L’acrilammide fu scoperta per caso in Svezia nel 2002 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Stoccolma in alcuni alimenti ricchi di amido. La stessa tuttavia era già conosciuta nell’industria tessile, nel settore petrolifero ed in quello della carta come legante, addensante e flocculante, dove era noto l’effetto neurotossico e cancerogeno sui lavoratori esposti. Il ritrovamento negli alimenti sollevò una grande questione ed un dibattito in tema di sicurezza alimentare.
Gli alimenti interessati dal fenomeno sono quelli ricchi di amido con contestuale presenza di alcuni aminoacidi, in particolare di asparagina, quando gli stessi vengono sottoposti a temperatura di cottura elevata, quali la cottura al forno, alla griglia, la frittura ed altre modalità ancora allorché si raggiunge o si supera la temperatura di 120 °C. Sono interessate tutte le tipologie di produzioni, sia quelle domestiche che le industriali, nonché le attività di ristorazione e di vendita. Il processo attraverso il quale si genera l’acrilammide si chiama reazione di Maillard, reazione chimica che avviene tra gli zuccheri e le proteine ed è responsabile della “doratura e della croccantezza” degli alimenti nonché del tipico odore e sapore di “abbrustolito”.
Le informazioni oggi in nostro possesso ci pervengono da studi su animali da laboratorio e dalla osservazione epidemiologica sull’uomo. Sulla base di tali ricerche è emerso che l’acrilammide introdotta spontaneamente con gli alimenti si deve categorizzare come probabile cancerogeno (Gruppo 2° IARC).
La presenza di acrilammide per i consumatori adulti si riscontra più frequentemente in alimenti fritti a base di patate, quali patate fritte a bastoncino, crocchette, patate arrosto; inoltre nel caffè e succedanei del caffè, nei biscotti, nel pane croccante e pane morbido e nei cracker. Non bisogna tuttavia sottovalutare la pizza e la pasta al forno nella condizione in cui la cottura ad alta temperatura comporta un evidente “abbrustolimento” del prodotto. Con riferimento agli alimenti consumati più frequentemente dai bambini, invece, il maggiore introito di acrilammide lo abbiamo con le patate fritte e, in misura minore, con biscotti, pane morbido, pane croccante e cracker. Fette biscottate ed i biscotti sono invece gli alimenti più a rischio per i più piccoli.
La Comunità Europea è intervenuta a disciplinare la materia con l’emanazione del Regolamento (UE) 2017/2158, al fine di limitare al massimo la presenza di acrilammide negli alimenti destinati ai consumatori. Certamente non basta la pubblicazione di una Legge o di un Regolamento per modificare un certo modo di operare inveterato nel settore alimentare, soprattutto se ciò coincide con particolari preferenze culinarie del territorio. Tuttavia, su questa materia deve prevalere la ragione ed il buon senso ispirati al principio imprescindibile di tutelare la salute della popolazione. Il Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione dell’ASP opera nell’ambito del controllo in questa materia partecipando alle attività di monitoraggio e controllo ufficiale sulla presenza di acrilammide negli alimenti, con l’esecuzione di campioni alimentari e verifiche ispettive, ma anche attraverso interventi preventivi volti a informare e formare gli operatori del settore allo scopo di ridurre il rischio di esposizione per la popolazione. Al tal fine è raccomandato per gli addetti a tipologie di attività quali pizzeria, rosticcerie, ristoranti e similari la preparazione degli alimenti evitando la cottura eccessiva con effetto “cibo abbrustolito”, soprattutto per i cibi ricchi di carboidrati.
Cosa sapere. La conservazione delle patate a temperature inferiori agli 8° C di solito ne aumenta i livelli di zucchero, il che potrebbe portare ad elevata concentrazione di acrilammide al termine della cottura; Mettere in ammollo le fette di patate (o altri formati similari) in acqua o in una soluzione di acido citrico può ridurre i livelli di acrilamide nelle patatine rispettivamente fino al 40% o al 75%.
