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Omicidio Francesco Vangeli, il dolore di mamma Elsa: «Non ho neanche un corpo su cui piangere» – FOTO E VIDEO

Il 9 ottobre di sei anni fa fu ucciso per la relazione con una ragazza, poi rimasta incinta. L’appello della madre: «Voglio sapere se è sua figlia»

Pubblicato il: 09/10/2024 – 17:37
Omicidio Francesco Vangeli, il dolore di mamma Elsa: «Non ho neanche un corpo su cui piangere» – FOTO E VIDEO

VIBO VALENTIA «Quel giorno mio figlio mi salutò, mi disse “torno subito”. Ma non è più tornato». A 6 anni di distanza dall’omicidio di Francesco Vangeli, mamma Elsa ricorda in lacrime il figlio ucciso a San Giovanni di Mileto il 9 ottobre 2018. Aveva solo 26 anni quando venne attirato in una trappola, ucciso e gettato nel fiume Mesima ancora vivo. Secondo gli inquirenti, sarebbero stati Giuseppe e Antonio Prostamo, entrambi condannati a 17 anni (in via definitiva) e a 29 anni (in appello), che si sarebbero poi disfatti del cadavere. Alla base dell’omicidio la relazione di Francesco con una donna, che contemporaneamente avrebbe portato avanti una storia con Antonio Prostamo. «Non era una relazione sana» racconta mamma Elsa. «Lo vedevo sempre sofferente, aveva anche ricevuto minacce, ma non lo diceva». Poi la svolta: «Lei rimase incinta, non si sa di chi. Ancora oggi non sappiamo se la bambina è la figlia di Francesco».

Il giorno dell’omicidio

Fino al cruento omicidio avvenuto il 9 ottobre di sei anni fa. «Ricordo tutto di quel giorno, già dalla mezzanotte capì che la mia vita era cambiata. Francesco rispondeva sempre al telefono. Ho provato tante volte a chiamarlo, ma ad un certo punto non squillava più. Ho capito che era successo qualcosa di brutto» afferma al Corriere della Calabria mamma Elsa. «La mattina sono andata a cercarlo un po’ dappertutto in auto insieme a mio marito. Poi, avendo saputo della macchina bruciata, si è capito che lui non era scomparso e che non c’era più niente da fare». Francesco si era invece recato, la sera prima, a San Giovanni di Mileto, dai Prostamo, «per prendere le misure di un tavolino. Invece avevano già programmato tutto per ucciderlo». Da allora, mamma Elsa vive un dolore atroce. «A distanza di sei anni posso dire che il dolore è sempre quello, anzi più passa il tempo più realizzi che quella sedia rimarrà vuota, quel letto rimarrà sempre in quel modo, che non ci saranno più le feste come Natale e Pasqua come prima».

La vicinanza di Vincenzo Chindamo e Matteo Luzza

All’incontro, organizzato da Libera Vibo Valentia presso l’istituto ITG-ITI-ITE, diretto da Maria Gramendola, hanno partecipato anche il referente regionale Giuseppe Borrello e Francesco Donnici dell’UniMi, che hanno presentato il dossier sugli scomparsi di mafia, le vittime di lupara bianca nel Vibonese. A moderare l’iniziativa Francesca Pagnotta Nel pubblico, invece, Federico e Marco, fratelli di Francesco Vangeli, seduti in prima fila insieme a papà Valerio. «Un dolore che non passa mai» dice al Corriere della Calabria Federico. «Con questo evento abbiamo voluto ricordare la sua memoria anche perché incontri di questo genere sono importanti per far conoscere la storia ai ragazzi e, soprattutto, per far conoscere le dinamiche del territorio. Un territorio difficile ma che con i giusti consigli e con le giuste raccomandazioni si può migliorare». Vicini a mamma Elsa anche Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, e Matteo Luzza, fratello di Pino Russo. Insieme a lei condividono il dolore di un corpo mai ritrovato. «È importante l’azione che si fa insieme agli altri familiari vittime di mafia, ma anche con questo spaccato di popolazione che abbiamo qua giovane, attenta, reattiva, che inizia ad avere una consapevolezza piena di dover prendere parte ad un cambiamento a partire da questo» afferma Vincenzo Chindamo. «Leggo, nella loro attenzione, nei loro sguardi, nelle loro parole, una rabbia attiva. Forse oggi, anche in questo luogo, anche grazie a questa iniziativa, la giustizia sociale passa da qui a trasformare un territorio sotto il gioco della criminalità organizzata in un luogo di libertà».

Mamma Elsa: «Voglio sapere se è la figlia di Francesco»

«Un dolore che non si può rimarginare, più passa il tempo più la speranza di ritrovare il corpo è bassa» aggiunge mamma Elsa. «Ti laceri dentro ma non puoi fare nulla se qualcuno non decide di parlare». Quest’anno, sono arrivate comunque le condanne, una definitiva e un in appello, per Giuseppe e Antonio Prostamo. «Non si può dire che la giustizia non abbia fatto il suo corso, hanno sicuramente lavorato e si è arrivati a questa sentenza. Però non sono ancora molto soddisfatta, chi lavora dovrebbe anche mettersi nei panni dei familiari». Soprattutto, per Elsa resta il dubbio sulla bambina della ragazza di Francesco: «Io vorrei sapere se questa bambina è di Francesco o meno. Ho diritto di sapere nero su bianco se è sua, perché se lo fosse è come se Francesco rivivesse un po’ in lei. Sarei felice sapendo che qualcosa di lui è rimasto, invece così non ho niente. Io quando vado ai funerali mi viene sempre il pensiero che non ho un corpo su cui posare un fiore. Sono sei anni che non vado a un cimitero, perché non mi trovo, non so che cosa fare, perché mi sento un vuoto allo stomaco e il cuore mi fa male». (Ma.Ru.)

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