VIBO VALENTIA «I Piscopisani erano sostanzialmente nati per distruggere i Mancuso». A dirlo è il collaboratore di giustizia Renato Marziano, affiliato alla ‘ndrina dei Piscopisani e le cui dichiarazioni, emerse solo adesso dopo cinque anni, sono confluite nell’operazione Porto Salvo che ha fatto luce su diversi omicidi della provincia vibonese. Marziano ha raccontato gli inizi della sua carriera criminale, dalle prime truffe al carcere minorile con una condanna per “omicidio a scopo di rapina”. Fino alla vicinanza con il locale di Piscopio. «Avrei dovuto affiliarmi ai Mancuso» racconta ai pm, piano poi “saltato” dopo l’arresto di Gaetano Comito (non indagato in questa inchiesta), ai tempi, suo «idolo» che avrebbe cercato, secondo le dichiarazioni del collaboratore, ad avvicinarlo alla famiglia di Limbadi.
Fu quell’arresto a far cambiare giro a Marziano. «Dopo un incontro casuale con “un altro malato di testa”, Leone Soriano, iniziai a frequentarmi con lui». Il presunto boss della ‘ndrina dei Soriano, condannato in appello a 20 anni di carcere nel processo Nemea, avrebbe «messo alla prova» il collaboratore di giustizia, «superata la quale iniziò a inserirmi nel mercato della droga». «Fu così che mi sono ritrovato insieme a Roberto Soriano sulla strada che conduce a Filadelfia» racconta il collaboratore riferendosi a un episodio risalente al 1986. A quel punto «mi passò una pistola calibro 7.65 e mi disse che avrei dovuto sparare al pastore che di lì a poco sarebbe transitato con le pecore». Quel “pastore”, spiega dopo Marziano, era «Accorinti, di cui non ricordo il nome, quello a capo del gruppo al quale apparteneva Vacatello».
Sarebbe stato poi Leone Soriano a fare da «referente» per Marziano con i Piscopisani. «Garantì sulla mia affidabilità» racconta ai pm. Da qui la nascita di un rapporto «stretto e confidenziale» con Nazzareno Fiorillo alias “U Tartaro”, «il capo dei piscopisani unitamente al nipote Michele Fiorillo alias Zarrillo e posso affermare questo con certezza in quanto dal 2015 al 2018 sono stato al suo fianco tutti i giorni». U Tartaru, non indagato nell’operazione Porto Salvo, è stato condannato a 11 anni di carcere nel rito abbreviato di Rimpiazzo. Marziano racconta le attività illecite, le imprese e le truffe condotte insieme. «Specifico che all’interno delle attività che frequentavamo in questi anni, quali ristoranti gelaterie o altro, non pagavamo mai». Le attività commerciali avviate dal locale anche al di fuori della zona di competenza «stavano appunto a simboleggiare l’espansione e l’affermazione criminale dei Piscopisani nella provincia».
Marziano racconta che «i Piscopisani erano sostanzialmente nati per distruggerli i Mancuso, insieme anche ai Tripodi e ai Bonavota». Motivi che hanno condotto alla faida tra il locale di Piscopio e i Patania, famiglia legata alla ‘ndrina di Limbadi. Lo stesso collaboratore fu in bilico tra le due famiglie prima di avvicinarsi definitivamente ai Piscopisani, data la sua vicinanza con Comito, ritenuto a sua volta vicino ai Mancuso. «Non appena lo rividi, ricordo che mi salutò dicendomi che avevo sbagliato famiglia». Proprio per quella vicinanza tra i due, Comito avrebbe ritenuto uno «sgarro» e un «affronto personale» il suo avvicinamento ai Piscopisani. (Ma.Ru.)
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