La presenza di cellule attive della ‘ndrangheta sul territorio non rappresenta certo una novità, ma in sole 24 ore sono ben due gli allarmi lanciati sugli interessi criminali che gravitano nell’universo romano. Ci sono «lavori del Pnrr per tantissimi soldi, i lavori del Giubileo, e anche una piazza criminale molto importante dove sono registrate le presenze invasive delle grandi consorterie della criminalità organizzata. In primis la ‘ndrangheta, ma ci sono anche la mafia e la camorra che fanno affari e riescono in qualche misura a convivere con le consorterie locali e in parte anche straniere che stanno emergendo dove soprattutto ci sono le grandi operazioni delle forze dell’ordine che disarticolano gruppi importanti». A parlare è il prefetto di Roma, Lamberto Giannini, impegnato al convegno “Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia romana” organizzato dalla Camera di Commercio della Capitale. «Questo – prosegue il prefetto – lascia dei vuoti e si vanno a inserire dei gruppi che si caratterizzano per grande aggressività».
Dopo una luce rossa accesa sugli appalti, il prefetto volge l’attenzione al business più prolifico dei clan calabresi: il narcotraffico. «In questa fase c’è un business che è quello del traffico di sostanze stupefacenti e spaccio che avvelena la nostra società e che bisogna combattere». Non solo la ‘ndrangheta, sulle piazze di spaccio insistono anche gruppi stranieri. A Roma, infatti, si è registrata «una forte crescita di soggetti, in alcuni ambiti anche connessi alla tifoseria organizzata, ultras, provenienti dall’Albania che mano a mano si sono dimostrati aggressivi e hanno messo su delle attività. Abbiamo avuto un’operatività importante anche nel settore del riciclaggio, vediamo la recente operazione della guardia di finanza per quello che riguarda gli ambienti della mafia cinese». E infine «anche le mafie africane, in particolare quella nigeriana che va a incidere spesso su alcuni ambienti e su alcuni tipi di reati» come «la prostituzione o altre forme di sfruttamento dove vengono perpetrate violenze importanti e dove c’è uno stato di vessazione e sottomissione».
Business is business dicono gli americani. Il claim piace e molto anche ai malandrini calabresi sempre attenti quando si tratta di allungare le mani su affari leciti utilizzati per riciclare provento di attività illegali. A Roma, nel primo anno di Covid «c’è stato un crollo delle operazioni societarie di oltre il 20% e nel secondo anno ci aspettavamo un ulteriore tracollo. Invece c’è stata una risalita tornando ai tempi pre Covid quando la liquidità del Paese e in particolare a Roma era crollata. Vuol dire che c’è stato un afflusso importante di denaro in buona parte non proveniente da circuiti legali che ha determinato grossi investimenti nell’economia romana». La dichiarazione è del presidente dell’Osservatorio della Camera di Commercio di Roma sulle Politiche per il contrasto alla criminalità economica, Guglielmo Muntoni. «Il traffico di stupefacenti è uno dei sistemi con cui la criminalità organizzata guadagna, finanzia, riciclando il denaro – ha spiegato – ma ovviamente è anche dentro i grandi appalti, in tutti gli appalti, e questa credo sia un’entrata non inferiore rispetto a quella degli stupefacenti. Stiamo parlando di decine di miliardi all’anno in Italia. Una somma enorme che viene reinvestita, non solo in Italia, ma difficilmente nelle zone di origine delle mafie tradizionali», continua Muntoni. Che aggiunge: «Non si vedono grandi investimenti in Sicilia, in Calabria, in Campania. Si vedono a Roma, a Milano, nel Veneto e in Emilia Romagna. Le operazioni che si sono concluse sono eclatanti e dimostrano la presenza di strutture organizzate in tutte le regioni, soprattutto da parte della ‘ndrangheta». (f.b.)
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