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l’inchiesta

‘Ndrangheta, la faida sfiorata per uno schiaffo. «Questo cretino me lo faccio in piazza»

Episodio dell’estate del 2021 riportato dalla Dda di Firenze. Tra i protagonisti Pasquale Conidi, pronto a “proteggere” l’amico Foti da una eventuale ritorsione. Solo l’arresto ha evitato il peggio

Pubblicato il: 14/11/2024 – 6:33
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, la faida sfiorata per uno schiaffo. «Questo cretino me lo faccio in piazza»

LAMEZIA TERME «Io me lo faccio in piazza, non ha capito un cazzo questo scemo…». Un’estate particolarmente rovente, quella del 2021, e il rischio di una escalation criminale che si sarebbe potuta concludere con un omicidio. È il 2021 e gli inquirenti intercettano una serie di conversazioni che vedono tra i protagonisti Pasquale Conidi (cl. ’55) e alcuni soggetti che, secondo la Distrettuale antimafia di Firenze, farebbero parte di un gruppo criminale dedito al traffico di cocaina tra la Calabria e il capoluogo toscano. Conidi è finito in manette nell’operazione, condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Firenze, insieme a Giuseppe Foti, Antonio Callipari e Marco Trimarchi. Ai domiciliari, invece, sono finiti Carmela Greco, Stefano Diversi e Fabio Cugliari.

L’estate rovente del 2021

Nella fase investigativa però gli inquirenti si imbattono in un’accesa contesa che ha avuto come protagonista il socio di Conidi, Giuseppe Foti. Sulle utenze monitorate gli inquirenti non riescono ad intercettare alcuna tra i due, «a conferma dell’utilizzo di telefoni criptati», annota il gip nell’ordinanza. È la sera del 25 luglio 2021 quando Conidi, da Lamezia Terme, arriva a Stefanaconi, nel Vibonese, per raggiungere proprio l’amico Foti. Gli inquirenti, nel frattempo, tracciano una lunga serie di incontri tra i due, continui viaggi tra Lamezia, Curinga e Stefanaconi, sempre a casa di Foti.

Lo schiaffo della discordia

Il quadro è ancora poco chiaro quando gli inquirenti apprendono delle intenzioni di Conidi di tornare a Firenze poco dopo Ferragosto. Ma, nel frattempo, c’era ancora una questione da sistemare. «Ti porto il pane… la suppressatina…» dice in una telefonata Conidi al socio tostano Diversi, mentre ad un altro socio calabrese dice di avere la necessità di incontrarlo perché «c’è un bell’affare di lavoro per te… con i salami… con i formaggi che lavori tu…». In realtà, Conidi vuole incontrare il corregionale per reperire – come accerteranno da qui a poco gli inquirenti – delle armi da fuoco per vendicare un affronto subito dall’amico e socio Giuseppe Foti. A quanto pare, infatti, Foti avrebbe dato uno schiaffo ad un tale «figlio di Maisano», temendo, come conseguenza, un’immediata rappresaglia da parte sua. La discussione viene affrontata da Conidi mentre discute con il fratello al quale dice, inoltre, di essersi già attivato per reperire delle armi da fuoco attraverso il suo amico di Mileto.
«Peppone ha avuto una discussione… mo’… questo pomeriggio sta arrivando un mio amico… da Mileto… forse ce l’ha… perché questo qui si è montato di testa… e Peppe ha fatto bene! Gli ha mollato una “moscata” (…) gli ho detto “cugino alla fine che hanno loro… le pistoline le troviamo… i fucili ci sono!».
La conversazione tra fratelli, però, assume contorni preoccupanti dal momento che Pasquale Conidi si dice pronto a compiere un agguato. «(…) a questo punto gli spariamo e basta! (…) il casino che ha fatto… gli suoniamo il campanello “vieni giù un minuto”…». E ancora: «C’è una guerra! Mo’ vediamo come finisce… se uno muore, muore! Domani casomai… facciamo domani…».

«Questo cretino me lo faccio in piazza»

Più tardi, quella stessa sera, Pasquale Conidi racconta a tale “Giovanni”, «della provocazione subita dal Foti di Saverio Maisano», riporta il gip nell’ordinanza, all’interno di un salone di barbiere, e della sua intenzione di vendicarlo. «(…) ero incazzato forte… ho avuto i conflitti a fuoco con l’auto… con i portavalori… figurati se penso a questo cretino, io me lo faccio in piazza… non ha capito un cazzo questo scemo, non è quello il problema…». E, ad un certo punto, Conidi si pone qualche dubbio: «se è partito senza avere nessun motivo… qui c’è qualcosa dietro… non regge la cosa Giova’… capisci che non regge… è premeditata, o non sei d’accordo?». Secondo Conidi – come riscontrato dalle intercettazioni – gli attriti esistenti tra Foti e Maisano «derivavano dall’egemonia, che entrambi avrebbero voluto avere sul traffico di stupefacenti», riporta il gip nell’ordinanza, citando anche un tale “Cola” che, per gli inquirenti, altri non è che Nicola Bartolotta, suocero di Saverio Maisano e «capo storico di una delle strutture di ‘ndrangheta operanti a Stefanaconi», annota ancora il gip nell’ordinanza.

L’arma pronta e l’arresto

Il 14 agosto Conidi riceve la telefonata attesa dall’amico di Mileto che raggiunge poco dopo. Nel corso dell’incontro, come annota il gip nell’ordinanza, Conidi «prende visione di due pistole, tra le quali una .357, affermando che quest’ultima fosse proprio la sua arma “personale”», armi che l’amico di Mileto vorrebbe vendergli a 4mila euro. I due, quindi, si mettono d’accordo per l’acquisto di una sola pistola che Conidi occulta all’interno di una sorta di vano segreto all’interno della propria auto. L’uomo, però, verrà fermato poco dopo a Sant’Onofrio. L’auto viene perquisita e gli agenti riescono ad individuare il vano segreto al cui interno trovano una pistola cal. 7,65 con matricola abrasa e 20 proiettili, con il successivo arresto di Conidi. (g.curcio@corrierecal.it)

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