COSENZA Dopo le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Mattia Pullicanò, in aula bunker a Lamezia Terme fa capolino (in videoconferenza) il pentito Angelo Colosso, dal 2010 ha scelto di chiudere con il passato criminale. L’odierna udienza del processo “Reset” prosegue partendo dall’esame del testimone sostenuto dall’accusa rappresentata in aula dal pm della Dda di Catanzaro Vito Valerio.
Angelo Colosso faceva parte del clan “Lanzino-Ruà”, si occupava di traffico di droga e di omicidi. Del suo gruppo facevano parte «Mario Gatto, Gianluca Marsico, i fratelli Michele e Umberto Di Puppo, Adolfo D’Ambrosio (si occupava di estorsioni nella zona di Rende dove abitava)». Dopo aver ripercorso il curriculum di alcuni soggetti legati ai gruppi criminali cosentini, Colosso ricorda il rapporto avuto con Carlo Drago. «Ho condiviso la stessa cella, lo conosco perché cognato di Franco Pino. Ricordo che pagava 20mila euro all’anno a Francesco Patitucci – come se fosse una estorsione – per ottenere l’autorizzazione ad installare i videogiochi nelle strutture». Il racconto prosegue e il collaboratore cita Andrea Reda, «sapevo che aveva su Corso Mazzini una ditta dove c’erano le macchinette, in una traversa». I due «condividevamo una società». Ricordi parziali, invece, quelli riportati dal pentito su Mario Gervasi e il suo presunto coinvolgimento negli affari sulle slot.
L’avvocato Mario Ossequio interviene per la posizione di Andrea Reda. Come fa a conoscere la presenza di una sede su Corso Mazzini? «Ci sono passato, ma non sono entrato. Qualcuno mi disse che lì c’era questo magazzino dove avevano tutte le macchinette». (f.b.)
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