La Corte Costituzionale ha di fatto bocciato il testo della legge sull’autonomia differenziata proposta da Calderoli ed ha definito illegittimi i principi contenuti. Oltretutto la bozza presentata non prevedeva un criterio per decidere se avesse senso o meno delegare una particolare funzione alle regioni. Sarebbe stata la stessa cosa sostenere che si può fare a meno del Parlamento o, quantomeno limitarne il ruolo. Tutto per poter agire singolarmente e consentire a ciascuna regione di agire “motu proprio” al di fuori della Costituzione che disciplina anche i rapporti tra Stato e Regioni. Naturalmente sarebbe stata questa la norma che avrebbe “facilitato” la frammentazione dell’Italia! Ma, fortunatamente, le istituzioni esistono per fare rispettare le regole. Come andrà a finire? Superfluo aggiungere che si tratta di una legge che, se fosse stata approvata, avrebbe diviso l’Italia in due, con l’aggravante di avere scelto un periodo in cui il Paese ha bisogno che si lavori seriamente per eliminare le disuguaglianze. È evidente che, se la proposta di legge fosse stata ritenuta in linea con la Costituzione, a risentirne sarebbe stato soprattutto il Sud convinto, a giusta ragione, che la parte maggiore delle risorse sarebbe andata alle regioni del Nord, nonostante la legge imponga l’assenza di aggravio per le finanze pubbliche. Il che avrebbe apportato difficoltà per una nuova distribuzione di risorse in relazione ai costi e al fabbisogno dei servizi. Si sarebbero create difficoltà, senza escludere anacronistico competizioni, e il rischio di un decentramento malfatto. Oltretutto c’è da dire che i pericoli dell’autonomia differenziata consistono anche nella mancanza di criteri per l’attribuzione delle materie prime e nel fatto che a decidere sui finanziamenti fosse una commissione paritetica tra il Governo e le Regioni.
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