COSENZA «Non ci sono dubbi sul fatto che Isabella Internò sia innocente. Il dottor Fineschi lo sapeva, l’avvocato Anselmo penso e spero che non lo sappia. La procura di Castrovillari lo sapeva? Ci ha pensato? E’ incapace o è connivente? La procura di Castrovillari è connivente».
Un’accusa forte, diretta a chi ha chiesto per l’imputata Isabella Internò 23 anni di reclusione per l’omicidio volontario in concorso con ignoti di Denis Bergamini. Con queste parole l’avvocato della difesa Angelo Pugliese si è rivolto oggi alla corte d’Assise, presieduta da Paola Lucente, che domani dovrà emettere la sentenza di primo grado nel processo sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza calcio, avvenuta a Roseto Capo Spulico il 18 novembre del 1989. Pugliese, in un’aula di tribunale stracolma di avvocati e cronisti (non sono mancati i momenti di tensione) e con accanto Isabella Internò, ha esordito evidenziando come «questa lunga battaglia» non abbia «portato molte cose utili. Mi porterò dentro – ha spiegato – il sorriso disarmante della presidente Lucente, lo sguardo indagatore del giudice a latere Bilotta, l’educazione e la gentilezza dei giudici popolari con cui non ho potuto stringere un rapporto, ma spero di farlo successivamente. Il mio è un compito ingrato, difendere una persona innocente. La mia discussione sarà basata sugli atti e ringrazio l’avvocato Anselmo perché mi ha fatto capire tante cose che in questo processo mi erano sfuggite». Nel corso della sua arringa, durata più di cinque ore, Pugliese ha distribuito ad ognuno dei giudici della corte, al pm e agli avvocati di parte civile, l’intera sua memoria difensiva: centinaia di pagine che avranno richiesto ore di stampa interminabili.
Il legale ha ridimensionato la validità scientifica in ambito processuale dell’esame della glicoforina, «la dottoressa Cattaneo, la più affidabile in questo campo, dice che siamo ancora in fase sperimentale. Il famoso vetrino 13 – ha detto il legale – risulta negativo perché il corpo di Bergamini è stato sormontato una seconda volta dal camion di Pisano. Quella sera Bergamini è stato sormontato due volte, quando si butta sotto il camion e quando Pisano fa marcia indietro, circa mezz’ora dopo il primo impatto, perché qualcuno gli ha detto che Denis forse è ancora vivo». «Se Isabella Internò sarà condannata – ha aggiunto – la famiglia Bergamini potrebbe prendere 20 milioni di euro dalle polizze assicurative (teoria, poi, smentita, dall’avvocato Anselmo). Il presidente dell’epoca del Cosenza calcio Serra provò a fare cambiare versione a Isabella, gli chiese di optare per l’incidente, ma lei rimase ferma sulla sua tesi e fece sì che le polizze assicurative non venissero applicate».
Pugliese è ritornato sull’orologio indossato da Bergamini: «Aveva un fondo chiaro e inizialmente non è stato restituito dai familiari ai carabinieri. Poi lo fanno, mentre nell’intervista con Iuliano ne fanno vedere uno con fondo nero. Nelle verifiche scientifiche fatte sull’orologio, vengono trovate tracce di DNA di Domizio e Donata e nessun altro. Se, dunque, l’orologio è quello, è escluso che sia stato maneggiato da altri».
Il legale ha difeso il procuratore di Castrovillari in carica del 1989 Ottavio Abbate: «Lo si è voluto colpire, ma chi non ha voluto fare l’autopsia a Cosenza? Non certo Isabella Internò. È stata la famiglia Bergamini, perché voleva che si facesse a Ferrara. E così è stato, noi trogloditi del sud non potevamo occuparcene». «Isabella Internò – ha sottolineato sempre Pugliese – sin dal primo verbale si mostra sincera. Dice che era gelosa di Denis, che lui era allegro e pieno di vita e non aveva mai manifestato propositi di suicidio. Perché una persona che ha premeditato un omicidio avrebbe dovuto rilasciare tali affermazioni? Sarebbe stato meglio dire il contrario. Ma lei ha solo raccontato la verità. Lei ha sempre detto che dopo essere stata lasciata da Bergamini aveva intrapreso un rapporto telefonico con Luciano Conte».
