CATANZARIO Un’indagine che avrebbe permesso di accertare le «dinamiche operative della cosca, su base famigliare, e il suo completo controllo di tutte le attività del territorio oltre a contatti molto stretti con esponenti istituzionali del Comune come il sindaco, finito in carcere, e l’assessore finito invece ai domiciliari». Così il procuratore facente funzioni della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, nel corso della conferenza stampa indetta questa mattina dopo l’operazione “Nemesis” che, all’alba di oggi, ha portato all’arresto di 10 persone su ordine del gip del Tribunale di Catanzaro, per 8 delle quali è stata adottata la custodia cautelare in carcere e due quella degli arresti domiciliari. Le accuse, per tutti e a vario titolo, sono di associazione a delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, furto aggravato dal metodo e dalla finalità mafiosa, nei territori di Casabona, Scandale e Strongoli.
Capomolla ha parlato di un «rapporto stretto che portava benefici diversi, come il godimento dei beni pubblici, gli insediamenti produttivi anche senza le autorizzazioni prevista e l’esercizio di attività imprenditoriali direttamente riconducibili alla cosca Tallarico». «Ovviamente – ha sottolineato ancora il procuratore ff di Catanzaro – abbiamo riscontrato anche il controllo capillare delle attività illecite come droga e le “punizioni” per chi sgarrava». Il procuratore ha dunque messo in evidenza il «rapporto stretto con i rappresentanti istituzionali» nonostante proprio il Comune di Casabona fosse reduce da uno scioglimento decretato dopo “Stige” coinvolgendo «il sindaco eletto proprio dopo il commissariamento» e, ha spiegato ancora Capomolla «con il sostegno elettorale della ‘ndrina ottenendo in cambio di favori, tra cui anche assunzioni e l’omissione di controlli da parte degli organi comunali».
Si tratta in particolare di una «indagine partita nel 2021 mirata a riscontrare l’esistenza giudiziaria di una nuova ‘ndrina riconosciuta dal “Crimine di Cirò”». È quanto ha detto Raffaele Giovinazzo, comandante provinciale dei Carabinieri di Crotone, in conferenza. L’inchiesta ha permesso di «ricostruire summit con le cosche di Petilia e Rocca di Neto per pianificare le attività criminose». E ancora: «Abbiamo riscontrato un generale appiattimento degli amministratori ai voleri della cosca, in particolare nella determinazione di favorire gli appartamenti alla cosca con la consapevolezza di rafforzare la struttura economica e militare della cosca».
Come spiegato ancora da Giovinazzo, è stata un’indagine che «ha richiesto paziente lavoro di ricostruzione delle dinamiche criminali, Casabona ha una unica strada e quindi mandare una pattuglia dava subito nell’occhio ma abbiamo comunque registrato un accordo, il patto scellerato stipulato dal sindaco per ottenere i voti per essere eletto attraverso il ritiro dell’avversario, vincendo poi con il 62% delle preferenze». Giovinazzo ha parlato poi di «incontri successivi alle elezioni e di vari benefit per la cosca» parlando in particolare di una «società di calcestruzzo e cemento della cosca che si insedia in un’area produttiva nonostante la scadenza di una convenzione stabilità dai commissari. E poi lo sfruttamento di risorse idriche di un’azienda in mano alla cosca che lavorava con acqua potabile senza pagarla e senza i e controlli di tecnici di Congesi e Sorical che, addirittura, avrebbero consigliato come effettuare l’allaccio abusivo». In conferenza stampa i militari hanno parlato anche dell’intervento della cosca per entrare in possesso «di un bene venduto all’asta con minacce aggravata da metodo mafioso». (redazione@corrierecal.it)
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