SAN GIOVANNI IN FIORE «L’Assemblea del Centro internazionale di studi gioachimiti non ha respinto alcuna richiesta di dimissioni del suo presidente, Riccardo Succurro, per il semplice motivo che nessuno le aveva domandate e che, ieri sera, quando un ristretto gruppo di soci ha deciso di diramare una nota stampa al riguardo, la seduta era già terminata. Peraltro, nell’ordine del giorno della stessa seduta, non era previsto alcun punto e alcun voto sulle dimissioni del presidente». Lo afferma, in una nota, il vicesindaco di San Giovanni in Fiore, Salvatore Cocchiero, che spiega: «La verità, confermata dagli atti, è che il sindaco pro tempore di San Giovanni in Fiore, in qualità di socio ordinario del Centro, aveva di recente inviato una lettera allo stesso istituto culturale, invitando il suo presidente a dimettersi dalla carica, qualora avesse avuto intenzione di continuare nelle proprie esternazioni e azioni politiche. Per inciso, lo stesso presidente del Centro, in un incontro del 2022 con l’attuale giunta del Comune, aveva assunto l’impegno di non entrare nella dialettica politica locale, tuttavia senza mantenerlo. Allora la sindaca era già stata chiara e nella sua recente lettera ha espresso un principio di assoluto buon senso: il presidente di un istituto culturale che ha tra i propri soci degli enti locali non può, finché è in carica, contestare pubblicamente chi per mandato popolare rappresenta quegli enti».
«Negli ultimi anni, il presidente Riccardo Succurro – racconta Cocchiero – ha violato sistematicamente questo principio e, a differenza del suo predecessore, Salvatore Oliverio, ha trascinato il Centro internazionale di studi gioachimiti in un terreno tutto politico, violando la neutralità politica che un ente culturale dovrebbe avere: convocando l’Assemblea dei soci per contestare senza alcun titolo le modifiche del progetto di ristrutturazione dell’Abbazia florense che avevamo deliberato in giunta comunale, intervenendo spesso a gamba tesa nella dialettica politica locale e giustificando attacchi pubblici di alcuni soci, i quali ci avevano accusato di essere una piovra mafiosa e, ciononostante, ci hanno poi imputato di proibire la libertà di pensiero». «Per tanto tempo abbiamo sopportato – continua Cocchiero – attacchi, accuse e mistificazioni, da parte di soci del Centro, andati ben oltre il diritto di critica sancito dalla Costituzione. Il Centro, di cui abbiamo sempre riconosciuto i meriti scientifici, è stato purtroppo trasformato in un’organizzazione politica, peraltro con la singolare ricomparsa dell’onorevole Mario Oliverio, che, pur essendo socio onorario, negli anni scorsi non aveva mai partecipato, se non rare volte, alle riunioni dell’istituto culturale. Oltretutto, da presidente della Regione Calabria, Oliverio non aveva dato alcun contributo al Centro, fatto innegabile e non dimenticabile».
«È evidente – tuona Cocchiero – un uso politico del Centro, che, peraltro, negli anni passati aveva perduto un importante finanziamento regionale, da quanto ci risulta, perché sprovvisto di uno statuto ad ampia base democratica. Il presidente Riccardo Succurro ha nel tempo consolidato la propria maggioranza interna con persone a lui vicine o vicinissime. Inoltre, ai soci che risiedono altrove non è consentito di partecipare da remoto alle assemblee e negli organi di governo dell’istituto non c’è stato un normale, pacifico e utile ricambio generazionale». «In quanto alle doglianze del Centro sul contributo fisso che l’amministrazione comunale in carica non ha inteso confermare all’istituto, è doveroso – sottolinea Cocchiero – che si sappia la verità. I contributi pubblici non sono donazioni, per cui vanno dati in presenza di un progetto specifico e di una puntuale rendicontazione sulle spese effettuate; non già, come qualcuno voleva, sul presupposto che il denaro pubblico sia dovuto a prescindere o per un asserito diritto di proprietà su tutto ciò che riguarda Gioacchino da Fiore. Del resto, se il Centro ha ottenuto la personalità giuridica soltanto l’anno scorso, bisognerà pur porsi delle domande e darsi delle risposte. Essa era indispensabile per entrare in un canale di finanziamento ministeriale, che invece in passato il Centro aveva potuto ricevere dal ministro pro tempore della Cultura soltanto in via discrezionale. Per ultimo, il Centro ha sede in locali di 500 metri quadrati all’interno dell’Abbazia florense, di proprietà comunale e concessi in comodato d’uso gratuito. Questo indubbio vantaggio avrebbe dovuto spingere il Centro a trovare più canali di finanziamento, ma ciò non è avvenuto perché il Comune assicurava un contributo fisso a prescindere da ogni aspetto normativo e giuridico». «A questo punto – conclude il vicesindaco di San Giovanni in Fiore – valuteremo le iniziative da intraprendere, perché non è ammissibile che la figura di Gioacchino da Fiore sia utilizzata per finalità politiche e che venga piegata a desideri e progetti personali».
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