ROMA Da un lato fu un omicidio cruento, ma dall’altro la morte della piccola vittima, segnò la storia dei trapianti di organi nel mondo e nel nostro Paese. «L’Italia non ha ucciso Nicholas, lo hanno fatto due uomini brutali. Sarebbe potuto succedere ovunque. Le persone che abbiamo incontrato in tutta Italia avrebbero fatto qualsiasi cosa in loro potere per proteggerlo». Così Reginald Green, il padre del bimbo ucciso sulla Salerno-Reggio Calabria il primo ottobre di 30 anni fa, ai microfoni di ‘Inviato Speciale’, alla giornalista Rita Pedrizzi, la trasmissione andata in onda questa mattina su Radio 1 Rai. «Un uomo ci ha detto recentemente: siete stati senza Nicholas per trent’anni ma lui è stato con noi per tutto quel tempo», ha proseguito, augurandosi che la legge sui trapianti cambi in modo che le famiglie dei donatori possano scrivere o incontrare i loro riceventi”. Secondo la legge attuale ciò è impossibile, salvo casi estremamente rari. «Ma decine di migliaia di famiglie di donatori negli Stati Uniti hanno scambiato lettere – e in alcuni casi hanno incontrato – i loro destinatari e nella grande maggioranza dei casi la salute e la felicità di entrambe le parti sono migliorate. Incontrare chi vive grazie al mio bambino ha sicuramente ridotto il dolore per noi», ha concluso Reginald Green. Nicholas aveva 7 anni quando fu ucciso da due rapinatori sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, mentre era in vacanza in Italia. Oggi il padre del bambino ha 95 anni e ripete che «la sua storia ha salvato migliaia di vite in tutto il mondo, perché ovunque vado – in Giappone o Venezuela, Polonia o Australia – la gente mi dice che Nicholas ha dato loro la speranza per un mondo migliore», aggiungendo che per lui e la moglie Maggie, «Nicholas è rimasto un bimbo di sette anni, per sempre». «Mi vengono le lacrime agli occhi quando mi manca la sua voce che dice “Buonanotte, papà”», ha concluso l’uomo.
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