Dopo l’Aspromonte d’oriente e la costa ionica meridionale, dopo il mare del Golfo di Squillace, dopo tanti altri paesaggi di pregio della Calabria, anche quello di Acri e della Sila Greca rischia di subire il più grande attacco speculativo dal secondo dopoguerra in avanti: un enorme parco eolico di 23 aerogeneratori di 206 metri di altezza (!) proposto dalla Hergo Renewables s.p.a. (partecipata da Eni Plenitude) attende di essere approvato. La gente di Acri e della Sila Greca si è data appuntamento per stasera 1° ottobre alle ore 18,30 presso la Sala Consiliare di Palazzo Sanseverino Falcone di Acri per organizzare le ragioni dell’opposizione e preparare le osservazioni tecniche sul progetto da inviare entro tempi strettissimi agli organi deputati.
L’area interessata ricade nella Riserva della Biosfera Unesco della Sila, un’area vasta che comprende tutta la Sila per ben 355.000 ettari (con 66 comuni fra cui Acri) che va ben al di là della troppo risicata perimetrazione del Parco Nazionale della Sila (se l’area della Sila Greca fosse ricaduta nel Parco, oggi progetti come questo sarebbero abortiti sul nascere), frutto, all’epoca, di mistificazioni, paure, interessi economici. La Riserva è nata invece dalla consapevolezza internazionale dell’importanza dei paesaggi, della biodiversità, degli ecosistemi di quello che è il più vasto massiccio montuoso ricoperto di foreste del Mediterraneo centrale. Aderendo alla Riserva i Comuni si sono impegnati a preservare i loro territori (che sono coacervi di natura e cultura formatisi in secoli di lenta interazione tra le comunità residenti e gli ambienti che le ospitano), a promuovere forme sostenibili di sviluppo, a tutelare i beni comuni. E questo non solo nell’interesse delle popolazioni locali ma anche verso la comunità mondiale che ne ha riconosciuto l’importanza con il marchio UNESCO.
Le energie alternative sono utili per ridurre la dipendenza dalle energie non rinnovabili ma non possono divenire un ricatto per svendere i territori della Calabria e del Sud a grandi aziende multinazionali che hanno come unico interesse quello di lucrare sugli incentivi che i governi nazionali e sovranazionali prevedono. Incentivi che sono concessi in spregio dei più elementari principi di libera concorrenza sui mercati e che fanno proliferare monopoli produttivi e concentrazioni finanziarie. Senza che il sacrificio dei territori abbia ricadute favorevoli sul costo dell’energia per le comunità. E per di più, nel caso della Calabria, in una regione che già contribuisce al deficit energetico nazionale, producendo molta più energia di quanto si consumi in loco e, in gran parte da fonti rinnovabili.
Come hanno dimostrato casi anche recenti, non c’è da essere cauti, non c’è da usare toni concilianti. Non c’è altra via che la ribellione. Un’azione pacifica ma forte, tollerante ma intransigente che faccia capire che le popolazioni locali non sono disposte a tradire i loro territori. Dopo aver devastato le aree urbane, le aree a vocazione industriale, le campagne ricche nel Nord Italia, le mire degli speculatori si sono rivolte ai territori “vergini” del Sud, benché maltrattati dagli stessi meridionali per quel maledetto complesso di inferiorità della loro civiltà contadina verso quella industriale del Nord. La Calabria è divenuta la “terra promessa” degli speculatori, una sorta di Terzo Mondo ai confini del mondo ricco ed opulento, da usare come discarica ed hub energetico. A tutto questo dobbiamo opporci con forza. A partire, ora, anche da Acri e dalla Sila Greca.
*Avvocato e scrittore
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