LAMEZIA TERME «È una cosa che mi porto da 30 anni. Ma io sono innocente». Condannato all’ergastolo, Michele Iannello continua a dichiararsi estraneo all’omicidio di Nicholas Green, il bambino di 7 anni ucciso il 29 settembre del 1994 mentre viaggiava insieme alla sua famiglia lungo la Salerno-Reggio Calabria, nei pressi dello svincolo di Pizzo. Quella sera, intorno alle 22, una raffica di proiettili ha colpito la Y10 su cui viaggiava la famiglia Green, in viaggio verso la Sicilia per vacanza. Per il tragico omicidio sono stati condannati in via definitiva Francesco Mesiano a 20 anni e Michele Iannello all’ergastolo, entrambi vicini all’ambiente ‘ndranghetista di Mileto. Iannello, negli anni successivi, è diventato collaboratore di giustizia, confessando omicidi, aggressioni, truffe, ma dichiarandosi sempre innocente per il caso di Nicholas Green. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’auto della famiglia Green sarebbe stata scambiata per quella di un gioielliere, reale obiettivo della ‘ndrangheta vibonese. Una versione mai confermata da Iannello e Mesiano, che da 30 anni continuano a ribadire la loro innocenza.
Sul caso si è tornati a discutere pochi giorni fa anche in aula nel processo Maestrale Carthago, in via di svolgimento nell’aula bunker di Lamezia Terme. Il collaboratore di giustizia Michele Iannello, incalzato dagli avvocati Michelangelo Miceli e Luca Cianferoni, ha ribadito la sua innocenza affermando di essere stato «incastrato». Iannello riferisce di un incontro avvenuto a casa sua con Roberto Piccolo, durante il quale, secondo gli investigatori dell’epoca, avrebbe ammesso l’uccisione di Nicholas Green: «Era tutto organizzato per incastrarmi» racconta all’avvocato. «Lui è venuto lì e stavamo parlando, mi aveva chiesto a me che voleva la droga, è venuto con la scusa di… che a me non è mai piaciuto spacciare droga. Nel frattempo, suona il telefono, io rispondo ed era una donna sposata, che io avevo una relazione». La donna avrebbe invitato Iannello ad ammettere l’omicidio del bambino: «Io gli ho detto: “Ma come ti permetti?”, e chiudo il telefono. Poi io gli dico a Piccolo, che era seduto con me: “Ma lo sai che mi ha chiamato al telefono e mi ha detto che il bambino l’ho ucciso io”. Loro allora cosa hanno fatto? Hanno intercettato la cosa e l’hanno modificata come hanno voluto loro, e mi hanno condannato all’ergastolo da innocente».
Per il collaboratore, dunque, quell’intercettazione «l’hanno falsificata, non so che cosa hanno fatto, perché questa frase che io l’ho ucciso non l’ho mai detta». Per l’avvocato Cianferoni, però, quanto riferito da Iannello si scontrerebbe con un verbale di interrogatorio del 1995, quando lo stesso collaboratore, dopo aver sentito la registrazione, avrebbe detto: «Effettivamente la frase che ho appena ascoltato ha il significato che mi è stato contestato, tuttavia non so spiegare che cosa stavo dicendo». «Qui – incalza l’avvocato – c’è scritta una cosa, oggi lei ne dice un’altra». Ma il collaboratore di giustizia, in aula, ribadisce nuovamente di aver già raccontato la situazione già allora. «Non mi do una spiegazione perché io sento quella cosa lì, perché il discorso è andato come ho detto adesso io». Iannello smentisce anche di aver accusato il fratello per l’omicidio di Nicholas Green: «Non l’ho accusato, pensavo che è stato lui, ma non è che l’ho visto». Anche sui motivi dell’omicidio non si sbilancia: «Se io sono innocente su questa cosa qui come faccio a sapere perché è morto il bambino se io sono all’oscuro di tutto? Io ho preso l’ergastolo da innocente, non c’entro nulla».
Già nel 2017 Iannello aveva scritto una lettera e inviata, con una richiesta di grazia (poi respinta), al presidente Mattarella: «Mi stringo ancora al cuore di quei genitori del piccolo Nicholas che piango, ora capendo da padre, quanto dolore possano avere, ma giuro sui miei figli, io non sono stato a uccidere quel piccolo innocente. Ogni giorno è nei mei pensieri». Anche Francesco Mesiano, condannato a 20 anni, ha scritto pochi giorni fa, in occasione dei 30 anni dall’omicidio di Nicholas Green, una lettera pubblicata dall’Ansa in cui ribadisce la sua innocenza. Reginald Green, padre del bambino ucciso, commentò così la richiesta di grazia di Iannello: «Non abbiamo mai cercato vendetta solo l’applicazione della legge. Ma l’uomo che guidava, condannato a venti anni di carcere, ha scontato la pena e ora è libero. Quello che ha sparato il colpo è diventato un collaboratore di giustizia, ha ottenuto gli arresti domiciliari, ha avuto due figli, una vita buona. Lascio agli italiani il compito di decidere se questa è una punizione sufficiente per aver ucciso un bambino innocente». (Ma.Ru.)
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