È il giorno della verità. I sei vicepresidenti esecutivi designati da Ursula von der Leyen saranno ascoltati dalle varie commissioni parlamentari competenti: una maratona dalle 9 alle 21.30, in tre scaglioni con due commissari che saranno auditi in contemporanea.
I primi due – dalle 9 alle 12 – saranno l’italiano Raffaele Fitto (Coesione e riforme, Ecr) e l’estone Kaja Kallas (Alto rappresentante per la Politica estera, Renew). Seguiranno – dalle 14.30 alle 17.30 – la romena Roxana Minzatu (delega alle Competenze, S&d) e il francese Stèphane Sèjournè (delega all’Industria, Renew). Chiuderanno il balletto la spagnola Teresa Ribera (Transizione, S&d) e la finlandese Henna Virkunnen (Sovranità tecnologica, Ppe).
L’audizione – pubblica – dura tre ore e può essere estesa fino a quattro. Al termine, si riuniscono i coordinatori dei gruppi nella commissione (o commissioni congiunte). I quesiti a cui devono rispondere i coordinatori sono due: “La persona indicata è qualificata per fare il commissario?”; “è adatta per il portafoglio indicato?”.
Per l’approvazione serve il via libera dei due terzi dei coordinatori. Se mancasse, si possono inviare nuove risposte a domande scritte oppure si può convocare una seconda audizione (di un’ora e mezza) previa l’autorizzazione della Conferenza dei presidenti del Pe. Qualora non sia sufficiente nemmeno il secondo passaggio, si va al voto della commissione (segreto) a maggioranza semplice.
Finora la maggioranza Ursula ha retto, contando anche sul sostegno proattivo dell’Ecr che – appunto in vista del test di Fitto – ha dato la propria benedizione ai commissari designati finora esaminati.
L’equilibrio socialisti-liberali-verdi-popolari aveva traballato tra martedì e mercoledì. Martedì sera era stata esaminata in commissione Ambiente la svedese Jessika Roswall del Ppe (delega all’Ambiente, appunto). Non si era mostrata particolarmente preparata, nemmeno agli occhi degli eurodeputati verdi del suo Paese. Il giudizio è stato rimandato al giorno dopo (il regolamento concede 24 ore).
La mattina di mercoledì è stato il turno della liberale belga Hadja Lahbib, indicata alla Gestione delle crisi e alla parità. L’esame davanti alle commissioni congiunte Sviluppo, Diritto donne, Libertà civili e Ambiente aveva lasciato scettici in particolare i popolari. Risultato: le due sono state valutate insieme, in un do ut des interno alla maggioranza Ursula, e hanno ottenuto il via libera.
Su Fitto rischia di riproporsi il braccio di ferro tra i socialisti – non convinti su un vice conservatore – e popolari che sostengono (e proteggono) Fitto (tra l’altro ex Ppe). Sfruttando proprio l’ordine delle audizioni, i popolari minacciano di rivalersi su Ribera in caso di sgambetti a Fitto da parte degli altri componenti della maggioranza Ursula.
“Porre sullo stesso piano Fitto e Ribera è inaccettabile, l’accordo del Ppe era con le forze pro-europee, come i socialisti e i liberali, e Ribera è una socialista”, ha affermato la presidente dei socialisti, la spagnola Iratxe Garcia Perez. “C’era un accordo tra i popolari e i socialisti e deve essere rispettato, cosa succede se non verrà rispettato? Chiedetelo a Weber”, ha aggiunto. Fonti del gruppo S&d hanno evidenziato che la questione che si pone è “politica e non riguarda Fitto o l’Italia bensì la scelta di von der Leyen di fare entrare in maggioranza l’Ecr che aveva votato contro di lei a luglio perché non condivide la sua linea europeista”.
A complicare ulteriormente il quadro è la scelta dei coordinatori delle commissioni Ambiente e Agricoltura che hanno rinviato – di nuovo – il giudizio sull’ungherese Oliver Varhelyi designato alla Salute e al benessere animale. Nemmeno le ulteriori risposte scritte inviate venerdì – in cui assicurava la tutela del diritto di aborto e del rispetto delle norme europee sui vaccini – hanno convinto i parlamentari. Non è escluso che tutto il pacchetto venga esaminato nell’insieme mercoledì. Dopo magari un negoziato – politico – parallelo.
“Stupiscono i continui veti dei Socialisti europei, che rischiano di ritardare e di rendere complesso l’avvio della Commissione. E stupisce ancor più l’incapacità del Pd di sostenere con forza una posizione italiana all’interno del gruppo socialista. Ciò malgrado sia la delegazione numericamente più grande. Delle due l’una: o il Pd vorrebbe sostenere il Commissario designato italiano e la sua Vicepresidenza esecutiva ma non è in grado di farsi rispettare dalla sua famiglia politica, oppure non sta difendendo l’interesse nazionale italiano, perché accecato dal proprio odio ideologico”, criticano fondi di Fdi. (Agi)
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