LAMEZIA TERME Dipendenti costretti a rendere false dichiarazioni anche ai medici del Pronto soccorso, in caso di infortunio sul lavoro. Vittime di minacce – implicite – di licenziamento. È uno degli aspetti più significativi emersi dall’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Catanzaro, nei confronti dell’imprenditore Paolo Paoletti (cl. ’66), finito in carcere su ordine del gip del Tribunale del capoluogo.
Come è emerso dall’indagine, infatti, diversi dipendenti si sarebbero visti più volte costretti a dichiarare falsamente di essersi infortunati a casa o in circostanza diverse rispetto al luogo di lavoro. Circostanze che avrebbero così evitato “attenzioni” da parte degli organi di controllo nei confronti dell’imprenditore e, soprattutto, eventuali violazioni in materia di sicurezza ed igiene. Inoltre, come ricostruito dalla procura di Catanzaro, l’eventuale denuncia di infortuni sul lavoro avrebbe avuto un altro effetto economicamente importante per il datore di lavoro: l’aumento del premio assicurativo da pagare all’INAIL. Numerosi gli episodi e i racconti acquisiti dalla Guardia di Finanza.
In un caso, ad esempio, il 30 maggio 2023 gli inquirenti raccolgono la testimonianza di un lavoratore che ha raccontato di aver subito degli infortuni sul lavoro e che, in tali occasioni, era stato costretto da Paolo Paoletti a dichiarare ai medici del Pronto Soccorso di essersi fatto male presso la propria abitazione. «Tutte le volte che mi sono infortunato al lavoro» ha raccontato il lavoratore «mi sono recato al Pronto Soccorso di Soverato, dove sono stato medicato e cucito di volta in volta», e chiama in causa un altro soggetto, ascoltato dagli inquirenti. Quest’ultimo conferma il racconto, e spiega di essere stato incaricato spesso da Paoletti di accompagnare i dipendenti che si erano infortunati sul luogo di lavoro presso il nosocomio di Soverato. Il compito assegnatogli dal datore di lavoro «era quello di far dichiarare agli infortunati che si erano fatti male in ambiente domestico» appuntano i pm.
«Situazione un po’ delicata… praticamente verso le 12.30 (…) si è fatto male che stavano sbancalando una pedana e gli è scivolata e gli è caduta su un piede. È andato a casa. Si è cambiato… sì perché erano due pedane sovrapposte una di carta igienica sopra… però gli è scivolata e gli è caduta proprio sul piede e è andato a casa…». E ancora: «L’ho mandato a casa, si è cambiato, è andato in ospedale e gli hanno fatto la radiografia e gli hanno detto che è rotto, 20 giorni di fermo…». È questo il tenore di una conversazione tra Anna Valentino, 52enne finita ai domiciliari e Rosario Paoletti Martinez, cugino di Paolo Paoletti, fra le persone indagate nell’inchiesta. È il 28 novembre 2023 quando l’uomo informa la donna di un infortunio sul lavoro. Il dipendente, dunque, per non presentarsi al pronto soccorso in abiti da lavoro, sarebbe stato mandato a casa a cambiarsi. «(…) mo’ manda il certificato e se gentilmente riusciamo a dargli un acconto… qualcosa per i farmaci…».
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Al dipendente, dunque, erano stati prescritti 30 giorni di riposo e deambulazione con stampelle e per questo aveva chiesto almeno un anticipo di denaro sullo stipendio. La sera stessa, Anna Valentino veniva contattata dal marito Paoletti perché il dipendente si era recato negli uffici per ricevere l’acconto sullo stipendio, all’insaputa del titolare. Qualche settimana dopo, è il 21 dicembre, Paoletti contatta Maria Teresa Panariello (finita agli arresti domiciliari), chiedendo il suo ausilio tecnico. Il dipendente infortunato, infatti, era stato informato da un dipendente dell’Inps del fatto che l’indennità corrisposta dall’Inail, in caso di infortunio sul lavoro, era maggiore di quella corrisposta proprio dall’Inps, in caso di malattia comune. «(…) il dipendente, comunque, che sta in malattia o in infortunio non può percepire la stessa retribuzione di una persona che va a lavorare tutti i giorni ma mi sembra ovvio perché altrimenti qua venivano assunti e si mettevano tutti in malattia o in infortunio…». (g.curcio@corrierecal.it)
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