REGGIO CALABRIA Imprenditori e commercianti oppressi dalle estorsioni dei clan. Minacce, violenze, intimidazioni che spesso portano a cedere alle richieste di denaro o addirittura di merce per migliaia di euro. Un fenomeno che in Calabria colpisce tantissime imprese costrette con la violenza a piegare la testa. Lo dimostrano le tante inchieste contro la ‘ndrangheta. A Reggio Calabria, in particolare, le evidenze investigative emerse durante il processo “Epicentro” – con il quale la Direzione distrettuale antimafia reggina ha riunito le operazioni “Malefix”, “Metameria” e “Nuovo corso” – raccontano di una «consolidata e comune sinergia operativa attiva» tra i De Stefano, i Tegano, i Condello e i Libri, che vengono definite «le “quattro famiglie” tra le quali avviene la spartizione dei proventi delle estorsioni imposte a commercianti e imprenditori del centro storico di Reggio Calabria». Un fenomeno diffusissimo tra i commercianti reggini, tanto che più volte l’ex procuratore Giovanni Bombardieri ha lanciato appelli ai commercianti e agli imprenditori affinché trovino la forza di denunciare: «La denuncia – ha detto – è l’unico mezzo per far terminare questo controllo asfissiante».
E la via d’uscita c’è e sembra efficace. Lo dimostrano i dati analizzati da Libera nel report “La Calabria, le Calabrie, storie di illegalità, percorsi di impegno“, e raccolti con la prima indagine sulle imprese iscritte a ReggioLiberaReggio, “La libertà non ha pizzo”, l’associazione nata a Reggio Calabria nel 2010 e che raccoglie oltre 70 piccole e medie imprese reggine operanti in diversi settori. L’indagine, i cui risultati sono presentati nel report curato da Dario Musolino, docente presso l’Università Bocconi e l’Università della Valle d’Aosta, si è concentrata su diversi temi. «Scegliere la strada della legalità e non accettare compromessi o condizionamenti con la criminalità organizzata – viene rilevato – non penalizza le imprese di Reggio Calabria, ma sembra addirittura premiarle. Più del 40% delle imprese intervistate afferma che, da quando ha aderito a “ReggioLiberaReggio, La libertà non ha pizzo” la percezione della propria attività economica è migliorata, mentre poco meno di un altro 40% registra che è rimasta invariata, ovvero non è peggiorata. La percezione positiva della rete RLR, La libertà non ha pizzo è ulteriormente rafforzata dai dati sulla clientela e sui principali indicatori aziendali prima e dopo l’adesione. Nessuna delle imprese di servizi partecipanti all’indagine ha dichiarato una diminuzione della clientela, e quasi il 20% ha registrato un aumento. In pochissimi casi, fatturato, utile netto e numero di addetti sono calati dopo l’adesione alla rete».
Il report contiene dati molto incoraggianti se si tiene in considerazione che «circa l’80% delle imprese valuta positivamente o molto positivamente l’esperienza, evidenziando come la rete colmi la “sensazione” di isolamento che diverse imprese lamentano. Dopo l’adesione, quasi il 60% delle imprese si è sentito supportato nella propria attività. Inoltre, quello delle estorsioni a detta delle imprese, sempre essere un fenomeno «forse meno opprimente rispetto al passato (anche grazie all’azione repressiva dello Stato), e sempre più specifico di determinati settori (per esempio, settore edile) e funzioni aziendali (per esempio, forniture, reclutamento personale)». «Nonostante la pressione della criminalità organizzata, – inoltre – i vincoli infrastrutturali e la carenza di servizi, le imprese intervistate riescono comunque a ottenere risultati economici positivi».
Tuttavia il fenomeno rimane un «fattore cruciale che continua a penalizzare gravemente l’imprenditorialità e il libero funzionamento dell’economia locale». Tra i fattori negativi c’è da rilevare che «le imprese esprimono critiche anche verso il tessuto imprenditoriale e produttivo locale, considerato non all’altezza di “fare sistema” e di promuovere collaborazione, cooperazione e creazione di reti tra imprese».
Nel report infine vengono fatte presenti le richieste avanzate le imprese di “ReggioLiberaReggio” per superare le criticità: «Chiedono maggiore controllo e vigilanza sul territorio, e maggiore capacità di intervento per proteggere al meglio aziende e cittadini; invocano un supporto economico a chi denuncia (come agevolazioni fiscali) e un intervento più efficace da parte degli enti di governo nazionale e locale per migliorare il contesto istituzionale, infrastrutturale e sociale. È necessario un sostegno concreto al tessuto imprenditoriale locale che rigetta i condizionamenti mafiosi e fa impresa in modo sano e con successo. Le politiche per migliorare il contesto devono concentrarsi su investimenti nelle infrastrutture e nei servizi, nonché su un’azione più efficiente degli enti di governo. Inoltre, per contrastare i condizionamenti mafiosi nell’economia, serve un controllo più mirato e un sostegno effettivo alle imprese che denunciano». (m.ripolo@corrierecal.it)
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