VIBO VALENTIA Ucciso per «levare la vergogna nei confronti della famiglia». Era il 18 marzo 2004, quando Domenico Belsito, mentre si trovava in auto insieme ai figli, veniva fermato e raggiunto da una raffica di colpi d’arma da fuoco all’esterno di un bar a Pizzo. Il 34enne morirà pochi giorni dopo a causa delle gravi ferite riportate. Un omicidio già ricostruito da due collaboratori di giustizia, Andrea Mantella e Onofrio Barbieri, e per il quale sono stati condannati in primo grado lo stesso Mantella a 8 anni, Nicola Bonavota e Francesco Fortuna a 30 anni ciascuno. Assolto invece Pasquale Bonavota, mentre a processo con rito ordinario è Salvatore Mantella, presunto esecutore materiale insieme ad Andrea Mantella e Francesco Scrugli (ucciso in un agguato nel 2012), oltre che Onofrio Barbieri e Domenico Bonavota. Un’ulteriore svolta potrebbe arrivare con le dichiarazioni del neopentito Francesco Fortuna, killer dei Bonavota che ha deciso di seguire i passi intrapresi da Mantella e Barbieri, decidendo di collaborare con la giustizia.
Anche Fortuna, ascoltato a fine agosto dal procuratore ff di Catanzaro Vincenzo Capomolla e dal Sostituto Procuratore Antonio De Bernardo, ricostruisce l’omicidio Belsito, di fatto avvalorando quanto detto da Mantella prima e da Barbieri poi. «Il primo omicidio che è stato compiuto per conto dei Bonavota è stato quello di Domenico Belsito, avvenuto nel 2004» racconta Fortuna. «Tutto nasce da un favore che circa 15 giorni prima della commissione dell’omicidio Domenico Bonavota mi chiese di fare, ovvero una gambizzazione nei confronti del cognato di Andrea Mantella, cosa che feci». Un incarico che solo Fortuna avrebbe potuto fare perché era l’unico a non essere conosciuto dalla vittima. Mantella avrebbe poi deciso di ricambiare il “favore”, organizzando ed eseguendo l’agguato a Domenico Belsito. È questa vicenda che determinerà lo stretto rapporto di alleanza tra Mantella e i Bonavota. «Che io sappia – racconta Fortuna – è stato Domenico Bonavota a chiedere a Andrea Mantella di commettere l’omicidio».
Il movente, già raccontato da Barbieri, sarebbe «una relazione extraconiugale» avuta da Belsito con una ragazza, «per questo motivo doveva essere ucciso, per levare la vergogna della famiglia» e, in particolare, del fratello della donna. «La relazione era notoria a tutto il gruppo ed agli stessi Bonavota ed era in atto già a partire dall’anno 2001». Una «fuitina» fatale per Belsito, non gradita soprattutto dal fratello della compagna, «motivo per il quale si decise di eliminarlo». La sentenza di morte sarebbe stata emessa un anno prima, anche se «non era una cosa che doveva essere svolta in via prioritaria». Cosa che avvenne l’anno successivo, approfittando dei rapporti con Mantella e di una serie di incontri. «Tali incontri avvenivano a Sant’Onofrio in aperta campagna perché noi eravamo molto attenti alle intercettazioni». Il piano per uccidere Belsito sarebbe nato nel casolare dei Bonavota.
Prima il furto di un’auto da parte di Onofrio Barbieri, nascosta tra le vie di Sant’Onofrio insieme all’arma da fuoco «occultata all’interno». Poi i sopralluoghi di Mantella, con il primo che va a vuoto mentre nel secondo «Belsito è stato individuato ed è stato ucciso a Pizzo sulla via Nazionale». « Nel pomeriggio in cui è stato compiuto l’agguato io e Domenico Bonavota eravamo in giro a Sant’Onofrio appositamente per farci vedere e lì abbiamo appreso la notizia». In un primo momento Belsito viene ferito, ma sopravvive «a causa, forse, dell’inceppamento della pistola oltre che alla presenza di altri soggetti». Quella sera stessa, riunitosi insieme ai Bonavota, a Mantella, a Scrugli e a Barbieri, sarebbero poi andati a cenare in un ristorante. Fortuna racconta anche i giorni successivi: «Subito dopo l’agguato Domenico Bonavota si è recato all’ospedale per visitare Belsito e pertanto, che io sappia, escludo che lo stesso doveva essere ucciso», come raccontato da Mantella, anche perché «non avevamo alcun timore che lo stesso Domenico Belsito si sarebbe potuto vendicare». Il neopentito non esclude, però, che ci sia stata la volontà di Mantella e Scrugli di procedere alla definitiva eliminazione all’interno dell’ospedale. Anche sul ruolo di Pasquale Bonavota, assolto in primo grado, Fortuna va controcorrente: «La realizzazione dell’agguato è stata sicuramente partecipata a Pasquale Bonavota. Molte volte è andato Nicola Bonavota a Roma per riportare le notizie al fratello ed in tante circostanze sono andato anche io con lui». (Ma.Ru.)
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