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il racconto

Don Bastiano

L’anziano don Bastiano Pantisano, detto “u vurpignu” era a capo della più temuta e feroce ‘ndrina di Ardore marina, cittadina bagnata dal Mar Jonio, in Calabria. Non essendo latitante, avendo paga…

Pubblicato il: 07/10/2024 – 12:12
di Antonello Commisso
Don Bastiano

L’anziano don Bastiano Pantisano, detto “u vurpignu” era a capo della più temuta e feroce ‘ndrina di Ardore marina, cittadina bagnata dal Mar Jonio, in Calabria. Non essendo latitante, avendo pagato il suo debito con la giustizia con trenta anni di carcere per duplice omicidio, aveva eletto come sua residenza il podere “Fico d’india”, nell’appartata contrada di Schiavo.
Don Bastiano era un Capobastone all’antica, dai valori tradizionali quali il coraggio, l’onore e l’omertà, pur operando nel traffico d’armi da guerra provenienti dall’Ucraina, nel commercio d’eroina purissima e nella vendita di cocaina anch’essa “non tagliata”.
In una assolata mattinata di primavera del 2024, chiamò a sé Cosimo Trapezio, detto “Ferryboat”, il suo uomo di fiducia nel podere, il cui nome era dovuto ai 146 chili di peso e gli disse “Anoressichio, devi andare a chiamarmi con urgenza mio nipote Saveriuzzo e dirgli di portare con isso una baligia dove capi tanta roba, Hai capito bene?”.
“Chi, Saveriuzzo ‘u scimunitu?” – rispose Ferryboat -.
Lo schiaffo partì veloce come un colpo di lupara e centrò Trapezio fino a fargli girare la testa su sé stessa. “Ferryboat – disse il capobastone -, non ti devi permittiri di parlare di mio nipote Saveriuzzo con questa manchevolezza di rispetto, perché anch’isso fa parti della mia Famiglia. E la mia Famiglia è sacra. Hai capito bene la lizione?”.
“Certo, don Bastianuzzo. Chiedo perdonissimo per l’offesa che senza volerlo vi ho arrecato. Vado subito a chiamarlo!” – esclamò Trapezio, non sapendo quale delle due guance massaggiarsi, tanto forte era stato il ceffone.
Uscito l’Anoressichio” dalla stanza, don Pantisano si complimentò con se stesso per due motivi. Il primo era che sapeva ancora farsi rispettare e il secondo consisteva nell’orgoglio non solo di parlare un perfetto italiano, merito della promozione in Seconda Media presa in carcere, ma soprattutto di averlo insegnato ai suoi sottoposti, prima di ciò abituati ad esprimersi con un linguaggio primitivo.
Passarono meno di tre ore che Saverio Pantisano sì presentò affannato al cospetto del don. “Zio – disse ancora col cuore in gola -, ho fatto una fujuta in bicicletta per arrivare il prima del possibile. Avete qualcosa di ‘mportante da dirmi?”. “Sì – rispose don Bastiano – ho un incarichino molto importante da affidarti. Ma prima di tutto, fammi vedere la baligia che hai portato -. Il giovane Pantisano uscì lesto dalla stanza e vi rientrò immediatamente con una Samsonite da 70 cm. e dalla capienza di 50 litri, che per rispetto dello zio (con i “don” non si sa mai) aveva lasciato fuori dall’uscio. “Questa bella baligia ora è vacante – disse il Capobastone -. Ma ti piacerebbe vederla piena di banconote tutte per te, e in più, diciamo tra due anni, da contrasto onorato che sei diventare uomo d’onore a tutti gli affetti?”.
Vincendo un mancamento per l’emozione Saveriuzzu rispose: “Bacio le vostre mani per l’onore che mi data, amato zio. Ma per avere tutto questo, cosa dovrebbi fare”? Il viso del don si fece improvvisamente più duro e mettendo una mano sulla spalla del nipote, chiese: “Tu lo sai usare un AK47’”. “Purtroppo no, ziuzzo: non ho mai avuto maniera di fare sperienza”. “Non ha ‘mportanza: – ribatté don Bastiano – nel giro di un paio di giorni te lo impara Ferryboat e tu sarai pronto per l’incarico che ti aspetta”.
