LECCE Ha interessato anche alcuni esponenti della criminalità organizzata, già condannati per aver fatto parte della Sacra Corona Unita (clan Pepe – Briganti, Gruppo Penza), storicamente radicata a Lecce ma con ramificazioni in diversi centri della provincia, l’operazione antidroga della Polizia di Stato e della Guardia di finanza che stamane hanno arrestato 35 persone, della quali 33 in carcere e 2 ai domiciliari. Gli stupefacenti arrivavano nel Salento dalla Spagna, dalla Calabria e dall’Albania e venivano commercializzati su chat di piattaforme criptate. Le accuse formulate dal gip del tribunale del capoluogo salentino, su richiesta della Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia, sono di associazione finalizzata al traffico di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti nonché al riciclaggio, autoriciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Due le organizzazioni colpite guidate rispettivamente la prima da P.A.M., 41 anni, e G.S., 59, e la seconda da C.G., 42 anni, e R.C., 37, tutti pregiudicati. I presunti appartenenti alla Sacra Corona, in particolare al clan Pepe Briganti, gruppo Penza, figuravano agli apici del traffico di stupefacenti. Tra gli arrestati anche un dottore commercialista. Le indagini preliminari hanno acquisito un impianto indiziario ritenuto solido circa l’operatività delle due associazioni, radicate nei comuni di Lecce e nel basso Salento, dedite al traffico e commercio in forma strutturata ed organizzata di stupefacenti di diversa tipologia. Le investigazioni sono partite da una intensa attività di cooperazione internazionale grazie alla quale sono stati acquisiti, per mezzo di ordini europei d’indagine, diverse chat scambiate dagli indagati attraverso l’utilizzo di piattaforme criptate di comunicazione quali ”Encrochat” e ”Sky Ecc”, che consentivano lo scambio di messaggi o conversazioni utilizzando criptofonini in grado di cifrare i dati trasmessi ed impedire qualsiasi intercettazione o captazione. Gli investigatori hanno svelato la presenza di una struttura capillare, in cui vi era una precisa ripartizione di compiti tra i componenti, una disponibilità di enormi quantità di denaro contante, telefonini criptati, veicoli dotati di appositi nascondigli oltre che depositi sicuri in cui occultare il materiale illecito. La caratura degli indagati si è espressa attraverso la capacità di curare rapporti con trafficanti di droga calabresi e altre organizzazioni criminali operative sul territorio nazionale ed all’estero (tra cui albanesi e spagnoli). Due tra le persone interessate dalla misura restrittiva si sarebbero trasferite stabilmente in Spagna.
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