VIBO VALENTIA Assunzioni di comodo, camion in mano alla ‘ndrangheta e “buste” da migliaia di euro. Andrea Mantella racconta il business dei rifiuti a Vibo Valentia, per anni al centro delle mire delle ‘ndrine vibonesi tra estorsioni e accordi “sottobanco”. Il collaboratore di giustizia, chiamato a testimoniare in aula nel processo su estorsioni e minacce dei clan vibonesi nei confronti di alcune ditte, ha riferito di un sistema ben consolidato che prevedeva la “spartizione” dei guadagni derivanti dal ciclo dei rifiuti. «C’eravamo divisi la torta» risponde al pm Eugenia Belmone, nel corso dell’ultima udienza svolta al Tribunale di Vibo Valentia. Tra i capi d’imputazione del processo, nel quale è stato escusso anche Bartolomeo Arena, le estorsioni alla Ased Srl e alla Dusty Srl, le due ditte che gestivano i rifiuti in periodi diversi a Vibo Valentia.
A gestire le estorsioni insieme a Mantella sarebbero stati, racconta il collaboratore, i suoi cugini Salvatore e Vincenzo Mantella e Salvatore Morelli. In particolare, quest’ultimo, una volta uscito dal carcere avrebbe cercato di recuperare e sistemare le varie estorsioni in atto a Vibo. «Mi fa recapitare giusto una missiva, che mi diceva chi non si fosse fatto vivo di chi pagava prima». Successivamente, racconta Mantella, «Morelli riprende tutta l’attività che era rimasta sospesa nel momento in cui ci hanno arrestato». Tranne per quanto riguarda la questione rifiuti: «Mi diceva che per quanto riguarda i “munnizzi” erano un pochettino in difficoltà». Il collaboratore passa poi a spiegare l’intricato giro che prevedeva la presenza e gli interessi di più clan: «Io ottengo la nostra fetta di torta per la mia insistenza, per la mia caparbietà, perché lì c’era la concorrenza di Pantaleone Mancuso, scarpuni, c’era la concorrenza dei sangregoresi, dell’immancabile Gregorio Gioffrè, alias Nasone, Fiarè e, quindi, a un certo punto, ci siamo divisi la città di Vibo Valentia».
Le pretese erano sempre le stesse: «Assunzioni di comodo, persone vagabonde che non lavoravano, perché erano parenti dei clan, obbligavano alla ditta appaltatrice di prendere qualche mezzo a nolo». E, soprattutto, il denaro: «Gli dissi che, praticamente, a me non bastavano più i camion che aveva Morelli, io volevo i soldi sottobanco». Mantella racconta anche le modalità di “pagamento”, che avvenivano anche tramite i cesti da regalare a Natale: «Mi ricordo che a Natale del 2009 mi ha mandato un cestino, con le solite bottiglie, il salmone, lì, io avevo un operaio, gli dissi: mangia tutto e dammi quello che c’è sotto. Mi sono preso la busta e c’erano 10 mila euro». Sui rifiuti si è anche espresso anche Bartolomeo Arena, che ha raccontato le estorsioni alla Ased Srl e alla Dusty Srl, di cui era responsabile ai tempi Gregorio Farfaglia, parte civile nel processo.
Mantella riferisce in aula anche sulla famiglia dei Farfaglia, titolari di un’impresa edile e destinatari di richieste estorsive da parte del gruppo del collaboratore di giustizia. In particolare, per quanto riguarda del lavori in corso tra Vibo e Vena di Jonadi, una zona in espansione e di competenza di Mantella «attraverso mio cugino Salvatore e Mario De Rito». Tramite di loro si sarebbe attuata la richiesta estorsiva, ma, specifica il collaboratore, se non avessero pagato «queste persone non avrebbero avuto nessun problema» perché «storicamente i Farfaglia sono stati sempre vicinissimi ai Fiarè di San Gregorio d’Ippona». Invece di attentati dinamitardi e intimidatori sarebbe «sorto un caso diplomatico» tra i due clan. (Ma.Ru.)
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