“Ma, con rispetto parlando, – facendosi coraggio azzardò Pantisano junior – potrebbi a sapere di cosa si trattasse?”. “Te lo dichi subito: – rispose il Capobastone – quel gran figghio di una ‘ndprocchia ‘mpestata di Pepé Impertinenza, dopo dui anni di fidanzamento con mia nipote e tua cugina Mena Asprigna, figghia di mia sorella Clemenzia, l’ha lasciata per mettessi con Porzia Debordato, una grandissima zoccola che ‘nzegna lingua, e non farmi giungere altro, in un Liceo di Bovalino’”.
Ora Porzia chiangi e si dispera; non voli né mangiari né uscire fora da casa, E tua zia Clemenzia lo stesso. E io chi dovrebbi fari: – proseguì don Bastiano – tenermi l’affronto come un quaquaraquà qualsiasi? Ora, – continuò il capo ‘ndrina – i due vanno ad appartarisi tutte le sere per fari cose fetusi nella pineta ca si trova agli Scavi di Locri. Il tuo compito e farli fora tutta i due col mitragliatore che Anoressichio ti imparerà ad usari: così lo capiscono fino a Ventimiglia cosa significa mettersi contra don Bastiano Pantisano”. Detto fatto (e per una baligia di banconote anche di più).
Così, esattamente i quattro giorni dopo, La Stazione dei Carabinieri di Locri ricevette una telefonata anonima invitandoli ad andare alla pineta degli Scavi della cittadina dove avrebbero trovato “una machina con due trapassati a causa di una timpesta di foco”. Effettivamente i militari trovarono nel luogo indicato una Toyota Yaris Crivellata da proiettili e con due cadaveri: un uomo e una donna. Gli stessi trovarono anche due caricatori standard da 30 colpi ciascuno vuoti di AK 47 e quattro bossoli inesplosi della stessa arma da guerra.
Quando, felice come una Pasqua, Saveriuzzo si presentò orgogliosamente dallo zio, don Bastiano, dopo averlo abbracciato e lodato “per la grande ‘mpresa compiuta, che lavava l’onore della Famigghia”, gli consegnò nelle mani la sua Samsonite zeppa di banconote, poco mancò che il giovane Pantisano avesse un non onorevole svenimento. Ritirato il denaro e salutato lo zio Capobastone baciandogli entrambe le mani, con gli occhi pieni di lacrime, Saveriuzzo salì nella “500” che aveva ricevuto in prestito da un amico e la prima cosa che fece fu quella di recarsi a Reggio Calabria da cumpare don Aneto Zippola, unico referente della famiglia per il trasferimento sicuro dei quattrini all’estero.
Don Aneto, dopo averlo accolto con le formalità del caso prese la valigia, la svuotò e contò il contenuto banconota per banconota, Alla fine, dopo aver fatto rapidi calcoli al computer, si pronunciò: “Ho da dirti due cose giovane Pantisano, La prima è che questa baligia contiene Un miliardo novecentonovantanove milioni ottocentoottantamila virgola 96 lire”. A sentire la parola “lire” Saveriuzzo si stranì. “Ma non ci stanno più gli euro: sono tornate di moda le lire?” chiese con apprensione. “No, figghiuzzu queste sono lire libanesi. E la seconda cosa che ti devo dire è che il loro equivalente nella nostra moneta è venti euro”.
Questa volta Pantisano junior svenne sul serio e fu tempestivamente ricoverato agli Ospedali Riuniti per un ictus ischemico. D’altra parte, per quale ragione don Bastiano veniva soprannominato con timore “u vurpignu”, mentra a Saverio veniva riservato lo sprezzante appellativo di “u scimunitu?”.

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