Espellere e dimenticare, il mantra. Ché “Dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna”. “È la scordanza che ci fa sopravvivere chiudendo tutto nei racconti che si mangiano terremoti, guerre, alluvioni, fame e disillusioni, dicendoci che il peggio è passato e alla fine abbiamo vinto: si sconta il peccato e si va via, in un modo o in un altro, e appena ci s’incammina si comincia a cancellare le tracce sulla strada dell’addio, come gl’indiani in fuga dai visi pallidi”. Per secoli abbiamo costruito, scolpito, dipinto, scritto, perché restasse traccia della nostra cultura. Poi la nostra civiltà è morta, sconfitta. Abbiamo preso a cancellare, perché tanto non costruivamo, scolpivamo, dipingevamo, scrivevamo più. I vinti non hanno nulla da dire. E i vinti, soprattutto, hanno l’impellenza di seppellire e nascondere chi fra loro non si arrende, chi lotta. Lotte ne abbiamo avute tante e tanti riottosi e ribelli e irredimibili. Parliamo d’altro e non di loro. Espelliamo chi lotta, ne nascondiamo il ricordo, cerchiamo e troviamo protezione e ci votiamo alla sacra immagine della nostra terra. Parliamo, parliamo tanto, di cose amene però. Stiamo bene. Le pene si accollano agli espulsi e agli scordati. Espulsi e scordati come quelli di Melissa.
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