Ultimo aggiornamento alle 19:53
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 7 minuti
Cambia colore:
 

tifo e criminalità organizzata

La ‘ndrangheta in Curva Nord: l’incrocio “pericoloso” tra clan e il chiarimento a Rosarno. «Qua c’è già chi mangia»

La Dda ha ricostruito una serie di incontri tra il defunto Bellocco, Beretta e una serie di capi ultrà prima estromessi, poi reintegrati. «È una questione di equilibri»

Pubblicato il: 01/10/2024 – 16:29
di Giorgio Curcio
La ‘ndrangheta in Curva Nord: l’incrocio “pericoloso” tra clan e il chiarimento a Rosarno. «Qua c’è già chi mangia»

LAMEZIA TERME Proiettato nel panorama del tifo nerazzurro, al fianco di colui che ne avrebbe preso le redini. Più di una presenza carismatica, ma una garanzia di “intoccabilità”. Le dinamiche degli ultimi anni, quelle che hanno animato gli ultrà della Curva Nord di San Siro dell’Inter, hanno fatto emergere la figura di Antonio Bellocco, il classe ’88 rampollo dell’omonimo clan di ‘ndrangheta, ucciso quasi un mese fa a Cernusco sul Naviglio. Il tutto è stato ricostruito nell’ultima inchiesta coordinata dalla Distrettuale antimafia di Milano con le indagini della squadra mobile e della guardia di finanza, e culminate con l’arresto di 19 soggetti.

La scalata alla Nord

Spartiacque in questa vicenda è, come noto, l’omicidio di Boiocchi, capo indiscusso della curva e che aveva affidato ad Andrea Beretta la gestione esclusiva del merchandising. Alla sua morte sarà proprio “Berro” ad assumerne il comando, senza che altre espressioni della curva abbiano potuto assurgere alla direzione del tifo organizzato, sulla quale aveva puntato, invece, Domenico Bosa, capo ultrà dell’Inter ma non indagato nell’inchiesta. Per come ricostruito nel corso dell’inchiesta, «quella che poteva essere una mera sistemazione temporanea del rampollo della famiglia di Rosarno si rivela, tuttavia, una vera e propria scalata al controllo della Curva Nord». Beretta, forte del suo appoggio, «sarebbe riuscito a bloccare sul nascere le aspirazioni di comando dello stesso Bosa», si legge nelle carte dell’inchiesta, scatenando però malumori nelle altre frange del tifo nerazzurro. Con conseguenze che, in alcuni casi, avrebbero potuto scatenare una vera “guerra”.
E non un’ipotesi remota perché, come riporta il gip nell’ordinanza, “Mimmo Hammer” capo degli “Hammerskin” si sarebbe messo di traverso alla scalata del duo Beretta-Bellocco. «(…) io sono convinto che voi siete destinati ad andare avanti perché siete dei bravi figlioli…». Così Bellocco parlando proprio con Bosa nel corso di un incontro organizzato dopo essersi reso conto con ogni probabilità del malcontento crescente all’interno del direttivo. La frangia estremista, quella rappresentata da Irriducibili e Hammer, tuttavia, non rinuncia a contrastare l’operazione di Beretta. La preoccupazione di Bellocco, come riporta il gip nell’ordinanza, era quella di tenere lontane anche altre famiglie legate alla ‘ndrangheta calabrese. «(…) se io gli do permesso e gli apro la porta, quello vuole entrare nel salone, quello vuole entrare nella cucina, l’ignoranza poi crea problemi che non si può parlare più capito…».



Le altre famiglie calabresi

Quello che sarebbe emerso dalle investigazioni è un fatto dirimente: Bosa, infatti, alla pari di Beretta e Ferdico, «aveva evidentemente tentato di interporre altre famiglie calabresi» si legge nelle carte dell’inchiesta, compreso un esponente della famiglia Bellocco ovvero “Micu u Curtu” che, all’epoca dei fatti, era detenuto presso il carcere di Rovigo. Si sarebbero così si erano riproposte nuove famiglie all’orizzonte cine quello “della montagna” mentre Bellocco aveva tentato di organizzare un incontro con la controparte, incaricando suo fratello Berto Bellocco che, a sua volta, «non avendo trovato il diretto interessato, gli aveva girato l’ambasciata di scendere a Rosarno» riporta il gip nell’ordinanza. Il clima si stava facendo incandescente perché nella controversia, oltre alla frangia più estremista della tifoseria interista, avevano avuto un proprio ruolo anche gli “Irriducibili” che, da parte loro, avevano coinvolto, in aggiunta ad altre famiglie calabresi.  

