40 anni fa moriva ad 84 anni Eduardo De Filippo o semplicemente Eduardo. Figlio naturale di Scarpetta, probabilmente insieme a Pirandello il più grande drammaturgo del Novecento. 55 commedie e drammi scritti, molti dei quali autentici capolavori. Un mese prima a Taormina, Eduardo in pochi minuti aveva lasciato il suo testamento. Di uomo apparentemente burbero ma profondamente legato al Teatro. Un uomo vissuto all’ombra di un padre famoso ma anonimo negli affetti, privato dalla morte di una giovane figlia, legato indissolubilmente ai suoi fratelli Titina e Peppino, con il quale romperà l’idillio durante la seconda guerra. Descrivere la sua grandezza sarebbe inutile. Senatore a vita ma non premio Nobel per le discutibili scelte di Stoccolma, intellettuale raffinato e pungente. La sua grandezza non può essere riassunta in una sintesi. La magnificenza di Napoli milionaria, con il finale memorabile, l’umorismo di Natale in casa Cupiello, la malinconia di Questi fantasmi. Figlio di una Napoli che ha regalato all’Italia i più grandi geni letterari, figura immane di una cultura che ha diffuso la bellezza e il senso di paradosso in tutto il mondo. Nel discorso di Taormina dedicato al figlio, Eduardo disse che “Questo cuore non ha smesso mai di battere. E continuerà a battere anche quando si sarà fermato”.
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