COSENZA I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza lo avevano localizzato, poco più di un anno fa, a Bari, in una ampia villa nei pressi del capoluogo. È qui che Leonardo Abbruzzese “Nino Castellino” aveva trovato ospitalità e sostegno logistico. L’uomo, classe 1985, era sfuggito così alla cattura in seguito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip in seguito all’operazione “Athena” che aveva disarticolato la “cosca degli zingari” attiva a Cassano allo Ionio. Ad un anno di distanza, a finire in manette sono stati i presunti fiancheggiatori della latitanza di Abbruzzese. Sono in tutto 15 le persone arrestate dai Carabinieri dei comandi di Cosenza e Bari. Dall’attività d’indagine – coordinata dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro – sarebbero emerso il ruolo di Francesco, Cosimo ed Antonio Abbruzzese che, reciprocamente, avrebbero «collaborato al fine di organizzare lo spostamento del latitante, a veicolare i suoi messaggi alla famiglia e ad organizzare i suoi incontri con la moglie e con le figlie», riporta il gip nell’ordinanza. Stessa accusa ipotizzata anche nei confronti di Angelica Forciniti, Enzo Molino, Marianna Costanzo e Francesco Pio Alfano, tutti e quattro finiti oggi in manette.
Secondo l’accusa e come riportato dal gip nell’ordinanza, i quattro avrebbero aiutato “Nino Castellino” «ad allontanarsi dal territorio calabrese e a recarsi a Bari, presso la villa della famiglia Lovreglio», dove poi verrà trovato al momento del suo arresto. Una ricostruzione accusatoria che ha preso spunto da una importante intercettazione risalente al 17 ottobre del 2023, considerato di fatto il giorno in cui il latitante sarebbe stato “spostato”, avvenuta all’interno di una abitazione sita nel “Villaggio Italia 2”, di Spezzano Scalo, frazione di Spezzano Albanese. Nella conversazione «Enzo Molino aggiornava Leonardo e Cosimo Abbruzzese dell’arrivo di qualcuno, verosimilmente a bordo di un mezzo», annota ancora il gip. Poi, all’arrivo del mezzo, è stata captata un’altra conversazione nel corso della quale «si parlava di “lampeggianti”, si sentiva il rumore di un portellone che scorreva, si faceva riferimento al fatto che “c’è un malato” e veniva salutato “compare Nino”», elementi dai quali gli inquirenti avevano dedotto lo “spostamento” di Leonardo Abbruzzese bordo di un’autoambulanza. Una tesi confermata dalle ulteriori risultanze investigative. Di fatto sarebbe stata utilizzata un’ambulanza della “Montalto soccorso odv” di cui sarebbe presidente Marianna Costanzo (cl. ’78), finita in carcere. Il mezzo effettivamente arriverà a Bari, presso la villa dove poi verrà trovato e arrestato il latitante.
A finire in manette anche Francesco e Nicola Lovreglio, la moglie di quest’ultimo, Elisabetta Sciacovelli, oltre ad Eugenio Traversa. Come riporta il gip, infatti, in concorso tra loro «avrebbero aiutato Abbruzzese ad allontanarsi dal territorio calabrese e a recarsi a Bari», poi «lo avrebbero ospitato presso la villa di famiglia (dove verrà poi trovato il giorno del suo arresto) ed agevolavano i suoi spostamenti». In occasione dell’arresto del latitante, infatti, i militari hanno anche sequestrato le memorie delle telecamere installate ed attive presso l’abitazione, ricostruendo così la rete dei fiancheggiatori. E le immagini avrebbero immortalato due momenti decisivi: l’arrivo del boss dopo il 18 ottobre 2023 e quelli antecedenti la sua cattura.
Da quanto emerso nell’inchiesta denominata “Athena”, Leonardo Abbruzzese è ritenuto «partecipe» del sodalizio criminale degli “Zingari” che opera nella Sibaritide, col compito di veicolare «le disposizioni del capo Nicola Abbruzzese e, più in generale, di favorire la circolarità delle informazioni tra il suddetto e alcuni membri dell’associazione». Per chi indaga, l’ex latitante è un portatore di ‘mbasciate per conto del clan: un messaggero di comunicazioni tra i membri del sodalizio e il reggente della cosca alias “Semiasse”. Quest’ultimo avrebbe affidato il compito a “Castellino” di «veicolare informazioni agli altri compartecipi, spesso chiedendogli di convocare soggetti che bisognava incontrare, anche per sbrigare questioni legate agli stupefacenti». (g.curcio@corrierecal.it)
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