Pugliese ha ripercorso alcuni momenti delle fasi immediatamente successive alla morte di Bergamini. «Quando si va a processo la prima volta – ha ricordato – la famiglia Bergamini non crede al suicidio e nomina l’avvocato Toschi. Quest’ultimo scriverà in una memoria dei problemi di salute di Denis, della sua depressione e della zia che si era suicidata. Il professor Antonio Dell’Erba dirà che le perizie di Coscarelli e Avato sono credibili e che gli strumenti dell’epoca non possono accertare se Bergamini fosse sieropositivo oppure no e che gli studi sperimentali non possono essere applicati nei processi penali. Perché la stessa cosa non vale per la glicoforina? Toschi incarica il maresciallo Ingrosso di svolgere ulteriori indagini. Verrà fuori che Bergamini era un bravo ragazzo, non faceva uso di droghe o alcolici, provava grande affetto per la famiglia e c’era una sola persona a lui molto vicina, Michele Padovano, soggetto, avvisava Ingrosso, di pessima condotta morale. Sottoponeva Bergamini a contatti con la criminalità organizzata di Castellaneta, nel Tarantino. Bergamini – ha detto Pugliese – avrebbe avuto contatti con un personaggio malavitoso e con quell’ambiente da cui non riusciva ad allontanarsi, perché altrimenti lo avrebbe pagato a caro prezzo. Questo ci conferma che era provato moralmente e forse mise in atto l’insano gesto. A quel punto Toschi risponde a Ingrosso che la famiglia non ritiene utile la sua linea di condotta».
Ma per Pugliese, la tesi del suicidio regge. «Denis Bergamini – ha affermato con certezza – era depresso per l’infortunio, una zia si era suicidata, quindi in famiglia c’era già stato un precedente, su di lui erano state fatte delle indagini su una presunta sieropositività, inoltre non riusciva a tirarsi fuori dalle maglie della criminalità organizzata in cui Padovano lo aveva messo contro il suo volere».
Pugliese ha parlato di processo basato sul nulla e ha accusato l’ex pm Facciolla di favoritismi nei confronti di Anselmo per un appuntamento, organizzato via email, in cui lo stesso legale avrebbe proposto il conferimento d’incarico del dottor Fineschi. «Fineschi – ha affermato il legale di Internò – fa nominare Neri, Ricci, Crisci e Buonomo, tutte persone a lui vicine per dare peso alla validità dell’esame della glicoforina. Ci dice tutto quello che è successo, così come aveva fatto in passato con i casi Piredda e Benusiglio: quando non sa spiegare come è stata uccisa la vittima, tira fuori il metodo soft perché nessuno lo può provare. La procura, infatti, esclude l’aggravante perché sa di non averlo provato. Fineschi sapeva già dall’inizio dove saremmo arrivati, è venuto qui a dirci ciò che dovevamo fare, ma non per aiutare la legge».
Una accusa pesante è stata lanciata verso la procura di Castrovillari: «Viene fatta richiesta di rinvio a giudizio per Isabella Internò, vengono stralciate le posizioni di Pisano e Conte, mentre si indaga Dino Pippo Internò (cugino di Isabella, ndr). Così facendo vengono intercettati i protagonisti della vicenda e scoperta la loro linea difensiva. La posizione di Dino Pippo è rimasta appesa per tre mesi. Lei, presidente – ha affermato Pugliese rivolgendosi a Paola Lucente – ha consentito che una persona indagata fosse sentita in udienza senza avvocato e una volta terminata quell’udienza si scopre che c’è un procedimento a Castrovillari. Queste indagini sono state aperte e chiuse per comodità, per arrivare a un solo risultato, calpestando la dignità delle persone».
