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INCHIESTA KEU

‘Ndrangheta, il business dei rifiuti conciari: 24 imputati e 60 parti civili

Udienza preliminare al Tribunale di Firenze. Coinvolti soggetti legati alle cosche Gallace e Grande-Aracri

Pubblicato il: 18/10/2024 – 17:35
‘Ndrangheta, il business dei rifiuti conciari: 24 imputati e 60 parti civili

FIRENZE Inquinamento ambientale, traffico di rifiuti pericolosi e associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa. Sono questi alcuni dei reati contestati dalla procura di Firenze a 24 persone e 6 aziende per le quali ha chiesto il rinvio a giudizio, coinvolte nell’ambito dell’inchiesta svolta dal Comando regionale carabinieri forestale della Toscana insieme al Nucleo operativo ecologico di Firenze sugli scarti dei rifiuti conciari del comprensorio del cuoio di Santa Croce sull’Arno (Pisa), detti Keu, ossia “ceneri derivanti dall’essiccazione dei fanghi conciari”, non adeguatamente bonificati e quindi assai inquinanti che, secondo l’accusa, sarebbero stati affidati ad aziende collegate alle cosche di ‘ndrangheta e utilizzati in grandi appalti pubblici con un concreto pericolo di contaminazione del suolo e delle falde. L’udienza preliminare si è tenuta oggi al tribunale di Firenze davanti al giudice Gianluca Mancuso. Circa sessanta cittadini e enti, tra cui Legambiente Toscana, Enpa, Libera Toscana, Movimento Consumatori Toscana, sono stati ammessi come parti civili.

8 mila tonnellate di scarti

Secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbero state circa 8mila le tonnellate di Keu (contenenti cromo3) destinate quali inerti nel riempimento di nuove infrastrutture, come ad esempio il V lotto della Sr 429 Empolese-Valdelsa. Non solo, questi scarti sarebbero stati destinati anche ad altri cantieri o siti come, ad esempio nell’aeroporto militare di Pisa (poi bonificato), in un terreno di recupero ambientale a Massarosa (Lucca), nella zona del Green Park a Pontedera (Pisa) e nella strada provinciale 26, nel territorio comunale di Montaione (Firenze).
Un sistema che, sempre secondo l’accusa, avrebbe visto coinvolti attivamente imprenditori, amministratori locali e politici regionali, insieme a soggetti legati alle cosche Gallace e Grande-Aracri. Nella stessa inchiesta è finita anche la gestione del depuratore di Aquarno, destinatario di finanziamenti pubblici, che sarebbero dovuti servire a ridurne l’impatto ambientale.
Una vicenda emersa nel 2021 grazie alle segnalazioni all’Arma dei Carabinieri da parte di alcuni cittadini e cittadine, che hanno denunciato il sospetto e sistematico sversamento di liquami dal depuratore sotto indagine.
Nel corso dell’udienza di oggi, il gup ha respinto le richieste risarcitorie avanzate nei confronti delle aziende che rispondono di responsabilità amministrativa e ha rinviato all’udienza del prossimo 13 dicembre per decidere sull’ammissione dei responsabili civili.

«Processo fondamentale»

«Si avvia oggi un processo di fondamentale importanza per la nostra regione – dichiara Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana – perché ottenere verità e giustizia su uno dei casi più gravi di inquinamento ambientale della nostra storia recente, è un obiettivo statutario di rango prioritario per la nostra associazione. Ci auguriamo, altresì, che si possa procedere nel modo più celere ed efficace possibile alla rimozione degli agenti inquinanti (e quindi alla bonifica) di tutti i siti interessati dall’illecito smaltimento».

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