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La fuga dei cervelli fa male all’Italia: -134 miliardi in 13 anni

Dal 2011 al 2023 emigrati circa 550mila giovani tra i 18 e 34 anni

Pubblicato il: 25/10/2024 – 12:16
La fuga dei cervelli fa male all’Italia: -134 miliardi in 13 anni

ROMA Negli ultimi anni, l’Italia ha vissuto una vera e propria emorragia di giovani talenti. Secondo uno studio presentato al Cnel dalla Fondazione Nord Est, il rapporto tra giovani che arrivano in Italia dai paesi avanzati e quelli che emigrano all’estero è allarmante: per ogni giovane straniero che si stabilisce nel nostro Paese, ben otto italiani scelgono di cercare fortune altrove. Questo fenomeno, che si è intensificato dal 2011 al 2023, ha portato all’emigrazione di circa 550mila giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. Le ragioni dietro questo esodo giovanile sono molteplici. Da un lato, vi è la ricerca di opportunità lavorative più allettanti all’estero, dove le condizioni di lavoro e le prospettive di carriera spesso risultano più favorevoli. Dall’altro, il sistema economico e sociale italiano presenta ostacoli significativi, tra cui una disoccupazione giovanile elevata, una burocrazia complessa e una mancanza di investimenti in settori innovativi. Il dato più preoccupante è il valore economico che rappresenta il capitale umano emigrato. Si stima che i 550mila giovani che hanno lasciato l’Italia abbiano un valore di circa 134 miliardi di euro. Questo ammontare non è solo una cifra, ma rappresenta il potenziale innovativo e creativo di una generazione che, in assenza di adeguate opportunità in patria, è costretta a cercare il proprio futuro altrove. «Il deflusso reale è tre volte più grande e alimenta la competitività e la crescita degli altri Paesi europei – ha spiegato  Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione Nord Est –. Nel movimento di giovani persone tra i Paesi europei l’Italia partecipa da grande fornitrice di persone ed è quindi fuori dalla circolazione di talenti perché è ultima per attrattività. È pericoloso continuare a cullarsi nella favola bella che facciamo parte di quella circolazione, perché vuol dire fingere che la bassa attrattività non esista. L’emigrazione dei giovani italiani non solo rende più difficile per le imprese la ricerca di persone da assumere ma accentua enormemente il mis-match tra domanda e offerta di competenze». Rispetto al resto d’Europa – evidenzia Forbes Italia – l’Italia è all’ultimo posto per capacità di attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 43% della Svizzera e il 32% della Spagna. Molti vanno via per ricercare migliori opportunità lavorative (25%), ma anche per studio e formazione (19,2%) e per cercare una qualità di vita più alta (17,1%). Il 10% invece è alla ricerca di un salario più alto. E accade soprattutto al Nord Italia, dove il 35% dei giovani residenti è pronto a trasferirsi all’estero. Secondo il rapporto, quasi l’80% dei expat è occupato, contro il 64% di chi è rimasto. «La scarsa attrattività dell’Italia per i giovani è una vera e propria emergenza nazionale, economica e sociale. Siamo entrati in una fase critica di carenza e fuga di giovani dal Paese. I giovani scarseggiano per le imprese, mancano nel sistema della Pa e mancheranno sempre di più in ogni ganglio vitale della vita civile ed economica dell’Italia. Insensibilità e immobilismo sono scandalosamente inaccettabili», ha commentato il presidente del Cnel Renato Brunetta.
L’Italia affronta una forte carenza di profili tecnici – sottolinea ancora Forbes – Eppure, il 58,2% di chi è andato a lavorare all’estero svolge ruoli che nel nostro Paese le aziende faticano a ricoprire: professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e semi-specializzati, personale senza qualifica. Il benessere percepito, la visione del futuro e la condizione professionale sono i fattori che spiegano perché il 33% degli expat intende rimanere all’estero, a fronte del 16% che prevede di tornare in Italia, principalmente per motivi familiari. Inoltre, il 51% dei professionisti all’estero è aperto a trasferirsi dove si presenteranno le migliori opportunità lavorative. È significativo che l’87% degli expat giudichi positivamente la propria esperienza all’estero. La ragione principale per cui decidono di non tornare in Italia è la mancanza di opportunità lavorative simili nel paese. A questa si aggiungono opinioni diffuse sulla scarsa apertura culturale e internazionale dell’Italia, oltre alla percezione di una qualità della vita superiore negli altri paesi.

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