VIBO VALENTIA Era riuscito a sfuggire al blitz delle forze dell’ordine, trincerandosi nel bunker di casa sua. A fianco a lui un Kalashnikov e un piccolo arsenale tra pistole e fucili. L’operazione, denominata Olimpo e scattata all’alba del 26 gennaio 2023, avrebbe portato all’arresto di 56 persone, molti dei quali elementi di spicco della ‘ndrangheta vibonese operante lungo la Costa degli Dei. Tra questi anche Antonio Accorinti, che in un primo momento riesce a “sfuggire” al blitz degli agenti sfruttando una stanza segreta costruita appositamente nel suo appartamento. Lo stesso che, di lì a poco, dopo essere stato catturato dalle forze dell’ordine, sarebbe diventato uno dei collaboratori di giustizia più importanti della Provincia.
Ascoltato in aula durante il processo Maestrale Carthago, nelle udienze delle scorse settimane, il pentito racconta l’arsenale a disposizione dei Melluso e i suoi “metodi” per evitare la cattura durante le operazioni delle forze dell’ordine. Escamotage che se ha “funzionato” la prima volta, non ha tratto in inganno gli agenti alla seconda perquisizione della casa, quando Accorinti è stato trovato proprio all’interno del bunker insieme a diverse armi: un Kalashnikov, munizioni di vario calibro, pistole e un fucile. In particolare il Kalashnikov, riferisce il pentito, gli era stato consegnato da un soggetto «che aveva una ditta edile a Zambrone. Prima dell’arresto di Costa Pulita abbiamo condiviso delle armi con lui». Armi che «abbiamo rubato in quel furto a Parghelia in un’abitazione, dopo il fucile io lo diedi a loro e la pistola la regalai a Pantaleone Mancuso».
Proprio in virtù di questi rapporti con il titolare della ditta, Accorinti avrebbe avuto la «brillante idea» di costruire un bunker durante i lavori di ristrutturazione di casa sua. «Mentre faceva i lavori, quando sono venuti a supervisionarli e a prendere le misure, ci è venuta la brillante idea, visto com’era la posizione di questa mansarda, che avremmo potuto fare un bunker. Stavamo ristrutturando il bagno, ci siamo impegnati e abbiamo studiato come si poteva fare» racconta il pentito. È grazie a questo “nascondiglio” che riesce ad evitare il primo arresto. «Io a gennaio, durante l’operazione Olimpo, ero ai domiciliari. Ho sentito arrivare la Polizia, mi sono nascosto all’interno del bunker, sono riuscito a chiuderlo bene e non sono stato trovato nonostante la lunga perquisizione». Il fiuto investigativo degli agenti va a centro durante la seconda perquisizione, con il pentito catturato con accanto un vero e proprio arsenale. Non tenuto per intenti bellici in caso di arresto, ma per “conservarli” in un luogo sicuro. «Nel momento in cui è stato costruito questo bunker, mi disse (il titolare della ditta, ndr): mettiamo pure quel coso lì che almeno qua sta al sicuro e non si rovina». (Ma.Ru.)
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