CATANZARO Il personale sanitario in servizio negli ospedali italiani è un bersaglio mobile. L’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-Sanitarie raccoglie dati e denunce di aggressioni perpetrate nei confronti di medici, infermieri e Oss. In Calabria, solo negli ultimi mesi, si sono registrati episodi di violenza, come quello al pronto soccorso di Lamezia Terme, in cui un infermiere è stato minacciato per presunti ritardi nell’assistenza. Al pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, del 21 luglio dove un uomo ha aggredito un infermiere, al pronto soccorso del Gom di Reggio Calabria del 13 settembre 2024 dove una dottoressa è stata aggredita da un utente che pretendeva di essere visitato subito, all’ospedale Iazzolino di Vibo e a Soriano dove sempre nel mesi di aprile e di luglio 2024, si sono verificate aggressioni contro medici e infermieri, all’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone dove a luglio 2024 è stato aggredito un anestesista rianimatore. La recrudescenza degli episodi di violenza nei confronti di camici bianchi e infermieri ha costretto addirittura alla presenza dell’esercito a presidio del nosocomio vibonese.
Uil Calabria e Uil Fpl Calabria – guidate rispettivamente dai segretari Maria Elena Senese e Walter Bloise, hanno presentato stamane a Lamezia Terme il rapporto “Proteggere chi ci protegge“. In Italia, le aggressioni fisiche e verbali sono aumentate negli ultimi cinque anni, soprattutto a causa della carenza di personale e della disorganizzazione. Le aree sanitarie più a rischio includono i pronto soccorso, i reparti psichiatrici e le guardie mediche, dove si concentra la maggior parte degli incidenti. Per fronteggiare il problema, il governo ha recentemente approvato misure come l’arresto in flagranza differita.
Nel 2023, la Regione Calabria ha registrato 32 episodi di violenza contro gli operatori sanitari. Gli episodi, rilevati esclusivamente nel settore pubblico, hanno coinvolto in totale 39 operatori.
L’ultimo caso in Calabria, invece, si è verificato il 25 settembre scorso, quando un uomo è stato fermato e portato al commissariato di polizia, come evidenziato dal Corriere della Calabria, dopo un’aggressione verbale rivolta nei confronti di un infermiere del Pronto soccorso dell’ospedale di Lamezia Terme.
Come anticipato, per contrastare e prevenire il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario, l’esercito vigila sull’ospedale di Vibo Valentia. La decisione è stata presa dal prefetto Paolo Giovanni Grieco e rientra in un piano di rimodulazione dei servizi di vigilanza già operati dall’Esercito su obiettivi sensibili nel territorio vibonese nell’ambito dell’operazione “Strade sicure”. Nell’ospedale di Vibo, nei mesi scorsi, si sono verificati diversi casi di medici ed infermieri aggrediti da pazienti o da loro familiari. La vigilanza al pronto soccorso dell’ospedale Jazzolino era stata rafforzata anche dall’Azienda sanitaria provinciale.
Da Vibo a Reggio Calabria, presidi sanitari diversi ma stessa situazione. Il 18 novembre del 2023, con una violenza inaudita, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco Francesca Romeo, dottoressa in servizio presso la guardia medica di Santa Cristina d’Aspromonte (in provincia di Reggio Calabria). La donna si trovava in auto con il marito, anche lui medico. Stavano rientrando dopo il turno di notte in Guardia medica: i due coniugi sono stati avvicinati nella strada che porta da Santa Cristina a Taurianova.
Per la donna, originaria di Seminara, non c’è stato nulla da fare mentre l’uomo ha riportato una lieve ferita al braccio.
«Sono numeri non più tollerabili», dice al Corriere della Calabria Maria Elena Senese segretaria della Uil Calabria. «Abbiamo un aumento notevole negli ultimi cinque anni, la percentuale è arrivata al ben 38%. Solo in Calabria nell’ultimo anno abbiamo registrato 39 aggressioni nei confronti del personale sanitario». I dati riportati segnalano un numero consistente di episodi violenti registrati «in primis nei pronti soccorso, negli ambulatori ma anche nelle guardie mediche». Per Senese, «abbiamo dimenticato il periodo pandemico, dove abbiamo definito i medici e comunque tutto il personale sanitario degli eroi solitari e valorosi, quasi degli angeli». In Calabria – aggiunge la segretaria – «abbiamo una medicina territoriale destrutturata, manca un filtro prima di arrivare nei pronto soccorso. Che registrano tanti codici bianchi». Un aiuto arriva dal Pnrr. «Sono stati stanziati ben 122 milioni per le case comunità. Ci chiediamo che fine hanno fatto questi soldi e lancio anche una provocazione: qualora queste risorse venissero utilizzate, dove troveremmo le risorse umane da far lavorare nelle case comunità se già abbiamo un problema di organico che non riusciamo a risolvere attraverso bandi regolari? Quale la soluzione? «Occorre procedere velocemente con la detassazione del rinnovo contrattuale per garantire ai medici e agli infermieri, a tutto il personale sanitario, condizioni economiche e condizioni di retribuzione più adeguate». Infine, la chiosa. «In Calabria il 43% dei cittadini ha rinunciato alle cure proprio per indisponibilità economica».
La Uil, nel report, alla luce dei dati rilevati suggerisce la necessità di potenziare le misure di prevenzione, formazione e protezione del personale sanitario in Calabria, soprattutto nei settori più vulnerabili. Il rafforzamento della sicurezza e una sensibilizzazione della popolazione potrebbero contribuire a ridurre il numero di episodi di violenza. Sarebbe opportuno anche pensare di istituire un Osservatorio o un Comitato regionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio Sanitarie. Allo stesso modo vanno pensati sistemi di videosorveglianza e web cam da attivare a tutela degli operatori, sull’esempio di quanto in atto in alcune Aziende Sanitarie (l’Asp di Cosenza). (redazione@corrierecal.it)
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