VIBO VALENTIA «C’è inconciliabilità tra i poteri mafiosi e il Vangelo, tra la fede nel Dio biblico e i malavitosi». Da don Italo Calabrò alla scomunica degli ‘ndranghetisti di Papa Francesco: uomini simbolo della lotta alla criminalità organizzata e tappe fondamentali che ricostruiscono il ruolo della Chiesa nel contrasto alle mafie. Un percorso non privo di «omissioni e inadempienze» da parte dell’istituzione religiosa, ma di cui «bisogna fare memoria» per far sì che questo non accada più. Dall’evento Contromafiecorruzione di Libera a Vibo, la Chiesa calabrese ribadisce il suo impegno nella lotta alla ‘ndrangheta, senza nascondere gli errori del passato, ma sottolineando il cambio di rotta confluito nella scomunica lanciata da Papa Francesco.
«Da parecchio tempo abbiamo costruito una coscienza contro la mafia, perché c’è inconciliabilità tra il Dio di Gesù e il Dio che spesso professano i mafiosi». Monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Cei e vescovo di Cassano Allo Ionio, ricorda come proprio in quella che sarebbe diventata la sua curia, il 21 giugno del 2014 Papa Francesco «lanciava una scomunica contro i malavitosi, contro gli ‘ndranghetisti perché disse che loro adorano il male. Questa adorazione diventa la loro religione». Un momento storico che, sottolinea Savino, segna una svolta per la chiesa. «Noi dobbiamo fare verità, dobbiamo rinunciare al politicamente corretto. E dobbiamo, dunque, ammettere che c’è stato un tempo che noi come chiesa siamo stati contigui, consociativi e omittenti. Questo ci ha fatto perdere di credibilità» ha ribadito monsignor Savino, sottolineando una serie di «contraddizioni e ambiguità» che la Chiesa ha avuto in passato.
Nel ricordare don Italo Calabrò, padre Pino Puglisi e don Peppino Diana, il vescovo invita preti e sacerdoti a «tornare a vivere le piazze e a tematizzare pastoralmente il fenomeno mafia, dobbiamo sporcarci le mani». Anche per opporsi all’uso strumentale che la ‘ndrangheta compie della religione per catturare il consenso delle persone. «La ‘ndrangheta è intelligente nel creare consensi. Noi dobbiamo vigilare, facendo capire a tutti che sono soltanto delle mistificazioni funzionali, delle strumentalizzazioni» continua Savino, che nel corso del suo intervento ha sottolineato anche la pericolosità del «triangolo isoscele» con al vertice ‘ndrangheta e massoneria e alla base «colletti bianchi e politici» che sostengono sistema.
Al fianco di monsignor Savino, anche il vescovo di Locri Francesco Oliva, don Pino Demasi, il giornalista Michele Albanese e don Giacomo Panizza, fondatore della comunità Progetto Sud. Anche per don Panizza il ruolo della Chiesa nella lotta alla ‘ndrangheta «non è giocato ancora al 100%. C’è ancora tanto da fare all’interno, discutendo proprio sui temi della dignità umana, della libertà e della partecipazione pubblica e anche politica. La Chiesa dovrebbe rilanciare questi argomenti». (Ma.Ru.)
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