LAMEZIA TERME “Ghost” e “Malverde”, e ancora “rafael caro” e “Santa Cruz”. Non sono personaggi di una nuova serie tv, ma i soprannomi scelti sulle chat criptate utilizzate per l’organizzazione del traffico internazionale di droga, scoperte e decriptate dagli inquirenti della Distrettuale antimafia di Milano e i cui contenuti hanno delineato la nuova inchiesta contro il traffico di droga tra Calabria e Lombardia. Sono, in tutto, 20 le persone arrestate di cui 15 sono finiti in carcere. E tra loro ci sono proprio gli utilizzatori di questi nickname: Antonio Rosario Trimboli (cl. ’82) di Locri e Antonio Gullì (cl. ’85) di Reggio Calabria, elementi di vertice nel gruppo che, secondo gli inquirenti, si occupava del traffico di droga tra Calabria e Lombardia. Gli inquirenti hanno, quindi, attraverso la decriptazione dei dispositivi SkyEcc, sono riusciti a ricostruire una lunga serie di episodi risalenti negli anni e che hanno contribuito a ricostruire il quadro accusatorio. A partire da Trimboli e Gullì.
Un passato caratterizzato da una lunga serie di reati, si va dal furto al danneggiamento, lesioni personali e stupefacenti ma, soprattutto, un legame profondo con contesti di ‘ndrangheta e, in particolare, con il ramo Barbaro di Platì. È il profilo che gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Milano hanno tratteggiato di Antonio Rosario Trimboli. Non un nome qualunque nel panorama criminale lombardo e nel mondo del narcotraffico.
Come ricostruito in fase investigativa e riportato dal gip nell’ordinanza, Trimboli è sposato con la figlia di “Frank tre dita” Francesco Perre (cl. ’56). Secondo gli inquirenti, dunque, Trimboli sarebbe «un abile broker nel campo del narcotraffico internazionale», potendo vantare «conoscenze con i maggiori rifornitori in Sudamerica e Spagna». Trimboli, inoltre, sarebbe collegato con esponenti di spicco di tutte le ‘ndrine della Jonica calabrese nei territori di Milano e Pavia. Con questi, infatti, «avrebbe intrattenuto rapporti in ordine alla commercializzazione di stupefacente».
Il nome di Trimboli era già saltato fuori nel corso di un altro importante “colpo” inferto al narcotraffico e che hanno portato all’arresto di Davide Flachi. Trimboli era emerso anche quale elemento di connessione con il gruppo criminale facente capo ad Andrea Rozzo: i due, come riporta ancora il gip, «risultano aver intrapreso un percorso di “mutua assistenza” per le forniture di cocaina». Gli inquirenti prendono spunto da uno scambio di messaggi. «Ok fra fare attenzione che adesso come si smaltisce gliela dico io la mossa a fra per metterci di nuovo sotto a lavorare …. Vedrai che rompiamo tutto di nuovo» scrive Trimboli a Rozzo nel 2021. Nel corso di uno scambio successivo i due, «consapevoli dei ruoli ricoperti in seno ai gruppi criminali – annota il gip – avevano condiviso la preoccupazione di poter essere oggetto di attenzioni da parte dell’autorità giudiziaria. È il 23 febbraio 2021 e Rozzo scrive a Trimboli: «Hanno fatto un blitz a Milano… È tutta Italia». «Giuro che ho fatto un brutto sogno… Mi dicono carsico buccinasco hanno arrestato», gli risponde il calabrese.
Tutte conversazioni intrattenute grazie ai dispositivi criptati SkyEcc con associati due nickname. Dall’analisi dei telefonini, gli inquirenti riescono a carpire una serie di informazioni. Ad esempio, “Malverde” – ovvero Trimboli – racconta di aver trascorso un breve soggiorno presso l’Hotel Savoia di Cortina D’Ampezzo, come poi appurato dalle indagini della Guardia di Finanza, oppure lo scambio di messaggi con l’utenza riconducibile a Davide Flachi, in cui quest’ultimo chiedeva informazioni circa la vendita del ristorante, a quanto pare, gestito da “Malverde”. Il riferimento, come accertato ancora dagli inquirenti, era il ristorante denominato “I MALACARNE SRLS” a Cologno Monzese, tra i cui soci c’era anche Islam Hagag, già arrestato nel blitz “Doppia Curva” del settembre scorso, oltre ad Antonio Gullì e Rosario Calabria, entrambi arrestati in questo nuovo blitz della GdF.
Altro calabrese finito in carcere e centrale nel blitz della Dda del capoluogo lombardo è il reggino Antonio Gullì. Si tratta di un soggetto gravato da precedenti penali per violenza privata e altri reati contro la persona, ricettazione, detenzione abusiva di armi anche clandestine, reati in materia di stupefacenti e violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Il suo profilo criminale non è allo stesso livello del socio Trimboli ma, come riporta il gip, «è comunque un soggetto che vanta notevoli influenze nella rete del narcotraffico mondiale». E non è un caso se, come nickname, aveva scelto “rafael caro” ovvero il diminutivo di Rafael Caro Quintero, fondatore del cartello messicano di Guadalajara e “Santa Cruz”, soprannome che la Polizia Giudiziaria ritiene evocativo di Josè Santa- Cruz Londono alias “Chepe”, uno dei vertici del cartello di Cali. Secondo gli inquirenti, inoltre, Gullì «era ben collegato alle ‘ndrine di tutta la Calabria, con le quali è stato in rapporto per il tramite dei rispettivi referenti, interessati ad una attenta gestione del commercio della cocaina», annota ancora il gip nell’ordinanza.
I due soci, Trimboli e Gullì, secondo gli inquirenti «avevano creato una compagine molto potente, in grado di smistare tonnellate di droga sul territorio dello Stato e sul mercato milanese in particolare», in grado anche di prendere parte «all’acquisto in forma consortile con gli esponenti di altre famiglie calabresi», come sarebbe emerso anche dai contatti con due elementi di spicco come Santo Crea e Davide Flachi «per l’acquisto di cocaina e hashish». (g.curcio@corrierecal.it)
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