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‘Ndrangheta, il boss Tallarico e l’ex carabiniere: il rapporto tra “l’infedele” e “Luigi u Sciubbu”

La Dda ricostruisce il dialogo tra un appartenente all’Arma e il capoclan della zona. Dal potere riconosciuto al consiglio: «Non mi fido di questa macchina»

Pubblicato il: 04/10/2024 – 17:45
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il boss Tallarico e l’ex carabiniere: il rapporto tra “l’infedele” e “Luigi u Sciubbu”

CROTONE Un’autorità criminale indiscussa. Talmente nota e “importante” da essere riconosciuta da un Carabiniere, al punto da superare quella del comandante della Stazione. È il “potere” riconosciuto a Carlo Mario Tallarico (cl. ’51) alias “Luigi u Sciubbu”, considerato dagli inquirenti della Distrettuale antimafia di Catanzaro il «boss della ‘ndrina di Casabona», finito in manette nel blitz “Nemesis” condotto dai Carabinieri, su ordine del gip del Tribunale di Catanzaro.

L’infedele

I pm dell’antimafia dedicano un passaggio a tratti inquietante ed allarmante circa i rapporti del boss con un militare della zona. Al carabiniere non è stato contestato alcun reato, ma i pm non esitano a definirlo un “infedele”, riportando alcune conversazioni dalle quali emergerebbe il «riconoscimento della leadership criminale di Tallarico», vantandosi anche con lo stesso boss della sua «continua disponibilità» verso gli atti illeciti commessi, rivolgendosi a quest’ultimo anche «per ottenere giustizia per un debito non onorato nei propri confronti da un commerciante del territorio». Cercare supporto fra le autorità impegnate nelle investigazioni è funzionale alla sopravvivenza stessa della cosca. Le informazioni che si possono ottenere, infatti, in un ideale gioco di forze e favori messi in campo, si rivelano spesso fondamentali nei momenti di “maggior rischio” per i clan di ‘ndrangheta.


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Il boss e l’ex carabiniere

E l’agire dei Tallarico – sottolineano i pm della Dda – mostra tutti i segni distintivi di una classica cellula ‘ndranghetista. L’episodio segnalato porta indietro il calendario al 19 aprile del 2022. Siamo nei pressi di un bar situato a ridosso della SS106: è qui che il capoclan Carlo Mario Tallarico noto come “Luigi” incontra un Carabiniere in pensione da poco tempo. I pm riportano, poi, una conversazione avuta fra i due in cui proprio l’ex Carabiniere racconta al boss un particolare episodio avvenuto in caserma e in cui avrebbe avuto una parte anche il figlio detenuto del boss, Francesco, chiamato in causa telefonicamente. «(…) Brigadiere, dice… “Vedi che ti stai scavando la fossa ed io te la sotterro…” gli ho detto: “Campa’! Quando parli con me di queste cose ti devi stare con “quattro dita di fronte”, mi devi guardare in faccia, dentro gli occhi e me lo dici… mentre mi guardi… ora ti dimostro una cosa!”» racconta l’ex militare al boss. «Ho preso e ho fatto il numero di Francesco… però senza dire chi era, no? Ho messo il vivavoce e gli ho detto: “per coprire una persona con l’escavatore quanto ci mettiamo?” e dice “se me lo dite voi, dieci minuti!”». E ancora: «…che ca**o, ti pensavi che solo tu comandavi qua! Tu non hai capito un ca**o della vita! gli ho detto!”».
Per i pm della Dda, pur in assenza di riscontri sulla veridicità dell’evento, «denota comunque la biasimevole propensione del carabiniere ad avvalersi dei sodali della ‘ndrina casabonese per affermare la propria “autonomia” nella gestione del Comando di appartenenza».

I guai dopo Stige

La conversazione – captata dagli inquirenti – continua tra il boss e l’ex carabiniere. Questa volta i due discutono dell’operazione “Stige” e sulle conseguenze che aveva generato per la ‘ndrina di Casabona. «(…) lascia perdere – dice il boss – che quello che ha rovinato il mondo, sinceramente da me è stato Francesco, no? A momenti ci faceva arrestare a tutti! Ma senza un fatto, eh! Francesco un ca**o di fatto non è che Io ha!», commenta rammaricato il capoclan, spiegando al carabiniere la grande mole di intercettazioni in cui comunque compariva il figlio. «… sulle centosettanta persone… c’era sempre lui nel mezzo…», suscitando il commento compassionevole del carabiniere: «A me quello… la rabbia che mi fa, sai qual è? Che gli accusano sempre lo stesso reato… se erano cinque, sei reati…».


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L’aneddoto su Peppe ‘U Banditu

L’ex carabiniere e capoclan di Casabona continuano discutere. L’argomento poco dopo si posta su un noto personaggio della zona, Giuseppe Spagnolo noto come “Peppe ‘u Banditu”, elemento di vertice e attualmente detenuto della cosca Farao-Marincola di Cirò. Il militare, in particolare, ricorda alcuni vecchi episodi legati ai controlli di polizia effettuati quando era ristretto agli arresti domiciliari a Cirò. «Sai come gli dicevo io? “Pe’, io lo so che se ce ne andiamo di qua dalla casa tua, tu scendi la scala ed entri dentro al bar… quindi… ma io lo sapevo il fatto, non è che (…) l’importante è che non ti devono vedere quelli che vengono di fuori, che noi dentro il paese… dentro il paese lo sappiamo!», lasciando intendere dunque come “Peppe U Banditu” lasciasse la propria abitazione abitualmente, anche con il suo “placet”. 

«Io non mi fido di questa macchina!»

Solo verso la fine della conversazione tra i due, considerata l’esperienza professionale del militare, quest’ultimo, abbassando il tono di voce realizzando che i contenuti degli argomenti trattati erano di natura tutt’altro che appropriata nei pressi dell’auto del boss, ridendo nervosamente dice: «Io non mi fido di questa macchina!». A qual punto il boss casabonese, recepito il messaggio neanche troppo velato che l’ex appartenente all’Arma dei Carabinieri gli aveva riferito, rispondeva con un certo imbarazzo: «E vabbè ormai…». Il danno, infatti, era stato già fatto. (g.curcio@corrierecal.it)

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