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Dal Dams Unical ai teatri di Vienna: «Il Danubio è bellissimo ma mi manca il mar Ionio»

L’attore, drammaturgo e scrittore Luigi Chiarella: «Siamo capaci di entrare in sintonia, non solo ad adattarci ma anche a creare un dialogo»

Pubblicato il: 10/11/2024 – 15:49
di Eugenio Furia
Dal Dams Unical ai teatri di Vienna: «Il Danubio è bellissimo ma mi manca il mar Ionio»

Luigi Chiarella, calabrese dal 1976, è drammaturgo e autore di racconti e romanzi. Il focus nei suoi ultimi lavori è su dinamiche e relazioni sia fra le persone all’interno dei luoghi di lavoro, che fra persone e città. Si laurea in “Teoria e tecnica del linguaggio cinematografico” al Dams di Cosenza, dove parallelamente al corso di studi si forma come attore/performer, light designer e drammaturgo all’interno della compagnia Teatro Rossosimona diretta da Lindo Nudo, che vince il Premio Scenario nel 2001. Come attore lavora inoltre con Teatro della Ginestra di Cosenza, Teatro Stabile di Calabria, CineTeatro Baretti e Teatro Regio di Torino, con registi come Nikolaj Karpov, Alejandra Manini, Davide Livermore, Stefano Poda, Lorenzo Fontana. Nel 2009 fonda insieme a Roberta Cortese l’associazione culturale Satyrikon, con cui da allora i due realizzano progetti teatrali (la prossima produzione è una lettura scenica del testo Dissonorata di Saverio La Ruina, che Roberta ha tradotto in tedesco e che metterà in scena a dicembre ’24 all’Odeon Theater). Contemporaneamente approfondisce il suo percorso di scrittura drammaturgica e scenica: suoi testi vanno in scena al teatro Baretti, al Teatro Stabile di Torino, al Teatro dell’Acquario di Cosenza. Del 2009 è il corto Fuori Tempo – Anatomia di una lotta, finalista al Murgia Film Festival, di cui cura interpretazione, luci, montaggio e regia. Per il teatro scrive con Roberta Cortese Canti dall’inferno – il mare dentro il dolore (con testi di Ramón Sampedro) e Gerusalemme disvelata da Torquato Tasso; Full Metal Kids è invece il risultato drammaturgico di una ricerca sui bambini-soldato basata su diari, studi e testimonianze. È autore di racconti, reportage e del romanzo Diario di zona pubblicato da Alegre come primo numero della collana Quinto Tipo, diretta da Wu Ming 1. Il secondo romanzo Risto-Reich uscirà nel gennaio 2025 nella collana Working Class diretta da Alberto Prunetti, sempre per Alegre edizioni. Dal 2015 vive a Vienna.

Luigi Chiarella davanti ai quadri di Schiele esposti all’Albertina (foto di Claudio Valerio)

Quando e perché ha lasciato la Calabria?    
«Intorno a metà del 2006, se non ricordo male. Andai a vivere a Torino con Roberta, mia moglie, ci eravamo conosciuti pochi mesi prima lavorando insieme in uno spettacolo al Rendano di Cosenza. Dopodiché fin da ragazzino sono sempre stato in preda a una certa irrequietezza. Credo sia stata questa forza a spingermi a cercare di continuo, entrare in relazione con i luoghi, le persone, poi a un certo punto – e non è stato così facile – andare via da Cosenza, poi da Torino».

Rimpiange o le manca qualcosa?    
«Un solo rimpianto: aver mancato il concerto di Lou Reed a Cosenza nel 2003. Cosa mi manca… un po’ di cose: la vicinanza fisica con la famiglia, con amiche e amici che sono ancora in Calabria. Poi le serate del Partyzan, le prime di alcune nuove produzioni teatrali: eventi e lavori che nulla hanno da invidiare a ciò che si produce nel resto d’Italia. E poi il mare, lo Jonio, che nei giorni senza foschia riuscivo a vedere anche da Gimigliano».

Cosa salva della Calabria?    
«La bellezza del territorio, che è senza appello. L’Unical in quanto luogo di ricerca. L’uso del passato remoto. L’eredità culturale di Antonello Antonante, Franco Dionesalvi, Marcello Walter Bruno. Le persone di cuore e cultura che lavorano fra mille difficoltà. È possibile però che dimentichi qualcosa, qualcuno».

Cosa non le piace del posto dove vive adesso?    
«Sto imparando ad amare Vienna che, come Torino, è “diversa” dal territorio che ha intorno. Non mi piace un certo olezzo nazifascista che si sta spandendo in giro per il mondo, Austria compresa. E poi manca il mare, il Danubio è bellissimo ma è un’altra cosa».

Com’è strutturata la comunità dei calabresi nel luogo in cui vive?    
«Se esiste, non ne ho idea. La sola che frequento è quella composta da me stesso, Gea & Sirius, i nostri cani nati nelle campagne intorno a Siderno. Stiamo bene tra noi, siamo di poche parole».

Qual è secondo lei la forza dei calabresi fuori dall’Italia?    
«Generalizzare non rende giustizia, ma basandomi sul mio percorso, quello di mio fratello – per non parlare di quello di amiche e amici in giro per l’Italia e il mondo – credo che uno dei punti di forza sia senza dubbio la capacità di entrare in sintonia. Non tanto o non solo adattarsi, ma riuscire a creare un dialogo. Questo presuppone anche una certa apertura verso l’altro, una volontà di cercare, scoprire, creare».

Ci sono, al contrario, degli stereotipi che ci inchiodano a luoghi comuni non più attuali o comunque folkloristici e frutto del pregiudizio?    
«Durante i miei anni a Torino mi capitò purtroppo – di rado ma successe – di incontrare sia persone in preda a chiari deliri leghisti, che qualcun’altra con mal celati pregiudizi verso “i meridionali” in genere. I primi li trattai da fascisti, i secondi con l’accondiscendenza che meritavano. Credo che il numero di austriaci che sanno dove sia la Calabria sia ridicolo. Ma d’altra parte: quanti italiani sanno dove si trova Vorarlberg? No, nessuno stereotipo sui “calabresi” da parte degli austriaci. Di tanto in tanto invece ho sentito associare la parola “italiano” a “mafia”. Credo in parte perché in circolo c’è un modo di immaginarsi l’Italia piuttosto vecchio: per molti la musica pop italiana è ancora quella di Al Bano e Romina, dei Ricchi e poveri, per capirci. C’è da dire anche che le occasioni per rafforzare questo immaginario purtroppo non mancano. A volte mi fermo a chiarire almeno un po’ le differenze fra mafia‚ ‘ndrangheta e camorra. E poi che il problema dell’infiltrazione delle mafie nelle economie di vari paesi è concreta e quotidiana. Quando ci riesco, qualcosa nelle persone cambia, l’uso della parola “mafia” diventa – mi pare – un po’ più cauto».

Torna o tornerà in Calabria?   
«Torno meno spesso di quanto non vorrei, purtroppo. Sul tornare per „restare“, beh, quella è una possibilità che resta aperta, finora non ci sono state le condizioni. In futuro, chissà». (e.furia@corrierecal.it)

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Nella foto di copertina Luigi Chiarella in uno scatto di Martina Stapf durante le prove dello spettacolo “Sex Lügen und Odysseus” messo in scena a Vienna

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