LAMEZIA TERME Elisa Mercuri, donna di cinquant’anni affetta sin da ragazza da cardiomiopatia dilatativa, ha subìto nelle scorse settimane un intervento presso l’Uoc di Cardiologia-Utic di Lamezia, diretto da Roberto Ceravolo, che ha consentito di impiantare nella regione pettorale della donna l’Optimizer Smart, che sfrutta una delle più innovative tecnologie per le persone affette da scompenso cardiaco, vale a dire la Modulazione della Contrazione Cardiaca, o più semplicemente Ccm (Cardiac Contraction Modulation). Lo riferisce una nota diffusa per conto dei familiari della donna. “Desidero ringraziare con tutto il mio cuore – dichiara la paziente Elisa Mercuri – il professore Roberto Ceravolo, la sua équipe, il personale sanitario e socio-sanitario di tutti i reparti dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme che sono stati coinvolti nel percorso che ha portato all’intervento avvenuto il 16 ottobre scorso. Un percorso sicuramente complesso, trattandosi nel mio caso di un quadro clinico fortemente a rischio aggravato dalle mie condizioni fisiche e dalla mia disabilità visiva, portato a termine grazie alla professionalità e alla competenza di Roberto Ceravolo che ci ha creduto fin dall’inizio, dimostrando insieme alla sua squadra e a tutto il personale del nosocomio lametino che nella nostra realtà ospedaliera è possibile effettuare interventi altamente all’avanguardia, che puntano a migliorare la qualità della vita delle persone e a offrire prospettive concrete di speranza. Una professionalità associata un calore umano che io e i miei familiari abbiamo toccato con mano sin dall’inizio, da parte del dottore Ceravolo e di tutta la sua équipe. Il nostro cammino di fede familiare si è incrociato con quello del dottore Ceravolo insieme al quale abbiamo sperimentato come fede e scienza camminino insieme: laddove vi sono straordinarie innovazioni medico-scientifiche che consentono di migliorare la qualità della vita di persone cardiopatiche il cui destino fino a qualche anno fa era irreversibilmente segnato, la fede spinge a buttare il cuore oltre l’ostacolo e a fare di tutto per salvare una vita umana.Grazie, anche da parte della mia famiglia, per questa bella pagina di sanità lametina e calabrese, che ho sperimentato in prima persona grazie al dottore Ceravolo, agli eccellenti professionisti del nostro ospedale, fiduciosa che possa essere da stimolo verso le istituzioni e verso tutte le persone che combattono con patologie simili alla mia”. Il dispositivo creato per attuare questa tecnologia sulla paziente – prosegue la nota – è l’Optimizer Smart, cioè un dispositivo simile ad un pacemaker, formato da un generatore/cassa collegato a due elettrocateteri che vanno sul setto interventricolare. Il dispositivo è posto in genere nella regione pettorale, subito al di sotto della clavicola (come accade per i pacemaker ed i defibrillatori), più frequentemente però viene posto a destra per la presenza di altri dispositivi a sinistra (pazienti con defibrillatore senza indicazione a dispositivi per risincronizzazione biventricolari o in cui questi non funzionano in maniera adeguata, oppure pazienti con scompenso cardiaco che hanno pacemaker ma non defibrillatore per la contrattilità non ridotta). I due cateteri sentono le varie fasi del ciclo cardiaco e inviano il loro impulso nel periodo di refrattarietà assoluto, cioè quando nessuno stimolo può provocare contrazione o aritmie, in modo tale da dare solo l’azione benefica a livello cellulare. La sua frequenza massima per gli stimoli è di 90-110 battiti, inoltre è attivo in genere 7-12 h al giorno. Il dispositivo consuma molta più energia di un normale pacemaker, ma ha il vantaggio che si può caricare (in genere una volta a settimana) con una placca posizionata sulla cute per 40-60 minuti.
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