CATANZARO Un’operazione complessa e che ha avuto origine dalla denuncia da un interprete curdo-iracheno. L’uomo, infatti, racconta di aver ricevuto telefonate minatorie, in relazione alla sua attività di interprete, nelle quali gli veniva contestato di avere fatto arrestare suoi connazionali impegnati nel traffico dei migranti. È uno dei dettagli chiave dell’inchiesta “Levante” coordinata dalla Procura di Catanzaro e che, su ordine del gip, ha portato all’arresto di 13 persone, tutte accusate di appartenere ad una associazione, articolata in cellule presenti in Italia ed all’estero, i cui appartenenti, pur con compiti differenti, avevano l’obiettivo di far giungere i migranti in Italia, sfruttando la rotta marittima del Mediterraneo orientale e a farli espatriare verso la Francia e altri Stati del Nord Europa.
Le indagini, dopo la denuncia, si sono così concentrate su Tahsin Mhamed Andula, iracheno classe ’80 finito in carcere, indicato come possibile autore delle minacce. «Questo lavoro è pericoloso soltanto qua in Italia (…) qua è pericoloso, perciò, io non faccio niente, ti scoprono e ti arrestano; per questo lavoro è meglio la Francia, se vuoi andare in Francia fammelo sapere…». È proprio l’uomo – in una telefonata intercettata a maggio del 2022 – a far riferimento «alla sua ventennale attività nel traffico dei migranti, sottolineando che, nel solo anno 2014, aveva guadagnato ben 65.000 euro», annota il gip nell’ordinanza. Nella stessa conversazione l’uomo «esortava il proprio interlocutore a mantenere il massimo riserbo, rivendicando la responsabilità degli ultimi sbarchi censiti nel territorio di Crotone», riporta ancora il gip nell’ordinanza.
La posizione di Tahsin emerge anche dalla lettura della conversazione tramite WhatsApp del 13 aprile 2022, nel quale l’indagato si confrontava con una terza persona, «alludendo ad un trasferimento di migranti che il suo interlocutore ricordava», citando poi un’altra trasferta per la quale il profitto conseguito sarebbe stato di circa 100 euro per migrante. In un’altra conversazione WhatsApp, invece, Tahsin «alludeva al fatto che per raggiungere l’Italia era più praticabile la rotta libica e che tendenzialmente i migranti venivano portati al Cara di Isola Capo Rizzuto», annota ancora il gip nell’ordinanza. Come ricostruito nell’indagine, le conversazioni intercettate dalla pg sono tutte «gravide di riferimenti espliciti al trasporto di persone, al numero dei migranti da assistere, alle istruzioni di viaggio, nonché al timore di arresti e di controlli delle forze dell’ordine», riporta il gip nell’ordinanza. Migranti appellati con il termine criptico “piccioni”.
Le chat di Tahsin analizzate dalla pg avrebbero inoltre consentito di risalire ai contatti con un tale “Sirwan”, contatto situato in Grecia, poi identificato come Sabah Saeed Azeez, classe ’83, anche lui finito in manette nel blitz della Guardia di Finanza. È lui che, in una conversazione ambientale intercettata, affermava di «essere stato arrestato per detenzione di 5 passaporti e di avere trasportato migranti», annota il gip nell’ordinanza. Sirwan, dialogando con Tahsin, «rimarcava la sua attività di trafficante di migranti, percependo un utile di 4.500 euro a persona», riporta ancora il gip. L’uomo, inoltre, evidenziava che gli sventurati «venivano trasportati via mare da Rodi» e sottolineava, ancora una volta, di avere a disposizione dei passaporti, «monetizzando fino a 1.500 euro a documento». (g.curcio@corrierecal.it)
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