Secondo la definizione fornita dall’Istituto Superiore di Sanità le malattie rare sono un cospicuo ed eterogeneo gruppo di patologie umane (circa 7.000-8.000) che sono definite definite tali per la loro bassa diffusione nella popolazione. Il target è non più di 5 casi ogni 10.000 abitanti. Tuttavia, nel loro insieme, le malattie rare costituiscono un significativo problema sanitario e coinvolgono milioni di persone in tutto il mondo. I dati indicano come l’80% di queste patologie abbia origine genetica, il restante 20% è costituito da malattie multifattoriali derivate da una suscettibilità individuale o da altri fattori (ad esempio, alcuni fattori ambientali, alimentari) oppure dall’interazione tra cause genetiche e ambientali.
Sebbene siano numerose e diversissime le malattie rare condividono alcuni aspetti, dalla difficoltà del paziente di ottenere una diagnosi appropriata e rapida alla disponibilità o meno di cure, dall’andamento spesso cronico-invalidante agli effetti individuali, familiari, sociali ed economici della malattia. Ogni sistema sanitario si è attrezzato per affrontarle ed in Italia dal 2001 sono stati istituiti la rete nazionale dedicata alla prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia delle malattie rare oltre che il registro nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità, perle patologie inserite nell’elenco è riconosciuto il diritto all’esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni di assistenza sanitaria (Il ticket).
A cascata, tenendo conto delle competenze ripartite, i sistemi sanitari regionali sono chiamati a gestire i pazienti affetti da malattie rare predisponendo quanto necessario per rendere concreti accesso alle cure ed assistenza.
La Calabria ha avviato il proprio percorso ed alcuni importanti provvedimenti consentono di dire che – finalmente – si va verso risposte coordinate e potenzialmente in grado di invertire una storica tendenza verso la migrazione sanitaria. La giornata organizzata presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro ha avuto come obiettivo il confronto sull’organizzazione e sulla gestione delle malattie rare alla luce del nuovo piano nazionale.
«Parliamo di malattie rare – sottolinea l’ex rettore e farmacologo Giovanbattista De Sarro – ma non dobbiamo dimenticare che sono patologie comunque frequenti. Oggi possiamo dire di avere a disposizione molti farmaci con la ricerca che ha fatto davvero tanti progressi, c’è tuttavia una difficoltà che riguarda la necessaria interlocuzione tra i medici di medicina generale, i pediatri libera scelta e i centri regionali che si occupano di malattie rare. La Calabria è una regione che su questa tematica ha iniziato a lavorare da meno tempo anche se in alcuni casi l’impegno va avanti da tanto tempo, la professoressa Daniela Concolino – ad esempio – se ne occupa dal 1985». «Ciò che abbiamo voluto fare organizzando questa giornata di incontro e confronto – aggiunge De Sarro – è sottolineare come vi sia la possibilità di migliorare il percorso per i pazienti affetti da malattie rare e per le loro famiglie, ci sono necessità che devono essere oggetto di attenzione e tutti dobbiamo contribuire, fare rete ed organizzare le risposte».
La giornata sottolinea ulteriormente il ruolo dell’Università. «Certamente sì perché è formativa non solo per la componente assistenziale ma soprattutto per la ricerca». «Seguire pazienti con patologie rare – aggiunge De Sarro – significa anche sviluppare la ricerca su una patologia e migliorare contestualmente l’assistenza. Tra l’altro abbiamo anche visto tante volte come i centri per le malattie rare che sono nati possono diventare importanti centri di ricerca per una determinata patologia. Pensiamo alle talassemie che sono molto comuni nell’Italia meridionale, la Regione Sicilia ha dimostrato che esistono dei centri nati per curare queste e altre patologie e che naturalmente nascono ed operano laddove si fa scienza». La citazione della Sicilia non è fatta a caso, nella giornata organizzata a Catanzaro uno dei profili contenutistici era infatti proprio il confronto tra le regioni del mezzogiorno, «in questi anni abbiamo sempre preferito il confronto con regioni del Meridione proprio perché condividiamo le problematiche. Il confronto è utilissimo, chi affronta prima queste problematiche diventa guida ed esempio per le altre regioni, vale sia in una prospettiva positiva che – ovviamente – in quella negativa». (redazione@corrierecal.it)
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