«Io – ha continuato Pugliese – mi sono già scusato con Isabella Internò, perché per lungo tempo ho seguito i suoi movimenti e non il cadavere. Denis era un mio coetaneo, lo seguivo, ero tifoso del Cosenza, e si è suicidato. Poi, però, sono arrivati Fineschi e Crisci a dirci che dovevamo condannare Isabella Internò e il Sud perché quello era un delitto d’onore. La verità è che Denis si è buttato sotto il camion, è stato parzialmente sormontato ed è morto dopo pochi secondi. Tutto il sangue esce dal suo corpo perché nel cuore non rimane nulla, lo ha detto il professore Avato. Riuscite a dire il contrario, e cioè che le analisi fatte da Avato non sono vere?». «Voi con la vostra sentenza – ha ribadito il legale rivolgendosi alla corte – dovrete ridare serenità a una famiglia distrutta da un processo che ci ha fatto tornare indietro di 500 anni». «L’accusa mi deve provare il capo d’imputazione – ha detto ancora Pugliese – il fatto deve essere totalmente provato. Voi – ha proseguito ancora rivolgendosi alla corte – per condannare Internò dovrete dimostrare che quel pomeriggio è stata lei a chiamare Bergamini, dovrete dimostrare la presenza a Roseto di queste persone ignote e dovrete dimostrare che Bergamini è stato narcotizzato o se sono state ridotte le sue capacità». Pugliese è tornato anche su ciò che è accaduto quel drammatico giorno al Motel Agip di Rende. «Padovano nel primo interrogatorio – ha ricordato – dice che Bergamini non ha ricevuto nessuna telefonata in camera. Lo confermato i dipendenti Tucci e Prezioso che erano nella hall. Dicono soltanto che Bergamini ha fatto una telefonata dalla cabina telefonica. Quindi non c’è nessuna prova che sia stata Isabella a chiamare Denis, semmai il contrario. Denis è uscito da solo, non c’era un pullman rosso della famiglia Internò a seguirlo. Isabella quel pomeriggio si fa prestare un profumo dalla vicina di casa Carmela Dodaro, perché sta per vedere il suo ex fidanzato con cui spera di tornare. Vi sembra l’atteggiamento di una omicida? Il maresciallo Barbuscio ferma Bergamini e Isabella che sono a bordo della Maserati e dice che sono soli. Le sostanze narcotizzanti non sono state trovate sul corpo di Denis, così come quelle volatili. Il suo viso e la cute, ce lo dicono Domizio, Abbate e Barbuscio, non presentano irritazioni. E poi, perdonatemi, come si riducono le capacità di un atleta di 27 anni nel pieno della propria forza? L’orologio era privo di DNA esterni, nessun DNA neanche sotto le unghie. Il mezzo soft (sacchetto o sciarpa, ndr) con il quale sarebbe stato ucciso Bergamini, avrebbe dovuto provocare un viso bluastro, i bulbi oculari sarebbero dovuti uscire fuori. Nulla di tutto ciò è accaduto».
Pugliese, così come la collega Rossana Cribari lo scorso 26 settembre, ha posto anche dei dubbi sulle versioni dei testimoni Forte e Alleati, mentre ha dato credito a quella di Panunzio che dopo la tragedia ha accompagnato Isabellà Internò in un ristorante della zona.
«Donato Bergamini – ha concluso il legale – voleva giocare a pallone, probabilmente nella sua vita voleva che ci fosse Isabella Internò, ma quel giorno vede il camion di Pisano e ci si butta sotto. Stiamo parlando della morte di un uomo buono, semplice, un idolo per la mia generazione. Forse per le cattive compagnie di cui ha parlato il maresciallo Ingrosso, vede i suoi progetti perdersi nel vuoto e decide di morire. Piangiamo tutti, ma per questa morte non può pagare Isabella Internò, l’unica persona che gli ha voluto bene e che lo ha tenuto lontano da Padovano. Isabella è una donna coraggiosa e vi chiedo di assolverla per sempre da questa accusa infame, perché il fatto non sussiste».
Domani, il pm Luca Primicerio e gli avvocati di parte civile potrebbero replicare a Cribari e Pugliese. Dopodiché la corte entrerà in camera di consiglio per emettere la sentenza. (f.veltri@corrierecal.it)
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