Questa è la nostra normalità (pezzo del 2010), quale emergenza. Siamo figli delle alluvioni, nonostante gli anni passino siamo sempre lì, al « non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali…I torrenti hanno una voce assordante». Forse ve lo proporrò l’anno prossimo questo pezzo, tanto sarà ancora attuale. Le vostre maledizioni a tutto e a tutti, tranne che a voi stessi, saranno freschissime e i rattoppi che si faranno fra un po’ le fiumare se li saranno portati via. Tutto è ormai incastrato in un ciclo che più che di destino sa di giorno della marmotta, di circo con ruoli e numeri che sono sempre uguali a se stessi. Non ci piacesse questo andazzo smetteremmo di chiedere a destra e a manca quale direzione prendere, sceglieremmo una strada tutta nostra. Il problema sta sempre là, non abbiamo mai avuto il coraggio di fare ciò che sappiamo giusto per noi e la nostra terra e abbiamo sempre dato potere ai signorotti locali affinché ci tracciassero il sentiero come se non sapessimo che le strade di lor signori saranno sempre di fango per noi e lastricate di marmo per le loro magioni. Abbiamo accettato ogni promessa, accolto ogni piano. Ci siamo fatti infinocchiare sulla via di un progresso che sapevamo bene non sarebbe stato il nostro. Le terre dovevamo chiedere, campi da arare e pascolare da padroni e non più da servi. E invece abbiamo accettato il pane del governo o dell’emigrazione. Ci abbiamo sputato sui nostri monti, sulle fiumare, sui boschi e gli arenili e questi ogni anno ci restituiscono la cortesia. L’abbiamo abbandonata la nostra terra e ora a ogni scroscio di cielo ci diventa liquida sotto i piedi. Cosa volevamo, che gli alvei si pulissero da soli, i boschi si rigenerassero per partenogenesi, le frane si auto sanassero…? O vogliamo che vengano da Roma a tapparci i buchi? Dove siamo quando ci costruiscono le strade, le ferrovie? Quando alluvioni di denaro finiscono nelle tasche solite? Giriamo il capo e riveriamo. Non gridiamo ora che l’Allaro, l’Ammendolea, la Verde e il Bonamico, l’Amato si arrabbiano. Più strilliamo e più soldi manderanno, a pioggia, ma sempre a vantaggio di lor signori, che con le emergenze si assegna tutto in urgenza, senza regole, come ai tempi dei pagghiari. A noi resteranno le alluvioni e le case di frasche e fango di Alvaro.
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