Nella primavera dell’anno 1379, secondo il calendario occidentale, Yao Jie, proprietario di tre grandissime risaie, chiamò il suo uomo di fiducia, Hao Ran e gli disse: “Ho per te un incarico molto importante: devi recarti a Nanchino, capitale dell’Impero e consegnare questa preziosa cassa sigillata alla corte del Figlio del Cielo Zhu Yuanzhang, fondatore della dinastia Ming. Inoltre ti affido una lettera indirizzata al Grande ufficiale Yi Quin, Dignitario di corte che ti agevolerà nella consegna”.
Hao Ran, conoscendo gli eccessi di collera del suo padrone, non gli fece notare che la regione dello Jiangnan, dove si trovava Nanchino, era abbastanza distante dalla provincia dello Shandon dove dimoravano loro, ed il viaggio poteva durare anche più di un mese ed essere parecchio pericoloso per il trasporto di beni di valore.
“Per lo spostamento, – come se gli avesse letto nel pensiero, continuò Yao Jie – come grande atto di fiducia, ti concedo di usare il mio cavallo, “Hei Ma”, che come resistenza e velocità non ha pari, ed un mulo per il trasporto della cassa. Ti ordino inoltre di portare con te un dao (spada) molto affilata e di stare sempre attento e prudente, per evitare che qualche bandito rubi il carico nel tragitto”.
Sebbene a malincuore, Hao Ran cominciò il viaggio seguendo per quanto possibile il corso dello Huang He, o “Fiume giallo”, pregando gli Dei affinché non gli succedesse nulla, Proseguì quindi lungo strare sterrate, attraversando collinette e piccoli corsi d’acqua chiedendosi cosa ci fosse nella cassa.
“Di sicuro -si disse- non ci sono monete o barrette d’oro o denaro in bronzo, perché è troppo leggera. Ma cosa conterrà? Forse raffinato e costosissimo tè bianco originario della provincia del Fujian? Oppure pregiatissima seta di Hangzhou?” In qualsiasi caso dovrò difendere il carico a costo della vita. Il dao forse non basta e magari sarà il caso di comprare un’ ascia o una balestra”.
La scelta cadde su quest’ultima micidiale e costosa arma da guerra, e il suo acquisto sembrò tranquillizzarlo alquanto. Per sua fortuna non ci fu alcun incontro con banditi o malintenzionati e non fu difficile trovare “kezhan” sicure, ossia locande con stanze in cui chiudersi dentro con il suo carico per trascorrere le notti e con stalle per far mangiare e riposare gli animali.
Quando queste kezan non si incontravano sul suo cammino, Hao Ran era costretto a dormire all’aperto o in qualche grotta naturale, e dopo aver impastoiati il cavallo e il mulo, dopo una frugale cena, era solito sonnecchiare vigile seduto sulla cassa, con la schiena poggiata al tronco di un albero o in una parete dell’anfratto, con la balestra sempre sulle ginocchia, carica e pronta a scagliare il suo mortale dardo.
Man mano che si avvicinava alla capitale, i problemi ulteriori che si ponevano al corriere erano due. Primo: nonostante la lettera di presentazione per il Grande ufficiale Yi Quin,, come avrebbe fatto, lui che era un semplice uomo di campagna a farsi ricevere ed ascoltare da un così alto personaggio di corte? E poi, questo era il secondo problema: chi gli garantiva che la cassa, contenente magari raffinatissime porcellane Woucai o le più ricercate Doucai, realizzate con tecniche policrome ed elaborati motivi decorativi sarebbe finita, nonostante il Grande Ufficiale, integra e sigillata al Figlio del Sole?
I problemi erano più difficile di quanto sembrasse. A quel tempo la società cinese era rigidamente divisa in classi: dopo l’Imperatore, detentore di un potere assoluto,veniva la nobiltà, comprendente i funzionari governativi, i proprietari terrieri ed i più alti gradi militari. Seguivano i contadini, gli artigiani e i commercianti, considerati socialmente inferiori ai contadini a causa del loro contatto con il denaro. Infine, alla base vi erano i servi e gli schiavi che non godevano di alcun diritto.
Hao Ran che in questa scala, era poco più sopra dei mercanti, doveva trovare il modo di parlare con l’Alto Dignitario e, consegnata la cassa, pregare gli Dei che tutto andasse per il verso giusto.
Dopo essere arrivato a Nanchino e preso alloggio in una “kezhan” di buon livello ed aver consegnato il cavallo e il mulo allo stalliere, nascose meglio che poté la cassa nella sua camera e uscito in strada si diresse verso l’abitazione dell’unico uomo che forse avrebbe potuto dargli una mano d’aiuto. Questi era l’anziano e famoso filosofo confuciano Li Ming, che dimorava in una casa modesta in cima alla collina detta “Zijin Shan”.
Hao Ran non perse tempo e si recò dal saggio, portandogli in dono un sacchetto con un Jin (circa 500 grammi) di raffinato e costosissimo tè Oolong originario della provincia dell’Anhui, unitamente ad un sacco di raro riso nero.
Il saggio Shan accolse l’ospite con cordialità e apprezzarò molto i doni ricevuti. Ascoltata la domanda del messo, su chi fosse l’uomo più affidabile della corte a cui consegnare con sicurezza una cassa di gran valor e destinata all’imperatore, Zijin rispose che senz’altro la persona più affidabile era davvero il Grande ufficiale Yi Quin, noto per il suo rigore morale e la sua incorruttibilità, ed in più, riconoscente per i regali, si offrì di accompagnarlo da lui.
Una volta giunti nella fastosa dimora di Yi Quin, L’Alto Dignitario accettò senza difficoltà di ascoltare quanto Hao Ranaveva da dirgli e, dopo le dovute prostrazioni d’obbligo, il corriere gli spiegò quali erano le ragioni che lo avevano condotto a Nanchino e lo pregò con umiltà di voler consegnare all’imperatore la cassa di gran valore che il suo padrone gli aveva affidato.
Dopo qualche minuto di riflessione, il Grande ufficiale accettò di accontentare il corriere e fece depositare la cassa nel baule dietro la sua carrozza, con gran felicità di Hao Ran che continuava senza sosta a prostrarsi e ringraziare. Quindi, ritenendo esaurito il suo compito, il messo, salutato e ringraziato il saggio Shan, ripartì con cavallo e mulo a cuor leggero, più che soddisfatto di aver portato a termine il suo gravoso incarico.
Qualche ora dopo la cassa fu consegnata da Yi Quin nelle mani dell’imperatrice Ma Huang, la quale, una volta rotti i sigilli ed aperta, lesse la lettera di accompagnamento scritta dal ricco Yao Jie, proprietario da generazioni di grandi risaie e di due antiche cartiere, ed approvò con soddisfazione il contenuto della tanto attesa cassa.
Esso era composto da fogli di carta di riso quadrati, che nonostante la loro sottigliezza erano dotati di una estrema morbidezza e resistenza, nonché relativamente permeabili all’acqua e delicatamente profumati di loto.
Era la prima carta igienica prodotta al mondo e sconosciuta per ancora tre secoli alla società occidentale, ma da quel giorno divenuta, elemento indispensabile per l’igiene intima sia dell’Imperatore Figlio del Cielo Zhu Yuanzhang, che dalla sua numerosissima famiglia.
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x