COSENZA «Gentilissima Direttrice, da alcuni anni la politica calabrese è attraversata da un acceso dibattito sulla fusione dei comuni, che ora si concentra sul progetto di fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero. Questa proposta non è un caso isolato, ma rientra in una più ampia tendenza nazionale e internazionale.
Il numero di comuni italiani continua a diminuire grazie ai processi di fusione. Dal 2009, secondo il Dipartimento degli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio, vi è stata una riduzione complessiva di 208 comuni. Del resto, questo fenomeno non è esclusivo dell’Italia. Molti paesi attuano da decenni politiche di fusione dei comuni: la Svezia, per esempio, governata per decenni dai socialisti, è considerata un esempio europeo di successo. Negli anni Quaranta contava oltre 2.400 comuni; oggi ne restano solo 290.
Sicuramente, le fusioni sono state un rimedio al fenomeno di una “atomizzazione municipale” che ha interessato molti paesi europei, con una frammentazione eccessiva dell’amministrazione locale in un numero elevato di comuni scarsamente popolati. Tuttavia, sarebbe un errore guardare alle fusioni solo come strumenti rivolti ai piccoli comuni per finalità di spending review.
Le fusioni hanno avuto anche obiettivi molto più globali e ambiziosi. Si pensi alla New York che conosciamo oggi, nata a fine Ottocento dall’unione di Manhattan, Brooklyn, Bronx, Queens e Staten Island. Anche in quel caso ci furono decenni di dibattito. I residenti di Brooklyn temevano di perdere la loro identità, e il Partito Repubblicano locale si opponeva alla fusione per evitare la prevalenza dei Democratici di Manhattan. Il processo si concluse con un referendum, in cui il sì vinse.
Tornando in Italia, la fusione dei comuni è regolata dalla Costituzione e dal Testo Unico degli Enti Locali, che conferisce alle regioni la facoltà di modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni, sentendo le popolazioni coinvolte attraverso i meccanismi previsti dalle leggi regionali. Un processo non pensato solo per i piccoli comuni: basti pensare che da molti anni è in corso un lento processo di fusione di un capoluogo di provincia come Pescara con i comuni di Montesilvano e Spoltore.
In Calabria, dal storico e riuscito esperimento di Lamezia Terme del 1968, le recenti fusioni di Corigliano-Rossano e Casali del Manco, in provincia di Cosenza, ci hanno insegnato molto sui vantaggi e sulle sfide di queste scelte. Tuttavia, rispetto al passato, con la legge regionale del 26 maggio 2023, n. 24, la procedura per la fusione è stata rimodellata.
Potremmo continuare a discutere molto su questa riforma, ormai approvata più di un anno fa, proprio in vista dell’iter per l’istituzione del nuovo Comune derivante dalla fusione dei Comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero. La cronaca politica di questi mesi ha messo in luce tutti i suoi limiti, che abbiamo segnalato in ogni sede. Non possiamo però lasciare che la forma diventi un pretesto per non valutare la fusione di Cosenza-Rende-Castrolibero nel merito. Il “Sì ma non così” è posizione di comodo. Ecco perché il Partito Democratico è non solo favorevole alla fusione, ma anche con forza mobilitato a favore del sì. Alcune delle ragioni più significative a sostegno del sì alla fusione riguardano la creazione di un’amministrazione più efficiente. La fusione riduce la burocrazia, semplifica i processi decisionali e permette di unificare servizi essenziali, come la raccolta dei rifiuti e il trasporto pubblico, migliorandone qualità e uniformità. Inoltre, una struttura amministrativa unificata ha una maggiore capacità di accedere a finanziamenti regionali, nazionali ed europei e consente una migliore pianificazione territoriale integrata, valorizzando il patrimonio culturale, naturale e turistico in maniera più coordinata e sostenibile. Non sosteniamo però la fusione solo per un calcolo di efficienza. Un ente territoriale più grande consentirebbe alla comunità di Cosenza-Rende-Castrolibero di esercitare una voce più influente nello scenario politico nazionale. Con una rappresentanza politica rafforzata, l’area urbana potrebbe incidere di più nelle decisioni delle istituzioni superiori e acquisire un peso che solo un centro amministrativo più grande può assicurare. Le scrivo però perché mi preme sottolineare che il dibattito politico calabrese su un tema così importante non può ridursi alla fusione di soli tre comuni, con una regione intera spettatrice passiva. Inoltre, non possiamo permettere che le fusioni siano uno strumento di lotta politica fra maggioranza e opposizione in regione. Le fusioni saranno attuate solo alla fine di questo mandato regionale, a partire da quella di Cosenza-Rende-Castrolibero, recentemente rinviata al 2027. Una politica lungimirante deve riconoscere che la convergenza dei centri urbani interessa ormai un numero sempre più ampio di comuni, anche in Calabria. Il fenomeno della conurbazione – ossia l’espansione e fusione di più centri urbani vicini – è ormai esploso da molti decenni anche nella nostra regione e continua ad aumentare di rilevanza anno dopo anno. Nei prossimi decenni, molte fusioni di cui oggi nemmeno parliamo saranno inevitabili. È per questo che serve una pianificazione chiara per i prossimi 25 anni, che indichi la direzione che la nostra regione intende prendere.
Oggi, le proposte di fusione sono spesso iniziative personali dei singoli esponenti regionali, mentre serve una visione strategica di medio-lungo termine collettiva. Non c’è una logica chiara su quali comuni coinvolgere nelle fusioni nei prossimi anni, né su quali criteri utilizzare per la selezione dei territori, né su quali investimenti promuovere per arrivare alle fusioni. Ecco perché, è necessario che la Calabria si doti di una vera politica regionale per le fusioni dei comuni.
La legge regionale del 24 novembre 2006, n. 15, pur modificata nel 2023, non è adeguata alle sfide future. Come già osservato da esperti, sarebbe opportuno adottare una nuova legge regionale organica in materia, che superi gli attuali processi disfunzionali e attribuisca una voce agli enti locali. Serve dunque un piano chiaro, che guardi a tutte le province e a tutti i territori, e che definisca a chiare lettere che il principio da utilizzare a ogni livello amministrativo è quello dell’aggregazione e non quello della disgregazione, come purtroppo alle volte si sente ancora nel dibattito politico. La fusione dei comuni è davvero un’opportunità straordinaria. Dobbiamo trasformarla in uno strumento per lo sviluppo di tutto il territorio calabrese, attraverso una programmazione coerente e lungimirante delle prossime fusioni. Occorre una “call to action” per la politica calabrese, per dare slancio a una nuova stagione di unione su criteri certi e trasparenti che superi la contingenza e guardi al futuro.
* segretario provinciale Pd Cosenza
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