Il viaggio a Rosarno

È il 10 ottobre del 2023 quando gli inquirenti comprendono che il «perfezionamento della ‘mbasciata» era avvenuto, concretizzatosi con un viaggio a Rosarno. I protagonisti sono Giuseppe Fabrizio, suocero di Antonio Bellocco e Marco Ferdico, arrivati, sebbene con voli e per motivi differenti, in Calabria. Mentre il primo è atterrato nel pomeriggio, il secondo in tarda sera. Il giorno dopo pranzano in un ristorante all’uscita di Bagnara. Al tavolo, infatti, sarebbe stato proprio Ferdico a «notiziare l’interlocutore di un incontro, avvenuto il giorno prima, con due soggetti» scrive il gip, tra cui Alfonso Cuturello – non coinvolto e indagato in questa inchiesta – sorvegliato speciale e con precedenti legati al traffico di droga, di cui si era già recentemente occupato il “Corriere della Calabria” (LEGGI QUI).
Nel racconto captato dagli inquirenti e finito nell’ordinanza, Ferdico spiega che «il ragazzo si sarebbe presentato come il nipote di Leo Morabito» spiegando che «tutto ciò sarebbe stato fatto per avanzare le lamentele dello zio per «l’estromissione di “Mimmo Hammer” dalla Curva Nord e del suo gruppo ultras» annota il gip nell’ordinanza. «(…) guarda che già stai partendo male perché innanzitutto la curva Mimmo Hammer non l’ha mai avuta in mano… ma la curva è di Beretta…», questa la spiegazione di Ferdico che, come riporta ancora il gip nell’ordinanza, sarebbe stato ancora più chiaro in merito al “ruolo” di Antonio Bellocco. «(…) ascolta, gli ho detto: “facciamo una bella cosa, mettiamo le cose in chiaro… adesso faccio venire qua un amico mio, che è con me, gli ho detto magari parlate la stessa lingua tra di voi, mi sa che non vuoi capire bene quello che ti sto dicendo! Qua c’è già chi mangia! gli ho detto: ok?”». 



Il chiarimento e la “tentata trappola”

L’indagine avrebbe consentito poi di registrare un netto risvolto quando è stato chiamato in causa un “barbiere” di nome Salvatore, di Africo, soggetto al momento in fase d’identificazione. Quest’ultimo, come si legge nelle carte, contattato nell’immediatezza, «avrebbe smentito non solo la parentela tra Leo Morabito e il soggetto» ma, ancor di più, la stessa provenienza della richiesta. «(…) in poche parole, la famiglia del barbiere e di Morabito si è ammazzata con quella di questo “Scassaporte” per vent’anni là sotto… insomma stava armando questo carretto… Antonio gli ha spiegato quello che gli doveva spiegare, e alla fine della fiera non era così…». La vicenda, grazie alle intercettazioni della pg, si è arricchita di un ulteriore capitolo. «(…) per ‘sta roba qua ci sono i Pelle… rispetto… quando fanno qualcosa là a Milano, arriva subito qua sotto…qua sotto poi ci sono… poi si rompono gli equilibri di tutte le cose…». Ferdico – come si legge nelle carte – avrebbe rivelato di «essere stato turbato dalla presenza di Alfonso Cuturello poiché, nonostante avesse già avuto un incontro con Bellocco, si era ripresentato con l’amico, tentando nuovamente di ottenere un riconoscimento», scrive il gip nell’ordinanza.

L’estraneità di “Scassaporte”

La continua lamentela di Ferdico nei confronti di Cuturello, dunque, sarebbe stata placata dal suocero di Totò Bellocco, ma non è tutto. Lo stesso Fabrizio era riuscito a dimostrare la totale estraneità di “Scassaporte”. Quest’ultimo, interpellato proprio dal fratello di Bellocco, «aveva assicurato la totale estraneità dai fatti narrati», si legge nell’ordinanza. «…si fanno di lato… Antonio gliel’ha detto? Uno sei qua a parlare già mi stai mancando di rispetto a me e alla mia famiglia… come cazzo vi permettete? Gliel’ho detto chiaro…». Come emerso, dunque, Totò Bellocco avrebbe chiarito con il giovane e Cuturello. Dopo la spiegazione, dunque, il cerchio si è chiuso. Il rampollo contatta Nale e, dopo aver sintetizzato la conversazione con Bosa, gli manifesta il piacere del loro ritorno e del loro coinvolgimento in Curva Nord, raccomandandosi e disponendo, tuttavia, di non rivolgersi più ad altre famiglie o esponenti della criminalità organizzata. «(…) certo ma a me fa piacere tanto, ma non mi fa piacere, ti parlo chiaro, le vostre amicizie trasversali, forzate… che non servono…». (g.curcio@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x