COSENZA Sono due i fronti roventi nel contrasto alla criminalità organizzata nel Cosentino, uno è il Tirreno e l’altro la Sibaritide. In quest’ultimo caso, la Dda di Catanzaro ha coordinato – negli ultimi anni – una serie di operazioni che hanno consentito di assestare duri colpi ai clan egemoni, decapitando i vertici e ponendo un freno alle azioni criminali che avevano messo a ferro e fuoco un intero territorio: omicidi, tentati omicidi, roghi dolosi, pestaggi, intimidazioni. Il lavoro non può dirsi certo concluso, molto è stato fatto e molto resta ancora da fare. L’azione messa in campo dall’antimafia e dalle forze di polizia schierate a presidio del territorio ha sortito gli effetti sperati e anche in fase processuale l’accusa sembra reggere dinanzi agli elementi di prova raccolti nella fase delle indagini.
Sul Tirreno invece il clima resta rovente. Gli organici risicati non hanno consentito agli investigatori di fronteggiare con altrettanto vigore le scorribande criminali di chi tenta di conquistare il controllo su una porzione di costa da sempre attenzionata per il traffico di droga.
L’ultimo inchiesta conclusa, “Affari di famiglia“, ha permesso di colpire due clan ritenuti, da chi indaga, «satelliti». Gli indagati avrebbero inquinato l’economia del territorio attraverso lo spaccio di droga ma anche imponendo estorsioni e prestiti ad usura. Per quanto riguarda la droga, il gruppo di San Lucido aveva Cosenza come canale di approvvigionamento, mentre il sodalizio di Paola avrebbe preferito i rifornimenti di stupefacenti provenienti dalla Piana di Gioia Tauro.
Dei due gruppi colpiti dalla recente operazione della Dda di Catanzaro, ha avuto modo di riferire anche il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti. «A Paola c’ero io ed a San Lucido c’erano i Calabria, perché i Calabria ce li aveva messi Francesco Palitucci», racconta il pentito. Che nel corso dell’ultima udienza è stato chiamato in qualità di testimone, sottolineando tuttavia i timori e le preoccupazioni in riferimento al servizio centrale di protezione.
Gli “Affari di famiglia” sul Tirreno Cosentino hanno svelato anche la presunta rete di omissioni e silenzi finiti nell’avviso di chiusura indagini. Alcuni destinatari del provvedimento, infatti, non avrebbero confessato ai carabinieri elementi utili nella raccolta di indizi e prove necessari a ricostruire modus operandi e organizzazione dei due presunti gruppi criminali. Un ulteriore ostacolo all’azione di repressione delle forze dell’ordine.
Che il fronte sul Tirreno sia rovente e costantemente attenzionato è evidente anche leggendo le dichiarazioni rese, immediatamente dopo il blitz, dal sottosegretario all’Interno Wanda Ferro decisa a sottolineare «l’impegno del governo e del ministero dell’Interno rispetto alla questione sicurezza nel Tirreno cosentino, ancor più in seguito agli episodi criminali che si sono verificati negli ultimi mesi, sui quali ho sollecitato anche a nome dei colleghi parlamentari la massima attenzione della Prefettura di Cosenza e degli organismi preposti». D’altro canto quello disegnato dall’inchiesta della Dda di Catanzaro sulla presunta ‘ndrina Tundis-Calabria è «uno spaccato allarmante» (così lo definisce il gip Giuseppe De Salvatore nell’ordinanza di custodia cautelare).
Da Paola e San Lucido a Cetraro, base operativa del clan Muto. E’ illuminante la dichiarazione resa al Corriere della Calabria da Don Ennio Stamile, da anni in prima linea nel denunciare malandrini e cosche di ‘ndrangheta. «A mio avviso a Cetraro si deve parlare ormai di un “locale” di ‘ndrangheta con tutto quello che questo comporta in ordine alla signoria territoriale. E una di queste nuove ‘ndrine emergenti è decisamente violenta e pericolosa. Lo stiamo vedendo non solo rispetto all’ultimo omicidio che c’è stato a Cetraro (leggi qui), ma anche agli ultimi episodi che sono capitati in questi anni, in questi mesi. Faccio riferimento in modo particolare al tentato omicidio che c’è stato nel giugno del 2022 (leggi qui). Medesima preoccupazione condivisa anche dal sindaco di Cetraro Ermanno Cennamo che nel corso di “Telesuonano” in onda su L’altro Corriere Tv aveva parlato di una «situazione esplosiva».
Ecco perché gli sforzi profusi dall’azione sinergica di magistratura e forze dell’ordine meriterebbero maggiore supporto, servirebbero mezzi, uomini e donne, per potenziare il fronte repressivo e di contrasto. (f.benincasa@corrierecal.it)
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