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l’intervista

Falcomatà: «Papà mi direbbe “Si può fare sempre di più”». Sul futuro, «candidato alla Regione? Sono a disposizione del partito»

Il sindaco di Reggio Calabria si racconta. «La città ha saldato i conti con il passato. L’inchiesta è stata mortificante»

Pubblicato il: 05/11/2024 – 11:14
di Fabio Benincasa
Falcomatà: «Papà mi direbbe “Si può fare sempre di più”». Sul futuro, «candidato alla Regione? Sono a disposizione del partito»

REGGIO CALABRIA Paolo Crepet sostiene che «la vita è l’unico business il cui bilancio deve finire in rosso: bisogna dare tutto senza calcolare ciò che ci viene riversato». Non so se è tempo di bilanci per il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, ma dopo dieci anni dal suo primo insediamento a Palazzo San Giorgio appare quasi doveroso riavvolgere il nastro e sollecitare la memoria. Alle 17 del 29 ottobre 2014, un giovane amministratore stava per iniziare una lunghissima stagione alla guida della città che prima di lui aveva conosciuto il «sindaco amato da tutti», Italo Falcomatà. Non erano ancora comparsi i capelli bianchi e il viso era quello di un ragazzo emozionato e quasi in imbarazzo per gli applausi che hanno accompagnato la proclamazione. Nel mezzo qualche timido sorriso e il primo discorso, concluso come papà Italo fece in occasione di un incontro pubblico con l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. «Questa città deve tornare alla normalità». In una intervista al Corriere della Calabria, Giuseppe Falcomatà ripercorre tutte le tappe di questi dieci e lunghi anni, con uno sguardo al passato e un gli occhi rivolti al futuro, ancora in politica.

Il flashback

«Se torno indietro con la memoria ricordo e rivedo un ragazzo, le esperienze e anche le difficoltà di questi dieci anni ma rivedo gli stessi occhi, la medesima emozione e lo stesso entusiasmo. Il tempo è passato da un punto di vista fisico, ma non cambiano le emozioni vissute ogni qual volta salgo le scale di Palazzo San Giorgio, ogni qual volta ci sono appuntamenti istituzionali o i momenti di confronto con i cittadini, gli incontri, tutto quello che quotidianamente fa un sindaco non è mai una cosa banale».

Rifarebbe tutto?

«Rifarei tutto! Anche quelle che qualcuno giudica scelte sbagliate, hanno fatto parte di un percorso di crescita della città e naturalmente personale. In dieci anni ci sono state battute d’arresto, rallentamenti, molto c’è ancora da fare. Il compito di un amministratore non è quello di collegare gli obiettivi da portare a termine con la scadenza del mandato elettorale. Pensi che proprio l’altro giorno abbiamo approvato il master plan della città. Non è uno strumento obbligatorio per legge, ma è mette insieme le potenzialità del territorio e naturalmente tutti gli strumenti urbanistici per realizzarle in una visione unica di sistema che ha uno sguardo molto più lungo, parliamo dei prossimi 20-30 anni».

Giuseppe Falcomatà a Reggio Calabria

Suo padre nel 2001 parlò di cura e misura necessarie al governo di una città complicata come quella di Reggio Calabria

«Beh, Reggio Calabria è cambiata! Mi piacerebbe che lo dicessero più gli altri, ma ha saldato i conti con il passato. Ho preso una città con quasi 300 milioni di euro di debiti, oggi è un comune che ha un bilancio sano, che non ha più il vincolo di dover tenere le tasse, i tributi comunali, al massimo e quella scelta oggi risulta vincente perché non dichiarando il dissesto abbiamo evitato di gravare ancora di più su imprese, professionisti, commercianti. E poi penso a “Castore” sorta dalle ceneri di molti servizi, penso ad Atam che era sull’orlo del fallimento mentre adesso è tra le primissime società in Italia come numero di mezzi, autisti, innovazione e investimenti fatti. E’ una città che ha chiuso il precariato esistente, non ci sono più Lsu, non ci sono più i famosi precari della pubblica amministrazione perché sono stati stabilizzati e questo è un grande orgoglio. Citava mio padre, bene queste persone hanno iniziato a lavorare proprio nel 98-99′, nessuno li aveva mai stabilizzati, noi l’abbiamo fatto. Abbiamo assunto quasi 200 nuove unità di personale, professionisti, istruttori amministrativi, polizia locale, assistenti sociali, tutto quello che fa funzionare non solo un comune, ma anche una città. Non abbiamo perso neanche un euro di fondi europei, oggi ci sono in campo – tra lavori in corso di realizzazione, progetti che stanno per andare a gara – circa un miliardo di euro di opere pubbliche. Reggio Calabria finalmente si è dotata di strumenti urbanistici, penso al piano strutturale, al piano di spiaggia, al piano del verde, è in corso di approvazione il piano urbano della mobilità sostenibile».

Ci sono anche dei problemi storici…

«Certamente. Serve un lavoro quotidiano, senza mai mollare la presa sui problemi storici. Penso alla sicurezza e quindi al contrasto alla criminalità organizzata, alla cura soprattutto delle zone più fragili, delle periferie: Arghillà, Rione Marconi, Modena Ciccarello. Grazie ad una serie di investimenti strutturali, ma soprattutto con un cambio graduale, anche questa è una battaglia che si può vincere. Sulla depurazione stiamo chiudendo tutti gli scarichi a mare abusivi».

L’inchiesta giudiziaria, le accuse. E’ stato il momento più difficile da affrontare?

«Un momento mortificante. E’ stato un periodo nel quale ho sempre mantenuto la consapevolezza di avere avuto come sindaco una condotta pienamente rispettosa delle norme, dei regolamenti e soprattutto di non avere mai tradito i cittadini. E’ ovvio, quelle due prime pronunce un po’ fiaccavano questo pensiero e in quel momento ti aiutano la famiglia, gli amici e la convinzione di non mollare la presa. La sentenza della Corte di Cassazione ha detto in maniera sintetica, ma molto efficace, che quello era un processo che non doveva neanche iniziare. Ecco questo mi restituisce un po’ di tranquillità».

Il suo mandato si avvia conclusione. Il suo nome è da anni accostato alla casella ancora vuota, nel centrosinistra, di candidato alle prossime Regionali. E’ stato considerato una sorta di predestinato. Pensa ancora di poter essere della partita?

«Tra i tanti insegnamenti ricevuti, in famiglia e in politica, c’è la coerenza. Sono un uomo di partito, faccio parte del Partito Democratico e quindi sono a disposizione per quelle che saranno le scelte. Vorrei continuare a fare politica, in quale ruolo e in quale veste ci sarà tempo per discuterne e per confrontarmi con il partito al quale sento di appartenere sempre con maggiore convinzione. Significa condividere con altre persone una stessa visione del mondo della politica e dei valori, questo fa un partito».

Suo padre sarebbe fiero del suo impegno?

«Spero di sì, parlo molto con i miei genitori. Mi metto sempre in discussione, non sono mai sicuro fino in fondo di avere fatto il 100%, di avere dato il massimo, immagino di poter dare qualcosina in più. Mio padre, anche quando riceveva complimenti, ripeteva “si può fare di più e si può fare meglio”. Ecco se penso di poter parlare con lui, immagino mi direbbe la stessa cosa “Si può fare sempre di più, si può fare sempre meglio“. (f.benincasa@corrierecal.it)

Italo Falcomatà e Giuseppe Falcomatà

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