Inquietante e tipicamente italiana la vicenda dell’hacker Carmelo Miano, 24 anni, siciliano, incastrato a Roma dalla telecamera piazzata nel suo computer dalla Procura di Napoli che lo ha preso con le mani nella marmellata informatica.
Attenzione a non scambiarlo per un allegro smanettone come qualche media l’ha frettolosamente definito.
Siamo nel cuore di quel dark web ben descritto da Nicola Gratteri nel suo ultimo libro con Antonio Nicaso “Il Grifone” e non mi sembra casuale che il capo della procura napoletano abbia incastrato il giovane mago dell’informatica.
Miano è stato capace di violare la difesa informatica del Ministero della Giustizia acquisendo dati ingenti e le password di 46 magistrati italiani, compresa quella di Gratteri. Non ha fatto solo questo perché ha anche rubato milioni di dati a Tim e violato la rete di Telespazio gestita dalla Guardia di Finanza.
Miano era già un “sospettato” dal 2021 in un’inchiesta delle Fiamme Gialle che lo ha ritenuto presunto gestore di dark web capace di poter permettere in quella zona franca il mercato clandestino di droga e armi.
Ma la nuova inchiesta ha anche sequestrato al giovane siciliano 6 milioni e 298.000 euro in bitcoin che sarebbe interessante sapere da che affari provengono. E per tornare al “Grifone” di Gratteri in quel libro si legge, guarda le coincidenze, che «la scoperta delle criptovalute ha aperto lucrose e inattese prospettive. Se si pensa che nel 2022 il volume delle transazioni illecite ha raggiunto il record di 20,6 milioni di euro».
Miano che lavora per una multinazionale giapponese informatica (estranea ai fatti) ha scelto come avvocato Gioacchino Genchi, già mago dell’informatica poliziesca e celebre come consulente delle inchieste calabresi di Luigi De Magistris. La strategia difensiva verso il suo assistito, che si trova in carcere, è che il giovanotto era solo “ossessionato” dalle indagini a suo carico e non ha voluto creare nessun danno alle reti che violava. Solo un «giovane sprovveduto» secondo Genchi e le ultime notizie riportano che durante l’inchiesta Miano avrebbe offerto le sue competenze al FBI, all’Aisi e alla Polizia Postale. Dissimulazione? O doppogiochismo da accertare? Gratteri ha visione diversa considerato che dopo l’arresto di Miano ha affermato: «Ha creato una banca dati per migliaia di file, anche di criminalità organizzata. Possibile che abbia agito su commissione». Il dato rilevante è che la Procura di Napoli ha capito che era spiata in questa delicata indagine e Miano è rimasto con un pugno di mosche in mano. Si dice che gli inquirenti abbiano evitato la spiata informatica di dati sensibili comunicando solo a voce e con messaggi scritti a mano ed evitando anche di usare WhatsApp.
Un dato è certo. La mail di Gratteri violata era solo una specie di trappola per l’allodola hacker e quella “piena” è rimasta lontana da Miano. Sulla ricostruzione dei fatti il Giornale ha scritto che dal magistrato calabrese «ci si sarebbe aspettata maggiore attenzione sulle password da usare». Critica debole considerato che verosimilmente Gratteri ha usato una mail civetta aperta solo per richieste di interviste, partecipazioni a convegni, circolari ministeriali e alla fine l’hacker è finito in gattabuia con i suoi misteri.
Genchi, che di informazioni captate è esperto, sostiene che la rete informatica giudiziaria italiana è molto debole e facilmente penetrabile.
Giovedì a Napoli per un convegno si è visto il guardasigilli Nordio che è stato avvicinato dai giornalisti locali per dichiarazioni sulla clamorosa inchiesta napoletana. Il ministro ed ex magistrato ha detto: “Sono riusciti ad hackerare persino il Cremlino. Oggi la tecnologia avanza, non solo le organizzazioni criminali, ma anche i dilettanti sono in grado di bucare le reti, finché non si trovano i sistemi più appropriati e sicuri”.
