COSENZA «Le aule di giustizia sono le case degli avvocati, quello che stiamo portando avanti non è uno scontro ma una battaglia di civiltà contro una ingiustizia». Qualcuno potrebbe facilmente lasciarsi andare ad una battuta “servirebbe un Reset per ripristinare il cortocircuito” che vede coinvolti la Camera penale di Cosenza, l’ordine degli avvocati e il procedimento scaturito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro denominato, appunto “Reset“. Per quasi due anni, l’aula bunker di Lamezia Terme ha ospitato le udienze del maxi processo prima che il maltempo che ha colpito il lametino allagasse, rendendo inagibile, la stessa aula. Immediata e reiterata la richiesta dei penalisti cosentini: «Fuori il processo dai bunker, si celebri al Tribunale di Cosenza».
E qui si arriva al cortocircuito: inaspettato e forse inatteso. Il processo non si celebra nell’ancora inutilizzabile aula bunker o al palazzo di giustizia di Cosenza, ma nell’aula bunker di Castrovillari. Sede, per i penalisti, «inadatta ad ospitare il procedimento». Una circostanza ribadita con forza, oggi pomeriggio, nella sede della Camera penale bruzia in una conferenza aperta alla stampa alla quale hanno partecipato anche la vicepresidente del Direttivo della Camera Penale, Alessandra Adamo, gli altri Consiglieri Valentina Spizzirri, Domenico Caputo, Angelo Nicotera, Pietro Sammarco, Sergio Sangiovanni, Francesco Santelli e il segretario Gabriele Posteraro.
«La cartina di tornasole di tutto è la nota della Presidente della Corte di Assise di Cosenza – dice il presidente della Camera penale di Cosenza Roberto Le Pera – la quale afferma che Cosenza è un tribunale in cui si sono celebrati processi di mafia quando vi erano le videoconferenze e non vi erano i collegamenti da remoto e vi erano decine e decine di imputati detenuti. Se all’epoca questo tribunale aveva le aule protette, come mai oggi non ci sono?», chiosa Le Pera.
Ribadendo l’assoluta volontà di non arrivare ad uno scontro, Le Pera si chiede: «Conviene costruire le aule bunker? Non bastano le aule dei tribunali? Chiediamo alla Presidente del Tribunale di Cosenza, verso la quale proviamo il massimo di rispetto istituzionale, di verificare se l’assenza di aule protette è una formula soltanto di emergenza e per quale motivo le stesse debbano considerarsi non protette atteso che sono stati celebrati maxi processi». Infine, Le Pera chiosa: «a 15 giorni di distanza dal deposito di una istanza, non abbiamo avuto copia del provvedimento di celebrazione a Lamezia Terme».
Giovedi 14 novembre si è celebrata la seconda udienza del processo “Reset” nell’aula bunker di Castrovillari. L’avvocato Maurizio Nucci, in via preliminare, ha sottolineato le condizioni – a suo dire – non ottimali. Termometro in mano, il legale del collegio difensivo, ha ribadito l’impossibilità di celebrare una udienza con 15 gradi centigradi e senza un adeguato sistema di riscaldamento. «Mi pare che queste condizioni non ci fossero per gli avvocati, mentre dove era seduto il collegio giudicante mi pare ci fosse una stufetta a riscaldare i signori giudici», tuona la presidente degli avvocati cosentini, Ornella Nucci. «Quindi è prima di tutto una battaglia di civiltà, perché alcune cose rischiano di essere anche imbarazzanti».
Per Nucci: «Gli stessi magistrati celebrano a Cosenza processi, per i quali onestamente mi chiedo se serva un’aula bunker e mi chiedo poi se un’aula bunker possa essere definita tale quando alla prima pioggia si allaga. Credo che le condizioni di sicurezza possano essere offerte da un palazzo di giustizia, con le mura di cemento armato, con vetri antisfondamento, come quello di Cosenza». «Forse dobbiamo alzare il tiro – aggiunge Nucci – forse dovremmo richiedere una ispezione ministeriale, interpellare il ministro e il Csm. E poi va valutato il provvedimento della presidente ff del tribunale di Cosenza, se è amministrativo occorre capire se e come aggredirlo».
Al tavolo dei relatori, accanto a Le Pera e Nucci siede Franz Caruso, avvocato penalista e sindaco di Cosenza. «Frequento queste aule dal 1982», ricorda il legale, poi arriva l’affondo: «La stortura nasce dai maxi processi. Ho preso parte come difensore nel processo “Stige” celebrato a Crotone ed abbiamo partecipato ad udienze ospitate in aule più piccole rispetto a quelle del tribunale di Cosenza. Se viene definito non protetto il tribunale bruzio, allora non si celebri nessun processo». (f.benincasa@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x