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La scia di sangue a Sant’Onofrio e l’omicidio di Domenico Di Leo. Fortuna: «I mandanti sono i Bonavota»

La bomba al concessionario e il supporto dei Crotonesi. Per l’agguato, avvenuto nel 2004. Il collaboratore di giustizia è stato condannato a 30 anni

Pubblicato il: 12/11/2024 – 19:18
La scia di sangue a Sant’Onofrio e l’omicidio di Domenico Di Leo. Fortuna: «I mandanti sono i Bonavota»

VIBO VALENTIA Domenico Belsito, Raffaele Cracolici, Domenico Di Leo. A Sant’Onofrio, piccolo paese alle porte di Vibo, sono mesi di sangue quelli che vanno da marzo a luglio del 2004. Tre agguati, tre violenti omicidi, che seppur avvengono a distanza di diversi chilometri, hanno il loro nucleo centrale nel paese di origine della ‘ndrina dei Bonavota. Sarebbero loro gli organizzatori e mandanti, secondo gli inquirenti e le testimonianze dei pentiti, di tutti e tre gli episodi. Un periodo scandito dalla violenza ‘ndranghetista che si conclude la notte tra l’11 e il 12 luglio, quando in via Tre Croci una raffica di colpi d’arma da fuoco colpisce “Micu u Catalano”, all’anagrafe Domenico Di Leo, ritenuto vicino allo stesso clan, ma che avrebbe avuto dissidi con i vertici dei Bonavota. Sul suo omicidio hanno già riferito Onofrio Barbieri e Andrea Mantella, quest’ultimo con un ruolo di esecutore materiale insieme a Francesco Fortuna e Francesco Scrugli (deceduto in un agguato nel 2012, ndr). Fortuna, condannato in via definitiva a 30 anni, dopo che la Cassazione ha ribaltato la clamorosa assoluzione d’appello, ha ammesso e parlato dell’omicidio a fine estate, quando ha comunicato agli inquirenti la sua volontà di collaborare con la giustizia.

I verbali di Fortuna

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Fortuna si presenta in prima seduta il 30 agosto, poi nuovamente il 3 ottobre. Con sé un piccolo foglio su cui aveva scritto i dettagli di tre omicidi da raccontare al procuratore ff di Catanzaro Vincenzo Capomolla e il sostituto procuratore Antonio De Bernardo. Tra questi quello di Domenico Di Leo. «La causa scatenante – racconta Fortuna – è stato il danneggiamento mediante una bomba perpetrato ai danni della concessionaria presente in Sant’Onofrio per la quale Di Leo veniva ritenuto responsabile». Come mandanti dell’omicidio Fortuna individua Domenico Cugliari, Bruno Cugliari e Domenico Bonavota, mentre «Nicola Bonavota si è occupato del recupero dei killer a seguito dell’omicidio». «Gli esecutori materiali dell’omicidio siamo stati io, Francesco Scrugli e Andrea Mantella, mentre Onofrio Barbieri al momento dell’omicidio non era presente». A Barbieri sarebbe stato affidato il compito di trovare la macchina con cui l’agguato si sarebbe dovuto compiere, medesimo modus operandi utilizzato per gli omicidi di Raffaele Cracolici e Domenico Belsito.

L’agguato in via Tre Croci

 Sul ruolo, invece, di Pasquale Bonavota, Fortuna riferisce che «era stato messo a conoscenza dell’agguato ai danni di Domenico Di Leo, soggetto con il quale non aveva buoni rapporti anche in virtù di una relazione che aveva con la cugina di Di Leo». Nicola Bonavota e Bruno Cugliari si sarebbero recati a Roma per ottenere il placet di Pasquale Bonavota, «che evidentemente non si è opposto alla sua realizzazione anche se a mio parere non vi erano margini per evitarlo». Una sua parola contraria, spiega Fortuna, avrebbe potuto far desistere i presunti mandanti dall’omicidio. Anche agli Arena di Isola Capo Rizzuto sarebbe stato chiesto supporto per compiere l’omicidio, ma – specifica Fortuna – «i Crotonesi non sono venuti a Sant’Onofrio». L’agguato sarebbe stato organizzato con i tipici incontri nelle campagne Santonofriesi, per tutelarsi dalle possibili intercettazioni. I killer si sarebbero nascosti in un casolare fino all’arrivo della vittima, ucciso a colpi di Kalashnikov. (Ma.Ru.)

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