Temperatura e durata. La temperatura di solito aumenta i livelli di acrilammide nelle patate fritte più del tempo di cottura; la frittura sopra i 175 ° C può portare a un notevole aumento dei livelli; Alcuni test effettuati sulla funzionalità delle friggitrici ad aria calda indicano che le stesse producono oltre il 30-40% di acrilammide in più rispetto alle normali friggitrici a olio; Il caffè a tostatura più chiara contiene generalmente più acrilammide di quelli a tostatura media o scura (cioè tostati più a lungo), il che può aumentare l’esposizione media del 14%;I succedanei del caffè a base di cicoria generalmente contenevano in media sei volte più acrilammide (3mg/kg) dei succedanei a base di cereali (0,5 mg/kg); I prodotti fritti a base di pasta di patate (comprese patatine e snack) contengono in genere il 20% in meno di acrilammide (338μg/kg) rispetto a quelli ottenuti da patate fresche (392μg/kg).
Cucina casalinga. Per evitare l’acrilammide non basta acquistare prodotti biologici o caratterizzati da altre certificazioni alimentari, come quelli senza glutine o i prodotti integrali. Anzi, in quest’ultimo caso la produzione di acrilammide in cottura è accentuata; La stessa sostanza si forma in modo del tutto naturale durante la cottura dei prodotti amidacei contenenti zucchero e l’amminoacido asparagina, come patate, cereali, caffè, pane, pizza, biscotti e fette biscottate. Si sviluppa quando la cottura avviene a temperature superiori ai 120 gradi, come accade durante la frittura, la cottura al forno e alla griglia. Un alto contenuto di asparagina, 100 volte in più della farina di frumento, è presente soprattutto nelle patate, ragione per cui queste ultime possono sviluppare quantità elevate di acrilammide; Quindi, occorre evitare il consumo di patatine fritte croccanti e marroni e altri prodotti fritti a base di patate poiché questi alimenti aumentano l’esposizione alimentare mediamente del 64% (per i forti consumatori anche dell’80%); Lasciare le patate pronte per la frittura in acqua per circa 30 min riduce sensibilmente il contenuto di amido e, di conseguenza, dell’acrilammide. Ancora meglio se l’ammollo avviene aggiungendo estratto di tè verde per 1 minuto prima di cuocere le patate al forno o di friggerle (1 g di estratto per litro di acqua): l’acrilammide si riduce del 62%; Le patate vanno conservate a temperature superiori agli 8 °C. Le temperature inferiori invece favoriscono lo sviluppo di zucche riducenti e quindi di acrilammide con la cottura ad alte temperature; Aumentando il tempo di tostatura del pane, proporzionalmente aumenta il contenuto di acrilammide: tostare per cinque minuti invece di tre può aumentare il contenuto da 31 μg/kg fino a 118 μg/kg, a seconda del tipo di pane e temperatura del tostapane. Il consumo di pane ben abbrustolito aumenta l’esposizione alimentare media complessiva solo del 2,4%. Evitare la rosolatura della pasta al forno adottando temperatura di cottura non eccessivamente alte; Controllare sempre il colore durante la cottura, gli alimenti devono risultare dorati e non marroncini; Prediligere una lievitazione più lunga, i lieviti si nutrono degli zuccheri che si formano in seguito alla scissione dell’amido della farina. In questo modo diminuisce la quantità di zuccheri riducenti responsabili della formazione di acrilammide; Quando si prepara una panatura aggiungere un 3% di foglie di tè verde al pangrattato: l’acrilammide diminuisce del 50% circa; Prediligere cotture più lunghe ma a temperatura più basse. L’acrilammide si forma più velocemente a temperature superiori a 180°C.
*Direttore f.f. della Unità Operativa di Igiene degli alimenti e della Nutrizione dell’ASP di Catanzaro.
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