REGGIO CALABRIA Beni immobili frutto degli affari illeciti che arricchiscono i clan di ‘ndrangheta. Si tratta spesso di mega ville o terreni, simbolo di una potenza criminale nata da reati come usura, estorsione, riciclaggio e narcotraffico. Così i beni confiscati alla criminalità organizzata, luoghi simbolici, appunto, proprio per la loro valenza possono rappresentare un punto di ripartenza e rinascita di interi territori e comunità, attraverso il riutilizzo. A Reggio Calabria la nuova sede dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stata inaugurata lo scorso aprile dal ministro dell’Interno Matteo Pinatedosi in un immobile confiscato al defunto boss di ‘ndrangheta Rocco Musolino, detto il “re della montagna”.
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Ma il riutilizzo non sempre, tuttavia, avviene. Il fenomeno è dettagliatamente analizzato nel report di Libera “La Calabria, le Calabrie, storie di illegalità, percorsi di impegno”, in cui viene rilevato come in molti casi in particolare gli enti locali non riescano a garantire un tempestivo riutilizzo degli immobili sebbene siano stati trasferiti al loro patrimonio indisponibile, ossia quello appartenene allo Stato, alle Province o ai Comuni, al termine di un articolato iter burocratico dal momento del sequestro fino alla destinazione. La classificazione è in due categorie, da una parte i beni in gestione quando sono sottoposti a confisca anche se non definitiva in quanto ancora in attesa di giudizio a seguito di impugnazione o ricorso. Dalla confisca di secondo grado, i beni passano nella gestione diretta dell’Agenzia nazionale, fino a quel momento, sono gestiti da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale. Ci sono poi i beni destinati, quando l’iter legislativo giunge al termine. Di questa categoria fanno parte i beni trasferiti ad altre amministrazioni dello Stato, per finalità istituzionali o usi governativi, o ai Comuni (o alle Regioni, alle città metropolitane o alle Province), per scopi sociali. La destinazione non implica automaticamente l’avvenuto riutilizzo sociale.
Dall’estrazione dei dati dalla nuova piattaforma di ANBSC, la Piattaforma Unica delle Destinazioni (effettuata a settembre 2024), – rileva il report di Libera – in Calabria ci sono 1676 immobili in gestione presso l’Agenzia e 1954 già destinati a pubbliche amministrazioni e soggetti del mondo del non profit e della cooperazione sociale. Come riportato sulla Piattaforma, In considerazione delle attività di re-ingegnerizzazione del processo di destinazione e contestuale rinnovo dell’apparato web, al momento i dati relativi alle destinazioni dei beni potrebbero essere sottostimati. I numeri – viene spiegato si riferiscono alle particelle catastali singole e non all’intero bene o all’intera unità immobiliare: nella maggior parte dei casi, infatti, un terreno e un appartamento sono formati da più particelle che rappresentano per l’Agenzia più beni confiscati. Numeri che rappresentano inoltre un dato storico a partire dal 1982 in seguito all’approvazione della Legge 646, conosciuta come legge Rognoni-La Torre. Dai dati emerge che il numero delle aziende confiscate è in linea con la presenza di immobili: 255 aziende sono in gestione presso l’Agenzia Nazionale, mentre 164 sono già state destinate verso processi di liquidazione o vendita. Ad oggi, in tutta Italia Libera ha censito 1065 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti Locali, in ben 18 regioni su 20, in 383 comuni. Nelle regioni del Nord Italia ci sono 250 esperienze, che scendono a 74 nel Centro del nostro Paese; il Sud, invece, ha generato 741 esperienze di riutilizzo pubblico e sociale di beni confiscati alle mafie e ai corrotti. In Calabria ci sono 149 esperienze di riutilizzo sociale, portate avanti da cooperative sociali, associazioni non profit, gruppi scout e parrocchie.
Secondo i dati presenti all’interno del report “RimanDATI” sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati – promosso da Libera in collaborazione con il Gruppo Abele, il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e il contributo di ISTAT – in Calabria, su 133 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati (in totale sono 1870 i beni destinati), il 50% non pubblicano l’elenco sul loro sito internet.
Maglia nera alla Provincia di Vibo Valentia dove su 20 comuni destinatari di beni confiscati, ben 13 non pubblicano l’elenco; non meglio la fotografia per i comuni della Provincia di Crotone dove su 11 comuni sono 6 quelli non pubblicano elenco, segue la Provincia di Cosenza con 7 comuni che non pubblicano sui 19 complessivi e la Provincia di Reggio Calabria con 33 comuni che non pubblicano sui 67 destinatari di beni confiscati. Per i comuni della Provincia di Catanzaro su 16 comuni, la metà sono inadempienti.
Su scala nazionale la regione Calabria con un ranking regionale pari a 65.9 è al di sotto della media insieme ad altre 8 regioni: Abruzzo, Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Veneto.
E se i dati non sono positivi, l’impegno di Libera è ancora più forte. La quarta edizione di “RimanDATI” prende infatti il via da una iniziativa: «una guida che possa essere un sostegno alla giusta compilazione dell’elenco dei beni confiscati da parte degli enti locali. Grazie alla collaborazione con Istat, alla fine della guida sono inserite anche delle note aggiuntive, per lavorare sull’elenco con l’obiettivo di migliorare la rilevazione statistica e l’incrocio tra i diversi dataset locali. Insieme ad Anci, sulla scia di un protocollo di collaborazione firmato a luglio 2024, organizzeremo momenti di formazione specifici con le amministrazioni locali: entrare in contatto con chi, tutti i giorni, si interfaccia con la macchina burocratica del nostro Paese, è la chiave di volta per portare il tema del riuso pubblico e sociale in un punto più alto». (m.ripolo@corrierecal.it)
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