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processo “propaggine”

‘Ndrangheta, da “circolo chiuso” al dialogo con la politica. «La dote della “santa” l’ha rafforzata»

Il racconto di Consolato Villani: dagli omicidi Fava e Garofalo all’evoluzione dell’organizzazione criminale: «Così è riuscita ad espandersi»

Pubblicato il: 20/10/2024 – 7:06
di Mariateresa Ripolo
‘Ndrangheta, da “circolo chiuso” al dialogo con la politica. «La dote della “santa” l’ha rafforzata»

ROMA Affiliazioni e doti, regole ferree che sono cambiate per permettere alla ‘ndrangheta di dialogare e fare affari con gli apparati deviati e corrotti dello Stato. «A cambiare tutto è stato il passaggio che ha permesso l’attribuzione della “santa”». Ad affermarlo è stato il collaboratore di giustizia Consolato Villani, classe ’76, appartenente alla famiglia reggina dei Lo Giudice, nel corso del processo “Propaggine” che si sta celebrando a Roma, scaturito dall’operazione che ha fatto luce sugli interessi della ‘ndrangheta nella Capitale e che vede alla sbarra esponenti della cosca Alvaro.

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Il racconto di Villani: gli omicidi dei carabinieri Fava e Garofalo, l’affiliazione e la “santa”

Rispondendo alle domande del pubblico ministero Giovanni Musarò, Villani, in carcere con una condanna definitiva per gli omicidi dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo avvenuti nel 1994, ha affermato: «Ho partecipato a quegli omicidi quando ero ancora minorenne e sono stato recluso nel carcere minorile di Catanzaro. Sono stato zitto perché ero plagiato, la regola era stare zitto, non fare l’infame e fare il carcere». E sulla sua famiglia di origine, i Lo Giudice, una delle più influenti a Reggio Calabria, Villani ha spiegato: «Sono nato in una famiglia di ‘ndrangheta. Io ero la ‘ndrangheta, sono cresciuto in una famiglia di ‘ndrangheta, sono stato cresciuto con le regole e con l’indottrinamento tipico delle famiglie ‘ndranghetiste e mi muovevo sotto l’ala protettiva della mia famiglia». Reati quelli commessi, e un silenzio in carcere, che gli hanno permesso di fare “carriera” in ambito criminale: «Quelle azioni mi hanno dato uno slancio per farmi raggiungere doti elevante», ha spiegato Villani, arrivato alla dote di “santista”. «La mia affiliazione – ha raccontato – è avvenuta dietro la spinta di Giovanni Chilà e Bruno Stilo, sempre appartenente alla famiglia Lo Giudice. Ma la mia vita è cambiata completamente dalla “santa” in poi». E rispondendo a una domanda del pm, Villani ha spiegato il concetto di “copiata”: «E’ una carta d’identità dello ‘ndranghetista, i tre nomi – dei capi dei tre mandamenti (ionico, tirrenico e centro) che deliberano quella dote».

L’evoluzione della ‘ndrangheta con la dote della “santa”

Una dote, quella della del “santista” istituita all’interno dell’organizzazione criminale in un momento ben preciso. Per quanto riguarda la struttura della ‘ndrangheta e le doti che formano la società minore e la società maggiore, infatti, il collaboratore ha parlato di una evoluzione, avvenuta intorno agli anni ’70: «Quando Paolo De Stefano ha creato questa dote, la santa, la ‘ndrangheta è cresciuta, perché gli ha permesso di entrare in contatto con le istituzioni. Prima la ‘ndrangheta in queste cose non poteva entrare. La “santa” – ha detto Villani – è la dote che ha rovinato le regole ferree della ‘ndrangheta. Prima nulla usciva da quel circolo chiuso. Dopo, con la santa, siamo stati messi nelle condizioni di poter dialogare con apparati istituzionali, servizi segreti deviati, poliziotti e carabinieri corrotti, con magistrati, che rappresentavano lo Stato e che dovevano essere contro la ‘ndrangheta. Una evoluzione attraverso la quale «la ‘ndrangheta si è rafforzata tantissimo: riuscendo a dialogare con la politica e grazie alla politica, e in parte alla massoneria, è riuscita ad espandersi sia in Italia che all’estero». (m.ripolo@corrierecal.it)

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