LAMEZIA TERME “Stabilizzazione”. E’ questo il termine che la gran parte degli analisti della politica calabrese in questi ultimi giorni associano al centrodestra dopo la nomina del presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso a commissario della Lega al termine della parentesi “esterofila”. Il dato che emerge, anche da alcune considerazioni a commento della scelta di Mancuso (attesa per certi aspetti ma inattesa per altri), è che la coalizione di governo, in Calabria, adesso si “blinda” ancora di più, si normalizza anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, che culmineranno con le Regionali, in riferimento alle quali il governatore Roberto Occhiuto, vicesegretario nazionale di Forza Italia (ruolo da tenere sempre a mente…), ha già opzionato la ricandidatura come leader.
La guida della Lega affidata a Mancuso magari – dicono i “bene informati” – lascia qualche strascico di malcontento nel Carroccio calabrese, storicamente turbolento, ma certo rappresenta un segnale di sicurezza sia per Fratelli d’Italia sia per Forza Italia, partiti con cui Mancuso, grazie anche e soprattutto al suo lavoro a Palazzo Campanella, mantiene buoni “uffici” (politicamente parlando ovviamente). E sicuramente Mancuso rappresenta un interlocutore più affidabile di tutti anche per lo stesso Occhiuto, che, per quanto abilissimo a non ingabbiarsi nelle camarille e nelle liturgie di coalizione (ufficialmente in questa legislatura non ci si ricorda di alcuna interpartitica del centrodestra) e a bypassarle parlando direttamente con i vertici romani, certo gradisce uno schieramento il più possibile unito e tranquillo. E non a caso, plaudendo alla nomina di Mancuso, Occhiuto l’ha definita un elemento che rafforza la coesione del centrodestra. Un centrodestra che dunque “accende” i motori con vista sulle elezioni avendo di fatto già definito alcune caselle (oltre a Occhiuto per la Regione, si vocifera a esempio della candidatura al Comune di Reggio Calabria che sarà appannaggio di Forza Italia, quella al Comune di Catanzaro appannaggio di Lega-Mancuso e quella della Provincia di Catanzaro appannaggio di Fratelli d’Italia se si torna all’elezione diretta del presidente).
Insomma, stabilità nel centrodestra, un quadro che invece non si addice – almeno non si addice ancora – al centrosinistra, perennemente in cerca di identità e di unità. A parte le “manovre dell’ombra” che non mancano mai ma che però sembrano velleitarie, e divisioni territoriali legate anche a dinamiche personali, il Pd calabrese sembra attraversare una fase di sostanziale tranquillità, con la segreteria del senatore Nicola Irto allineata a quella della leader nazionale Elly Schlein come si è intravisto a Mormanno, gli “Stati generali” della montagna che sono diventati il lancio del percorso per (provare a) costruire l’alterativa al centrodestra. Il problema è che – dicono gli osservatori politici più accreditati – è che in Calabria, come del resto anche nel resto del Paese – non si vede ancora una coalizione dal perimetro definito e compiuto, con un campo largo dei progressisti che è largo solo nelle sigle ma non nei numeri. Il Movimento 5 Stelle è in una fase estremamente delicata, con la “Costituente” di Giuseppe Conte che è servita per rompere con Beppe Grillo ma che rischia di tracollare ulteriormente un partito in evidente crisi di identità: la pattuglia dei portavoce calabresi sembra schierata senza defezioni con Conte ma intanto c’è il rischio di perdere un seggio alla Camera nel braccio di ferro con gli azzurri di Andrea Gentile, e poi secondo alcune risultanze di stampa in Calabria si starebbe assistendo a un’erosione della base storica del M5S. C’è sì una Sinistra Italiana che sta crescendo, dopo il boom delle Europee grazie anche a candidature di bandiera come Mimmo Lucano, ma certo non può partire da qui la sfida al centrodestra. C’è poi il partito “parallelo” dei sindaci delle grandi città, tutti – da Nicola Fiorita a Franz Caruso, da Giuseppe Falcomata a Flavio Stasi – che con il Pd ha un rapporto molto ondivago (anche Falcomatà, che è l’unico ufficialmente iscritto al Pd), un rapporto stretto solo sul tema del no all’autonomia differenziata e su qualche altro tema “manifesto”. Poi, tutta l’rea centrista e moderata che in Calabria non è insignificante ma che non riesce a connettersi pienamente con il centrosinistra: anzi in alcuni casi – come Azione– è decisamente schierata a livello regionale con il centrodestra, e non dà l’idea di volersi spostare da quella che è comunque una “comfort zone”. (a.cantisani@corrierecal.it)
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