ROMA Circa il 60% del pescato delle acque del Santuario dei Cetacei, lungo la costa della Toscana, è contaminato da PFOS (acido perfluorottansolfonico), un composto classificato come possibile cancerogeno appartenente al gruppo dei PFAS (composti poli e perfluoroalchilici, pericolosi per la salute umana). La stessa contaminazione non risparmia pesci e crostacei pescati nei mari della Calabria, sia nel versante del Tirreno che in quello ionico. Lo rivelano i dati che Greenpeace Italia ha ricevuto da Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, e da Arpa Calabria, dopo una richiesta di accesso agli atti. Queste evidenze, seppur relative a una sola molecola delle oltre diecimila appartenenti al gruppo dei Pfas, indicano una contaminazione fuori controllo che espone i consumatori a queste pericolose sostanze attraverso il consumo di pescato.
In un cefalo alla foce del fiume Bruna a Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto, è stata trovata la concentrazione record di 14,7 microgrammi per chilogrammo. Livelli molto alti sono stati rilevati nei pesci lungo la costa pisana, alle foci dell’Arno e del Fiume Morto (5,99 e 5,65 microgrammi per chilogrammo). Si tratta di contaminazioni di gran lunga superiori alla soglia settimanale tollerabile per il consumo umano fissata dall’Efsa a pari 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo per la somma di quattro molecole (non solo PFOS ma anche PFOA, PFNA e PFHxS).
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