LAMEZIA TERME I rapporti con una pluralità d’importanti figure istituzionali, imprenditoriali e politiche. Ma non solo. La sua è una figura “centrale” e lo si capisce dalle attività tecniche effettuate sul suo conto ma anche dai favori, i rapporti economico lavorativi e le influenze in gioco: tutti di primissimo piano. In una informativa del Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese viene ricostruito il profilo di Carmine Gallo, l’ex superpoliziotto finito agli arresti domiciliari nell’inchiesta della Distrettuale antimafia di Milano che ha, di fatto, svelato un “mondo sommerso” di informazioni, dossier, profili e documenti di ogni tipo, sottratti – secondo l’accusa – in modo abusivo dal gruppo dedito al commercio di servizi di investigazione privata capeggiato proprio dall’ex Ispettore di Polizia.
Secondo i primi riscontri investigativi, Carmine Gallo avrebbe avuto rapporti disinvolti con soggetti legati alla criminalità – anche organizzata – e avrebbe fatto ricorso a comunicazioni difficilmente intercettabili attraverso app quali Signal o Telegram. Ma è proprio all’avvio delle indagini che la polizia giudiziaria inizia a fare i conti con una realtà sorprendente e che li avrebbe condotti, solo in seguito, a mettere insieme tutti i pezzi di un puzzle complesso. La prima grande scoperta effettuata gli uomini della polizia giudiziaria è sorprendente, durante un accesso effettuato proprio all’inizio dell’attività investigativa all’interno degli uffici di via Pattari 6, a pochi passi dal centro di Milano, indirizzo in cui i soci della “Equalize srl” hanno i loro uffici e la sede dei loro affari.
Quello che si trovano davanti è un vero e proprio “archivio di Polizia”, fatto da centinaia di documenti riservati, atti di polizia giudiziaria, ma anche verbali di collaboratori di giustizia, schede d’indagine sui principali gruppi criminali e schede di dattiloscopia. In particolare, all’interno di un mobiletto, la pg individua alcune schede di foto segnaletiche e modulari contenenti mappe delle principali famiglie di ‘ndrangheta. Ma non è tutto. Gli agenti, infatti, trovano anche un registro delle anagrafi dei gruppi di ‘ndrangheta calabrese: i Pizzata, i Romeo, gli Strangio. E poi Vottari, Strangio, Nirta e Mammoliti, insomma: nomi e cognomi delle principali ‘ndrine e tra i protagonisti assoluti degli scenari criminali degli ultimi decenni.
Gli uomini della pg, durante la perquisizione, trovano decine e decine di documenti. Tra questi anche l’elenco della famiglia Giampaolo di San Luca, il nucleo originario di Giuseppe Giampaolo considerato il capo del “locale” di San Luca. Trovano, inoltre, l’albero genealogico delle famiglie di ‘ndrangheta degli Strangio e dei Romeo. La prima, i Nirta-Strangio, è originaria anch’essa di San Luca ed è considerata una delle più importanti ‘ndrine dell’organizzazione criminale calabrese. La seconda, invece, si riferisce agli “Staccu”, famiglia alleata con i Pelle e Nirta “La Maggiore” originari anche loro di San Luca.
E non manca, poi, l’albero genealogico dei Mammoliti, altra potente famiglia di ‘ndrangheta così come una nota del 9 febbraio del 1995 del GICO di Firenze indirizzata alla Dda del capoluogo toscano sul sodalizio mafioso facente capo a Luigi Miano detto “Gimmy”, classe ’50 di Catania boss della mafia catanese dei Cursoti. Nell’archivio ispezionato dagli agenti della pg c’è anche il cartellino con foto segnaletica di Demetrio Latella, reggino classe ’54 con numerosissimi precedenti di polizia anche per associazione a delinquere di tipo mafioso, con tanto di dati di polizia contenuti in una cartella, e alcuni volumi contenenti gli interrogatori di Saverio Morabito (cl. ’52), collaboratore di giustizia e membro del gruppo Sergi-Papalia.
Come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, le intenzioni del superpoliziotto erano quelle, un giorno, di lasciare il suo “patrimonio” – enorme – all’organizzazione, sebbene Calamucci avesse confermato che «la loro associazione fosse anche in possesso di una mole elevatissima di dati SDI» di esfiltrazione abusiva, da banche dati strategiche nazionali, di informazioni riservate e protette, «per un totale di più di 350.000», annotano i pm. «Per quanti anni posso ancora lavorare?» si chiede Gallo. «Dopo di che, che me ne faccio disto materiale? Me lo mangio? Me lo tengo io? A che mi serve? Hai capito?! E quindi, è di tutti, della società, di tutti!». Ed è stato proprio Gallo, in una intercettazione del 18 luglio 2023, ad informare i soci Calamucci e Cornelli «circa la portata dei dati in proprio possesso» e la illecita acquisizione, almeno in parte. E il riferimento di Gallo è anche alla Calabria. «Ho quasi un quindici, sedici mila schede personali di soggetti, ma non soggetti mafiosi, anche soggetti non mafiosi, nome, cognome, dove è nato, a chi è collegato, la famiglia chi sono, i parenti chi sono…» confessa Gallo che spiega ancora: «Tutti i cartellini del Comune di Piatì! Tutti i cartellini anagrafici del Comune di Africo…». (g.curcio@corrierecal.it)
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