Gratteri non era presente a Napoli, fuori Europa per missione di lavoro. Sull’inchiesta nei giorni scorsi il procuratore di Napoli aveva detto: «Dopo averlo criticato spesso, per la prima volta da due anni, ringrazio il ministro Nordio e l’ufficio di gabinetto del Ministero della Giustizia per averci seguito. Sì sono tenute più volte riunioni, perché loro erano i primi interessati». Rifletta meglio Nordio su uno dei mantra di Gratteri, quello che recita: «Oggi noi abbiamo bisogno di ingegneri informatici e di hacker che possano lavorare a fianco alla polizia giudiziaria. Siamo molto indietro dal punto di vista tecnologico. Nel corso di questi anni non si è investito come si doveva e quindi inseguiamo e siamo indietro rispetto a Stati come Francia, Germania, Olanda». In pratica portiamo i Miano dalla parte dei buoni e non lasciamoli alle forze del male.
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Dal punto di vista giudiziario invece sconfitta per Gratteri che vede una sua “preda” eccellente Domenico Tallini, presidente del Consiglio regionale e uomo della destra storica calabrese, definitivamente assolto in Cassazione dall’accusa di essere referente della cosca Grande Aracri “perché il fatto non sussiste”.
Ha detto Tallini al Foglio: «Il problema è che la politica, inseguendo il consenso dell’opinione pubblica, ha fatto a gara a chi faceva più antipolitica in Parlamento, finendo per attribuire più poteri alla magistratura». Un dibattito sempre attuale.
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Mezzo secolo di Confindustria in Calabria giustamente celebrati, mentre si consuma la vicenda Baker Hughes che ha abbandonato Corigliano-Rossano. Quale politica industriale ci chiediamo a Crotone, quella Stalingrado del Sud che doveva essere il punto di maggior sviluppo avanzato nelle politiche scelte negli anni Settanta. Oggi siamo in presenza di diversi ricorsi al Tar contro gli impianti di riconversione ecologica. Le autorizzazioni concesse all’inceneritore, ai gassificatori, alle pale eoliche in terra e mare, l’hub internazionale di rifiuti dell’Eni e le megadiscariche, le iniziative del generale Errigo non sono gradite alla popolazione. Non basta un tavolo di concertazione che neanche esiste. Il dissenso tra economia e ambiente merita di più.
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La buona notizia invece arriva dal Pollino. Al Ttg travel experience di Rimini l’hub turistico e culturale di Campotenese è stato premiato da Legambiente come uno degli operatori italiani più virtuosi in Italia per la promozione di un turismo responsabile, sostenibile e inclusivo. Il riconoscimento alla struttura guidata da Giovanni Gagliardi, Donato Sabatella, Sergio Senatore e Manuela Laiacona è stato assegnato per “la capacità di fare rete e offrire un luogo di cultura e incontro innovativo, mettendo a disposizione non solo informazioni turistiche, ma spazi di socialità, attività di educazione ambientale, laboratori artigianali, biblioteche e punti di ristoro e negozi dedicati alla tipicità territoriali”. Un esempio da tenere presente.
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Due libri di recente uscita che meritano attenzione. Vito Teti, da par suo, ha scritto per Donzelli “Il risveglio del Drago. Cavallerizzo: un paese mondo tra abbandono e ricostruzione”. Una accurata e minuziosa ricerca sul campo di una frazione di un piccolo paese devastata da una frana e che dopo due decenni ci mostra le complessità del mondo moderno e che affrontano l’inchiesta antropologica tra i due poli del “restare dentro” e del “restare vicino”. Torna in libreria anche il prolifico Carmine Abate con “L’olivo bianco” pubblicato nella raffinata collana “Il bosco degli scrittori” della casa editrice Aboca che da tempo gioca sul fascino che le piante esercitano sulla creatività e sui legami affettivi di affermati romanzieri. Anche questa volta non mancano in Abate la Calabria, l’emigrazione e un mistero da risolvere. E qui invece il dissidio è tra restare e andar via. (redazione@corrierecal.it)
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